Giampaolo Dallara: “L’auto del futuro? Ecco come la vedo”
di Roberta Pasero
Un pioniere. Un visionario. L’ingegnere dei sogni. È Giampaolo Dallara, 84 anni proiettati verso il futuro, fondatore e presidente di Dallara Group, un’eccellenza del mondo automotive, nata nel garage di casa, qui a Varano de’ Melegari, al debutto degli anni Settanta, e che inventa e produce componenti e vetture da competizione e ad alte prestazioni. È lui tra i progettisti di icone senza tempo, come Lamborghini Miura e Lancia Stratos, lui ad aver investito in una Galleria del vento e in un simulatore di F1 per progettare modelli per tutte le Formule, da 1 a E. E sempre lui che per i suoi 80 anni si è costruito la Stradale, una «barchetta» con motore a 4 cilindri 2.300 turbocompresso, e adesso ne produce 10 al mese, da giugno anche in versione Racing, la Stradale EXP. Tutti modelli esposti alla «Dallara Academy» ed è qui che riflette sull’auto che verrà a margine di una tappa dell’eRaid, un’ambiziosa «millemiglia elettrica» percorsa da 15 equipaggi con automobili a batteria multibrand e molte difficoltà anche per le colonnine di ricarica ancora latitanti.
Ingegnere, quando ha iniziato a guidare 65 anni fa la sua prima Fiat 500, cosa rappresentava l’auto?
«Allora era sinonimo di libertà e di velocità. Ci si muoveva finalmente in modo individuale, senza prendere i mezzi pubblici. Si veniva dalla guerra ed era una grande conquista. Non si pensava alla sicurezza, ma era la velocità il segnale del nuovo che arrivava. E si andavano a vedere le grandi competizioni automobilistiche, come la Millemiglia o le gare in salita, perché si pensava che guidare l’automobile significasse guidare forte».
Poi, nel 1965, un avvocato americano, Ralph Nader, pubblicò il saggio Unsafe at any speed, un atto di accusa contro automobili insicure a ogni velocità.
«Fino a quel momento non interessava nulla della sicurezza, nemmeno nei criteri di progettazione. Le auto non avevano le cinture di sicurezza, erano con il serbatoio davanti, nel cofano, nella zona più esposta agli urti, e sotto il serbatoio c’era pure la batteria. Quel libro sensibilizzò al tema e impose delle regole. Adesso tutti i costruttori cercano le 5 stelle della sicurezza e le utilizzano, giustamente, come elemento distintivo».
Proprio come fino a poco tempo fa non interessava se le auto inquinassero.
«Risolto il problema della sicurezza, a un certo punto si é compreso che devono essere pulite perché le variazioni climatiche sono più robuste del previsto. L’automobile é il portabandiera della riduzione dell’inquinamento e sarà protagonista di una grande rivoluzione. Non certo indolore, perché dovrà rinunciare anche alle prestazioni a favore delle propulsioni elettriche. Ma tra un po’ si penserà alle auto di oggi come vetture che inquinavano più del necessario».
Come si arriverà a questo mondo full electric?
«La transizione dev’essere accompagnata dalla trasformazione del settore energetico per produrre energia pulita e carburanti alternativi. Ci sarà, poi, da distribuire questa energia e costruire batterie più leggere e performanti».
E la sua Dallara come si prepara?
«Noi stiamo pensando se e come trasformare l’idrogeno in elettricità. Personalmente sto cercando di capire questa rivoluzione. Perché, nonostante la mia età, sono ancora un apprendista».
Invece, sembra aver rallentato la ricerca sulla guida autonoma.
«Non è più prioritaria. Eppure, in ottobre, a Indianapolis, correremo con la nostra monoposto l’Indy Autonomous Challenge, riservata alle auto a guida autonoma. Una rivoluzione».
Come sarà, dunque, l’auto del futuro?
«Più sobria, anche nelle forme. Ora costruiamo vetture troppo veloci, grandi, senza averne necessità, visto che il limite è 130 orari e che l’85% dei viaggi avviene su auto con due occupanti al massimo. In futuro saranno più piccole, più leggere, meno veloci, con tanta tecnologia per consigliarci ed evitare errori. Ma tutto il mondo dovrà essere improntato alla sobrietà, intesa non come povertà, ma come nuovo raffinato stile di vita».
Guidare sarà meno appassionante?
«No, se le auto resteranno uno strumento di piacere. E se noi riconquisteremo la poesia del viaggio che c’era negli anni della mia gioventù».