Una lunga storia

di Piero Evangelisti

Bulli è un nome che appartiene alla storia dell’automobile, anche se non dappertutto (non in Italia) è stato usato questo nomignolo per identificare il mitico Tipo Due della Volkswagen che nasceva dalle ceneri della Seconda guerra mondiale (Tipo Uno era ovviamente il Maggiolino), un van sviluppato su un pianale a motore posteriore che serviva per trasportare macerie e materiali nell’area di quella cittadina che in quei giorni prese il nome di Wolfsburg intorno alla fabbrica dell’ ”automobile del popolo”.

La forza delle idee

Riprendere il nome Bulli (la cosiddetta Tipo 2 è ormai diventata attraverso le generazioni un gigantesco Multivan) è stata un’idea di Walter de Silva, chief designer del Gruppo tedesco, chissà (o forse si sa…) perché pensionato in anticipo in un momento così delicato come il “Dieselgate”. Non è facile evocare un mito, anche perché gran parte degli automobilisti di oggi non lo conoscono, ma adesso Volkswagen è pronta a riproporre il Bulli nella versione più attuale: l’I.D. Buzz presentato al Salone di Detroit in gennaio, pronto a diventare nel 2022 (molti dei figli dei fiori degli Anni ’60 che avevano eletto il van a loro casa e dipingendolo con livree psichedeliche non saranno forse là a vedere la nuova creazione), un modello di serie che sarà equipaggiato di una motorizzazione elettrica pronta a conquistare prima di tutto i virtuosi automobilisti californiani (non a caso il concept ID Bulli era esposto alle rassegne di Pebble Beach, tra Monterey e Carmel,  di metà agosto). Il Bulli elettrico conserva dimensioni importanti: quasi cinque metri di lunghezza, 1,98 di larghezza e un’altezza che sfiora i due metri, decisamente abbondanti per i centri storici del nostro Paese dove le vetture elettriche sono le benvenute.

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