Ue e auto elettrica: altro che inclusione

di Pierluigi Bonora

 

Sulla mobilità solo elettrica che la Ue vuole imporre a partire dal 2035, già ora il Vecchio continente viaggia a velocità diverse. In poche parole è diviso, una divisione che rischia di accentuarsi nei prossimi anni. Lo attesta la stessa Acea, l’Associazione europea dei costruttori di veicoli, che – detto tra noi – non appare poi così unita al suo interno in tema di mobilità elettrica (chi va avanti con il paraocchi, almeno così sembra per il Gruppo Volkswagen, chi invece pare far prevalere la ragione anche se è costretto a seguire l’ideologia suicida di Bruxelles).

 

«Ci troviamo di fronte a una chiara divisione nell’accessibilità alle auto elettriche tra Europa Occidentale ed Europa Centro-Orientale, nonché a un pronunciato divario tra Nord e Sud», avverte Eric-Mark Huitema, direttore generale di Acea. Nel 2020, le auto elettriche e ibride ricaricabili – ricorda l’associazione – hanno rappresentato il 10,5% di tutte le macchine nuove vendute nell’Ue, con 10 Stati la cui quota era ancora inferiore al 3%, gli stessi che hanno un Pil medio pro-capite sotto i 17mila euro. «D’altra parte – aggiunge Huitema – una quota di mercato superiore al 15% per le auto elettriche si trova solo nei Paesi più ricchi del Nord Europa con un Pil medio che supera i 46mila euro». E quasi tre quarti di tutte le vendite di auto elettriche nell’Ue sono concentrate in Svezia, Paesi Bassi, Finlandia e Danimarca, Paesi con alcuni dei Pil pro capite più alti. Il restante 23% è distribuito negli altri Stati.

 

Viaggiare a velocità diverse significa anche che le infrastrutture di ricarica per le auto elettriche, nell’Ue, sono concentrate per il 70% in sole tre aree: nell’ordine, Paesi Bassi, Francia e Germania, cioè il 23% della superficie totale europea. E se si considera la Top five, ecco aggiungersi Italia e Svezia. Il 30% delle colonnine è invece distribuito nel restante 77% del territorio. Allo stato dell’arte, i Paesi con il minor numero di colonnine sono Cipro, Malta, Lituania, Bulgaria e Grecia.

 

Il divario, a esempio, tra Germania (terzo Paese per numero di punti di ricarica, 19,9% di tutte le infrastrutture Ue) e Italia (quarto Paese, con nemmeno il 6%) sta a dimostrare i forti sbilanciamenti esistenti. Osserva l’Acea: «Si sta sviluppando una linea di demarcazione tra gli Stati membri dell’Ue più ricchi dell’Europa Occidentale e quelli con un Pil inferiore nella parte Orientale». E su questa frase è giusto riflettere a fondo nel momento in cui la parole d’ordine più in voga è la seguente: inclusione.

1 Comments

  1. Lugar says:

    La ricarica delle batterie, non le batterie sono il vero problema. Penso invece che la farà da padrone sarà l’idrogeno, vettore energetico che per una ricarica bastano solo pochi secondi. Ha una sola controindicazione, la pericolosità.

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