L’industria del falso che uccide il mercato delle moto
Un danno da 100 milioni di euro tra mancati guadagni, risorse investite per combattere il reato e calo d’immagine: a stimare la cifra prodotta annualmente dall’industria del falso nel mondo delle moto è il mensile “Dueruote” (Domus) che nel numero di settembre dedica un’ampia inchiesta alla contraffazione internazionale. Un viaggio che parte dall’Asia – nuova mecca del mercato con 5,8 milioni di mezzi in Indonesia e 3,2 in Vietnam e nuova base del falso – giunge in Turchia e, da qui, riparte indisturbata per i Paesi europei. Protagonisti pezzi di ricambio anche di piccole dimensioni, alcuni di fattura dozzinale altri molto verosimili a conferma della precisione e dello sviluppo a cui è arrivato l’intero sistema che penalizza pesantemente moltissime aziende italiane.
“Ogni settimana riceviamo almeno 20 mail di clienti che ci chiedono di verificare se lo scarico che hanno trovato online è originale e non passa giorno che un nostro dipendente non ne scovi decine sui vari portali”, spiegano a Dueruote i titolari di SC Project, Stefano Lavazza e Marco De Rossi, che oltre alla questione legale sottolineano come ci sia in ballo un delicato tema di sicurezza: “Noi spendiamo fior di milioni per assicurare i nostri prodotti originali presso i Lloyd’s di Londra. Ma a un motociclista che ha acquistato un prodotto falso e quindi di scarsa qualità può accadere, ed è già successo, che si sganci lo scarico e che questo vada a colpire il veicolo che gli sta dietro. Chi paga i danni, materiali e fisici? In causa veniamo chiamati noi, perché su quel terminale, sebbene falso, c’è il nostro marchio. Tocca a noi scagionarci e dimostrare di non aver prodotto quello scarico”.
Solo la Brembo perde ogni anno 3 milioni di euro in mancati guadagni da pinze e pompe frenanti contraffatte: “siamo attivi dal 2016 nella caccia al falso. Grazie a società specializzate, abbiamo intercettato fino a oggi 59.900 inserzioni di merce contraffatta. Annunci pescati non solo sui big del settore, ma anche su portali dal nome esotico e poco noti in Italia, come Weidian, Taobao, HC360, Ruten o Bukalapak. Lavoriamo anche sul posto, soprattutto in Cina, con un pool di investigatori pri- vati che ci aiutano a scoprire i negozi e i magazzini dove vengono venduti oppure prodotti i falsi di Brembo. Un’attività che ci costa ogni anno 400mila euro”, afferma Paolo Rezzaghi, a capo dell’ufficio di Brembo che si occupa di proprietà intellettuale.
“Dueruote” sottolinea anche la diffusione dell’abuso del marchio “Made in Italy” da parte di chi non produce in Italia. “Mi batto da anni contro importatori e furbetti che si vantano di produrre la loro merce nel nostro Paese e nemmeno registrare il marchio a livello internazionale mi ha messo al riparo dalle imitazioni”, osserva Stefano Cappelletti, numero uno di Capit, azienda leader nel settore delle termocoperte per moto.