In viaggio con Jeep Grand Cherokee: l’icona fa 25 anni
di Lorenzo Palma
Rivista a tre anni dal debutto, Jeep Grand Cherokee è variata soprattutto nel design del frontale e della coda, oltre ad avere una plancia parzialmente ridisegnata. Ma non è il solo cambiamento. Novità tecnica di rilievo è il cambio automatico a otto marce, abbinato al 3.0 V6 turbodiesel che ha ora 9 cv in più e consuma meno. La presenza delle marce ridotte e della raffinata trazione integrale assicurano elevata mobilità anche fuori dall’asfalto, ma nella guida su strada ci sarebbe stato molto meglio uno sterzo di maggior precisione.
Del comfort, invece, non possiamo dire nulla, e neppure della lussuosa dotazione di serie. Tra i molti aggiornamenti, quelli estetici si concentrano nel frontale (caratteristici i fari allo xeno, di serie, che inglobano i Led diurni) e nella coda (dove pure cambiano i gruppi ottici, tutti a Led, e permane il doppio terminale di scarico). Nell’ampio abitacolo è nuovo qualche elemento della plancia, mentre il bagagliaio si conferma poco generoso.
Per il più che collaudato 3.0 V6 a gasolio arrivano un piccolo aumento di potenza (ora ha 250 cv) e un inedito cambio automatico a 8 rapporti: il risultato non poteva che essere un miglioramento delle prestazioni.
Confermate le notevoli attitudini da fuoristrada di Jeep Grand Cherokee, soprattutto con le gomme All Terrain di serie (su cerchi di 18”, mentre l’esemplare in prova montava le gomme estive su cerchi di 20”, disponibili come optional): con la “flessibile” trazione 4×4 Quadra Trac e il Select Terrain che regola la vettura in base al terreno si va dappertutto; inoltre, aggiungendo il pacchetto Off Road si ottengono le protezioni sottoscocca e il differenziale posteriore autobloccante.
Su strada, comunque, il comfort è particolarmente elevato e le prestazioni non deludono, sebbene lo sterzo mal si presti alla guida sportiva. D’altra parte, anche la dotazione è da berlina di lusso, visto che sono di serie pure i sedili in pelle riscaldabili (come lo è il divano) con regolazioni elettriche per le poltrone anteriori, nonché i sensori di parcheggio anteriori e posteriori integrati.
Abbiamo provato questa Jeep Grand Cherokee lungo un itinerario misto e particolarmente impegnativo della Lombardia; un percorso extraubano, autostradale solo in parte e poi verso il confine svizzero (ovviamente prima delle restrizioni da Covid-19). Zone impervie, sentieri di montagna, dove la vettura è stata messa a dura prova mettendo in mostra le sue dichiarate caratteristiche.
Nel 2020 Grand Cherokee compie 25 anni: la prima generazione nacque nel 1992, l’attuale è la quarta, sul mercato dal 2011. Il modello ha un’impostazione spiccatamente americana, dalle dimensioni alla posizione di guida. La gamma motori non scende mai sotto i 6 cilindri: oltre al V8 6.4 della SRT, ci sono un V6 3.6 e un V8 5.7, a cui si aggiunge l’unica unità diesel, un V6 di 3 litri. In Europa è un modello apprezzato. Merito anche del design riuscito e della qualità del progetto: Grand Cherokee è un’auto confortevole, un modello che piace anche alle aziende: il 60% delle vendite, in Italia, è riconducibile ai clienti business.
Il design degli interni è eccellente con il contributo del fascione in (finto) legno scuro che attraversa l’abitacolo da parte a parte. Molti comandi, va detto, non sono nella posizione abituale. Il freno a mano è a pedale: rispetto al comando elettrico oggi tanto di moda, ma rispecchia in pieno la tradizione americana; anche il pulsante per la chiusura del portellone posteriore non è sulla battuta dello stesso, ma dentro il bagagliaio, sul lato sinistro, piuttosto in alto. Nulla da dire sugli interni: non mancano tutti quei servizi e quelle dotazioni di bordo di un’ammiraglia, come i sedili riscaldati e ventilati, per esaltare il comfort tanto nella stagione fredda quanto in quella calda. Nei menu del touchscreen, al centro della plancia, trovo anche le off-road pages con funzioni specifiche per l’uso in fuoristrada: dai clinometri digitali, per vedere l’entità delle pendenze che affronto, ai vari settaggi dell’assetto e dello sterzo.
Su misura per i terreni più impervi, questa Jeep nella versione Trailhawk è però molto piacevole anche nella guida normale, quella fatta di percorsi casa-ufficio. Sempre vellutata, con un’assetto che ti fa sentire su una sorta di tappeto volante, mette sul piatto il generoso motore turbodiesel 3.0 V6 da 250 cv che sviluppa 570 Nm di coppia a 2.000 giri ed è abbinato a un cambio automatico a 8 rapporti (munito di ridotte) dai passaggi di marcia puntuali e fluidi. Buona la silenziosità dell’abitacolo, nonostante il motore, a freddo, abbia toni piuttosto riconoscibili.
Inoltre, dove non arriva l’occhio, arrivano i sensori e i dispositivi di aiuto alla guida, tra cui la frenata automatica di emergenza che funziona anche in retromarcia. Tra l’altro, gli allarmi dei sensori di parcheggio sono molto chiari: tanto da sovrastare nettamente sia la musica della radio sia le parole delle telefonate in vivavoce. Impossibile ignorarli. In definitiva: una vettura che alla guida offre tutte le prestazioni che promette, non solo senza deludere, ma lasciando la piacevolezza e la convinzione della scelta fatta.