Verso il “tutto elettrico”: ma il piano B resti pronto
di Pierluigi Bonora
In tema di emissioni di anidride carbonica, l’autoflagellazione dell’Europa è disarmante. E altrettanto disarmante è il modo con il quale buona parte del settore automobilistico abbia accettato e deciso di condividerla. Ma come, il Vecchio continente contribuisce all’innalzamento dei livelli di CO2 solo per l’8% e, in questo contesto, l’auto pesa per l’1%, e al posto di sbandierare questi risultati davanti ai veri super climalteranti (Cina e India) affinché cambino atteggiamento, ci si continua a battere le mani sul petto dal banco dei principali imputati.
In pratica, si agisce come se l’Europa – e le sue componenti economiche e industriali – volessero innalzarsi al ruolo di agnello sacrificale in nome della salvezza del pianeta, senza tener conto della realtà dei fatti e dei grossi problemi demografici che prima o poi deflagreranno in tutta la loro drammaticità.
Prima vittima di questa corsa sfrenata a non si sa bene a che cosa (in tanti continuano a confondere la lotta all’innalzamento della CO2, quindi al surriscaldamento del pianeta, con quella alle sostanze inquinanti, problema che dovrebbe essere affrontato con più incisività), rischia di essere proprio l’industria dell’auto, locomotiva occupazionale ed economica europea.
Ormai tutti i costruttori, seppur consapevoli dei rischi che corrono(infrastrutture sempre insufficienti; costi elevati dei prodotti; incentivi fondamentali; riconversioni complicate delle fabbriche; sostenibilità sociale sottovalutata; margini che arrivano dai prodotti “premium”, quindi più cari; disorientamento delle reti commerciali e soprattutto dei consumatori), hanno deciso di far buon viso a cattivo gioco, annunciando il “tutto elettrico” già nel futuro prossimo.
La speranza è che il cosiddetto piano B, quello che prevede la rimessa in gioco dei veicoli con motori tradizionali, soprattutto quelli ibridi sempre più richiesti, rimanga nel cassetto principale, pronto a essere preso in considerazione nel caso (non è poi così improbabile) che le istituzioni rivedano termini e scadenze di questa improvvisata e pericolosa rivoluzione.