Un libro sulla prima auto elettrica. Era toscana

La prima auto elettrica omologata per la produzione in serie è nata in Toscana, in una villa del ‘700. Era il 1965, un progetto troppo innovativo per la mentalità e le tecnologie disponibili in quegli anni. La storia di questa vettura e soprattutto quella dei due uomini che la pensarono e la produssero è ricordata nel libro: “La nostra Urbanina – Avanguardia d’altronde tempi”, curato da Antonello Biscini ed edito da La conchiglia di Santiago.

Il volume è stato presentato il 14 dicembre al Museo della Conceria di Santa Croce sull’Arno (Pisa), alla presenza dei figli dei due inventori, il marchese Bargagli e Narciso Cristiani. Nel libro viene ricordata la storia di questa splendida avventura, citando le testimonianze di chi lavorava nella limonaia di Poggio Adorno e parlando dei protagonisti e di chi li ha conosciuti, come Indro Montanelli. 

Con foto e documentazione originale viene ripercorso lo sviluppo della tecnologia della Urbanina, dalle prime idee agli ultimi modelli prodotti. Sorprenderà soprattutto scoprire come molte delle “innovative” caratteristiche delle modernissime auto elettriche di oggi erano state già realizzate, in una villa del ‘700 nella campagna toscana, quasi sessanta anni fa.

Agli inizi degli anni ’60, il marchese Pier Girolamo Bargagli Bardi Bandini e il geniale tecnico Narciso Cristiani progettarono e costruirono la loro auto elettrica, proponendo una mobilità alternativa, a inquinamento zero, in un mondo con una coscienza ambientale ancora tutta da sviluppare, con il riscaldamento delle abitazioni a gasolio e nel pieno boom della benzina super. 

Una scelta controcorrente, maturata nella limonaia della villa di Poggio Adorno, tra Santa Croce, Castelfranco di Sotto e Fucecchio. In quella piccola officina fu ideata la prima auto elettrica che ottenne la omologazione per la produzione in serie. Una micro-car (diremmo oggi) che sapeva adattarsi alle trafficate strade delle città, trovando parcheggio anche negli spazi più ridotti e soprattutto non inquinando affatto. Il marchese Bargagli trasferì la sua visione di una nuova mobilità, compatta, economica e non inquinante, all’estro creativo di Narciso Cristiani che, con un piccolo gruppo di appassionati collaboratori, inventò tante soluzioni che troviamo – quasi sessanta anni dopo – nelle auto elettriche di oggi.

Narciso Cristiani elaborò la richiesta del Marchese Bargagli di estrema compattezza e abitabilità, con consumi minimi, disegnando un telaio ad “X” con le quattro ruote alle estremità. Sul telaio era posizionato un pianale circolare con i due sedili su cui veniva installata una cabina “rotante” che consentiva l’accesso da ogni lato. Per quanto riguarda la carrozzeria della cabina, il guidatore della Urbanina aveva la possibilità di scegliere tra diverse tipologie: una minimale versione “base”, o la leziosa “primavera”, aperta e con rivestimento in vimini come le auto “spiaggine” di moda in quegli anni, o la versione “berlinetta” più protettiva per uso invernale, con carrozzeria fornita dalla Piaggio grazie al rapporto di Narciso Cristiani con Corradino d’Ascanio. Le carrozzerie si potevano sostituire una con l’altra in pochi minuti. Per la motorizzazione dei primi prototipi furono adottati i motori della Lambretta Innocenti, dal consumo di 3 litri per 100 km. Ma ai due inventori questo non bastava ed iniziarono subito gli studi per la trazione elettrica che dal 1967 divenne l’unica disponibile. Le prime vetture elettriche erano dotate di un motore a corrente continua da 700 W di marca Bosch, che in origine doveva essere il motore d’avviamento dei camion Fiat. Anche le batterie erano quelle in dotazione a questi mezzi. La velocità delle prime Urbanine era circa 30 km/h con un’autonomia di 40 km. 

Con l’evolversi del progetto fu dato l’incarico a vari carrozzieri di proporre abitacoli più ampi e protettivi, come Bertone che propose una carrozzeria in alluminio e Scattolini che sviluppò anche l’ultima serie di Urbanina con quatto posti. Ma fu soprattutto Zagato ad intuire le potenzialità del progetto nato a Poggio Adorno. Alla Zagato, Narciso Cristiani aveva commissionato lo sviluppo delle carrozzerie in vetroresina per le Urbanine che sarebbero state utilizzate come veicoli di servizio per muoversi nei padiglioni della Fiera Internazionale di Milano del 1972. Il modello così sviluppato fu chiamato “Milanina”. Zagato fu così colpito dalla innovatività del progetto che acquistò dagli inventori il brevetto, le attrezzature e alcuni telai già allestiti. Nel 1974 debuttò la ZELE (Zagato ELEttrica) prodotta da Zagato in circa 500 esemplari.

Uno dei primi interessati a questo mezzo, fu l’attore Bud Spencer; di lui esiste una fotografia nel momento di acquistarlo. Quella della Urbanina è stata insomma una splendida ma brevissima avventura. Troppo innovative le soluzioni proposte rispetto alle tecnologie dell’epoca, sia nella elettronica che nelle batterie, ma soprattutto troppo futuristica la visione di una mobilità elettrica, ad inquinamento zero, in un periodo dove l’impatto sull’ambiente della mobilità ottenuta bruciando i combustibili fossili non era certo in primo piano.

Una rivoluzione incompresa e troppo presto dimenticata. Per questo è nata l’associazione “L’auto elettrica tra passato e futuro”, presieduta da don Andrea Cristiani, fondatore del Movimento Shalom e figlio del geniale inventore delle tante innovazioni che riscopriamo nell’Urbanina. L’associazione ha già organizzato un convegno proprio nella Villa di Poggio Adorno dove sono state presentate una Milanina e una Zele recentemente restaurate, oltre a tanta documentazione, filmanti e foto dell’epoca.

 

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