Visto da Schroders: Biden e la transizione energetica
di Mark Lacey, Head of Commodities, Schroders
La vittoria del candidato democratico Joe Biden alle elezioni americane è un risultato che darà un ulteriore slancio positivo alla transizione energetica, dato che il presidente eletto si è impegnato a combattere il cambiamento climatico e supportare l’energia pulita. Se i Democratici non dovessero ottenere il controllo del Senato, alcuni dei piani più ambiziosi a livello di energia verde potrebbero essere ridimensionati. Tuttavia, a nostro avviso, il successo della transizione energetica non è mai dipeso dall’identità del presidente o dalla composizione del Congresso.
Lo spostamento verso l’energia verde dai combustibili fossili ha accelerato notevolmente negli Usa negli ultimi anni, e ciò è dipeso in gran parte dagli sforzi dei singoli Stati, che non si sono mossi soltanto sulla base di convinzioni personali, ma perché l’importanza dell’energia pulita non può essere ignorata, così come la domanda dei consumatori.
Biden mira a raggiungere una produzione elettrica carbon-free negli USA entro il 2035 e, come l’Ue, il target zero emissioni entro il 2050. Anche la Cina ha recentemente reso pubblico il suo impegno verso il raggiungimento di quest’ultimo obiettivo entro il 2060. Ciò significa che per la prima volta le principali economie mondiali si sono impegnate a raggiungere un futuro privo di emissioni. Insieme, Ue, Usa e Cina contano per il 55% di tutte le emissioni di carbonio, il che rende il loro commitment essenziale.
La presidenza di Biden, inoltre, dovrebbe portare a una view più unanime sulla transizione energetica a livello di policy federale e dei singoli Stati. Si tratta di una notizia positiva per chi investe nella transizione energetica, ma vorremmo sottolineare che negli Usa vi è già stata una crescita importante del settore, nonostante la mancanza di politiche di supporto a livello federale
Questa crescita è stata possibile perché molti Stati negli Usa hanno fissato i loro obiettivi sull’energia pulita senza aspettare indicazioni a livello federale. Per esempio, prima delle elezioni, le autorità in Arizona hanno votato per aggiungersi agli Stati che si erano già impegnati a raggiungere il 100% di produzione energetica carbon-free entro il 2050. Anche gli impegni a livello aziendale hanno contribuito ad accelerare la transizione energetica negli Usa. Per esempio, a giugno di quest’anno, Tucson Electric Power ha annunciato che avrebbe chiuso i suoi impianti carboniferi in Arizona entro il 2032, con l’obiettivo di raggiungere il 70% di produzione da fonti rinnovabili entro il 2035.
In alcuni Stati come l’Arizona, l’impatto del cambiamento climatico sta diventando sempre più evidente, sotto forma di ondate di caldo sempre più forti. Ma molti Stati i sono mossi in tale direzione non solo a causa dei cambiamenti climatici, ma anche per motivi meramente economici. Le fonti rinnovabili di energia hanno infatti già raggiunto la parità a livello di costi con i combustibili fossili. Biden ha promesso 2.000 miliardi di dollari di investimenti federali in energia pulita e ambiente nei prossimi quattro anni, e vi sono specifiche aree in cui probabilmente vedremo dei miglioramenti.
I veicoli elettrici sono un focus per Biden, che mira a costruire almeno 500.000 stazioni di ricarica pubbliche in tutto il Paese e prevede inoltre di estendere i crediti d’imposta per l’acquisto di veicoli elettrici. Biden ha promesso di riformare ed estendere i crediti d’imposta per gli impianti solari ed eolici, che negli ultimi anni sono stati ridotti. Inoltre, i permessi per lo sviluppo dell’eolico offshore sono un’altra area in cui il nuovo Presidente potrebbe apportare modifiche.
Da tempo sosteniamo che ci sono tre diversi fattori che insieme possono creare un punto di svolta per la transizione energetica: la volontà politica, l’economia e la domanda dei consumatori. Un approccio più favorevole da parte della Casa Bianca rappresenta quindi una parte importante, in termini di volontà politica, sia a livello internazionale che negli Stati Uniti.
Tuttavia, la transizione energetica è un cambiamento strutturale di lungo termine che dipende da molto più di una sola persona. Passi come il rientro nell’Accordo di Parigi sono importanti, ma rappresentano solo l’inizio di un viaggio lungo decenni che trasformerà il modo in cui l’energia viene prodotta e consumata a livello globale. Per gli investitori si tratta di un’opportunità di lungo termine che non è legata ai cambiamenti del panorama politico statunitense.