Verso l’elettrico: 60mila posti a rischio
di Ferdinando Uliano, segretario nazionale di Fim Cisl
Oltre 60mila i posti di lavoro a rischio. È quanto emerso nel primo incontro nel gruppo di lavoro dei “produttori filiera componentistica automotive” e organizzazioni sindacali, che si è svolto al ministero dello Sviluppo Economico a Roma, alla presenza del viceministro Gilberto Pichetto Fratin. Come Fim Cisl abbiamo ribadito con forza la drammaticità che si sta già configurando in molte imprese italiane del settore dell’auto coinvolte nel processo di cambiamento delle motorizzazione endotermiche verso l’elettrico: dalla Bosch di Bari, dove si producono pompe per il Diesel, con oltre 1.200 lavoratori; alla Denso di Vasto dove il 70% degli oltre 1000 lavoratori è impiegato sulla componentistica dei motori (alternatori e motori di avviamento); alla Marelli di Bari, dove si producono iniettori per motori a benzina e cambi, con oltre 600 lavoratori impiegati sulla componentistica motori endotermici; la Vitesco di Pisa, dove si producono iniettori per i motori a benzina e dove è già stato annunciato il rischio per 750 lavoratori; a cui si aggiungono gli oltre ai 7.000 lavoratori del Gruppo Stellantis in Italia che lavorano direttamente sulle motorizzazioni benzina e Diesel.
È necessario individuare strumenti specifici per governare la transizione in modo da evitare la drammaticità di fabbriche chiuse e licenziamenti selvaggi, come quelli a cui abbiamo assistito in queste settimane. Dobbiamo costruire le condizioni per una compatibilità sociale dentro un processo di cambiamento in atto nel settore che rischia di spazzare via migliaia di posti di lavoro.
Abbiamo apprezzato la convocazione al ministero e ribadito che deve essere un primo tavolo del settore, a cui devono seguire, altri più operativi dove imprese, sindacato e governo, insieme, devono individuare le priorità e gli investimenti necessari, sia in termini di risorse finanziarie, che di formazione professionale specifica, di ammortizzatori sociali e di politiche attive straordinarie, per il settore industriale più importante sul piano occupazionale e di produzione di ricchezza, coinvolto nella transizione ecologica. Un processo quest’ultimo accelerato ulteriormente dal “Fit for 55” europeo.
Non solo i lavoratori della motoristica…..E quelli delle raffinerie petrolifere dove li mettiamo?Mi risulta che l’ENI chiuderà le poche raffinerie del gruppo presenti in italia,di fatto spostando la produzione in oriente tra breve.I derivati petroliferi stanno già arrivando come prodotto finito dall’estero da anni,e si profila già l’ipotesi di chiusura del polo di Ravenna,senza contare le idee strane che hanno sul polo petrolchimico di Siracusa ed Augusta.Passare dal petrolio all’elettrico non sarà,quindi indolore.