Stellantis: noi, pronti alla sfida
di Roberto Di Maulo, segretario generale di Fismic Confsal
È iniziato il percorso di unificazione di quattro grandi culture automobilistiche che hanno fatto la storia del settore nel mondo: quella francese (ben rappresentata dagli storici brand Citroen e Peugeot) quella tedesca (Opel) quella statunitense (Jeep e Chrysler) e quella italiana degnamente rappresentata dai brand Fiat, Alfa Romeo, Maserati e Lancia. Il gruppo, che ha preso il nome di Stellantis, è di fatto il quarto gruppo mondiale nel settore e si pone l’obiettivo di affrontare la transizione tecnologica e organizzativa rappresentata dall’elettrificazione nonché la difficile uscita dalla crisi pandemica in modo vincente.
Ancora non sono stati definiti i nuovi piani industriali, ma già appare evidente la necessità di percorrere strade innovative rispetto al passato che garantiscano la migliore sinergia tra le best pratices esistenti che consenta di ridurre i costi di produzione, aumentare la copertura sui mercati mondiali e, quindi, di accrescere complessivamente la competitività e l’attrattività delle vetture prodotte dal gruppo.
Carlos Tavares, ad di Stellantis, ha posto grande attenzione agli stabilimenti italiani in questi due mesi e nell’incontro che ha avuto a Torino con i delegati Rsa ha posto un problema reale e ineludibile che un sindacato responsabile non può scansare con dichiarazioni politiche d’annata e buttandola in confusione. “In Italia i salari reali sono più bassi di quelli francesi, ma il costo del lavoro per unità di prodotto è molto più alto”. Di fronte a questa assoluta verità il sindacato non può rifugiarsi con la testa sotto la sabbia, come fanno quelli della Fiom, ma deve porsi responsabilmente il problema e analizzare le possibili chiavi di volta e aprire un confronto serio con l’Azienda prima che questa elabori il proprio piano industriale.
A nostro avviso ci sono tre strade per affrontare il problema, senza eluderlo in modo colpevole, salvaguardando occupazione e reddito dei lavoratori e permettendo agli stabilimenti maggiore possibilità di competere.
1 – Aumentare il grado di utilizzo degli impianti e questo pone un serio problema di commercializzazione dei prodotti soprattutto Alfa Romeo e Maserati che hanno gli standard qualitativi più alti della concorrenza. Hanno costi sul mercato inferiori a quelli di Mercedes, Volvo, ecc. ma non riescono a sfondare sul mercato. Occorre che il piano Stellantis tenga conto di questi fattori e pensi con urgenza a un piano di commercializzazione e di marketing che dia la giusta immagine sul mercato delle vetture di alta gamma ai nostri brand prestigiosi che tutto il mondo ci invidia. 2 – Continuare nella corretta applicazione del metodo WCM con particolare attenzione alla riduzione dei costi e alla crescita della qualità dei prodotti, coinvolgendo tutta la catena della fornitura in una politica di miglioramento continuo che premi la crescita e penalizzi gli sprechi e le inefficienze. In questo è decisivo il ruolo dei tecnici, dei quadri e dei lavoratori che va valorizzato accrescendo le competenze e dando ancora più forza ai contenuti del Contratto Collettivo Specifico di Lavoro. 3 – Sindacato e azienda devono insieme porre al governo Draghi la questione delle tasse sul lavoro come elemento centrale da cui può partire la rinascita post pandemia del Paese. Il livello di tassazione in Italia supera di 28 punti la media europea e di oltre 40 punti quella della Francia. Questo significa che ogni 100 euro di salario netto in Italia il costo per azienda e lavoratore è di 207 euro, mentre nella media europea è di 179 euro e in Francia di 160 euro. Questa situazione assurda non solo grava in maniera insopportabile sulle condizioni di vita dei lavoratori, ma impedisce, di fatto, che investitori esteri vengano nel nostro Paese e ci penalizza oltremodo nella competizione globale. Un’azienda come Stellantis, che ha i propri stabilimenti in tutto il mondo, inevitabilmente deve tenere conto di questi dati e allora occorre che il governo Draghi affronti al più presto la situazione.
L’acquisizione nel 2017 di Opel da parte di Psa ha prodotto un programma di ristrutturazione, denominato PACE, che ha consentito al brand Opel (e anche al britannico Vauxhall) di rinnovare completamente la gamma prodotto; di riprendere quote di mercato e di migliorare l’efficienza degli impianti senza ricorrere a chiusure di stabilimenti e senza licenziamenti selvaggi. Al punto tale che anche il potente sindacato tedesco IG Metall, dopo un’iniziale contrapposizione, ha firmato gli accordi.
PACE significa in italiano “ritmo” e crediamo che Carlos Tavares, sulla scia del successo ottenuto in Opel, voglia riproporre sostanzialmente un modello simile anche negli stabilimenti e nei centri di ricerca e progettazione italiani. A noi di Fismic Confsal il “ritmo” non spaventa, anzi! Se e quando ci verrà proposto un piano di ristrutturazione che abbia le medesime finalità e procedure di quello sperimentato in Germania e nel Regno Unito, siamo pronti fin d’ora a entrare nel merito, a proporre miglioramenti, suggerimenti e anche eventuali modifiche migliorative. Attraverso il “ritmo” più veloce e più qualitativo già negli anni siamo riusciti a realizzare accordi come quelli di Pomigliano, Grugliasco, Mirafiori, ecc che hanno di fatto posto le premesse di quella che sarebbe diventata la Fca con la fusione della Chrysler riuscendo a salvare il settore Automotive in Italia e salvaguardando diritti e occupazione dei lavoratori.
Ora come allora però chiediamo al gruppo Stellantis di avviare un percorso positivo di confronto con le organizzazioni sindacali che vogliono affrontare seriamente i problemi, senza remore ideologiche e senza voglia di contrapposizione. Per questa via sarà possibile procedere, a nostro avviso, nella maniera migliore all’integrazione industriale dei diversi gruppi che hanno fatto nascere Stellantis, realizzando contestualmente la migliore integrazione tra le risorse umane che compongono il gruppo e che porteranno Stellantis, ne siamo convinti, a realizzare gli ambiziosi traguardi che si propone.
Chiediamo alla politica nazionale di non avere atteggiamenti di intrusione non richiesta che hanno prodotto in questi anni dei veri e propri disastri industriali, come dimostrato dai casi Ilva e Alitalia, solo per restare ai casi maggiori. Il governo Draghi, dovrà avere bene in conto quanto il settore Automotive influisca nella creazione di Pil nazionale e operare affinché quote del Next Generation Eu vadano indirizzate per migliorare la rete di elettrificazione sul territorio; continuare a sostenere la domanda dei veicoli a basso impatto ambientale e abbassare il costo dell’energia a scopi industriali. Infine, impegnarsi in una riforma fiscale che abbassi in modo significativo il costo del lavoro, riducendo l’attuale gap negativo esistente tra la nostra manifattura e quella dei paesi europei.