Tutto elettrico: le filiere si ribellano per i troppi rischi

Otto associazioni che rappresentano la filiera industriale automotive, nonché le Imprese produttrici e distributrici di fuels rinnovabili e low carbon, liquidi e gassosi (unem, Federmetano, NGV Italia, Assogasliquidi, Assogasmetano, Anigas, Anfia, Confapi), hanno inviato una lettera congiunta al presidente del Consiglio, ai ministri competenti e al rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea avvertendo sui rischi, occupazionali ed economici, che si corrono mettendo con l’annunciato phase-out dei motori a combustione interna.

Nella lettera si fa presente come nella definizione delle strategie per il raggiungimento degli obiettivi, non si possa prescindere dal fatto che il parco circolante europeo di auto e veicoli commerciali sarà costituito al 2030 ancora da oltre il 70% di mezzi equipaggiati con motori a combustione interna (ICE), in particolar modo con riferimento al trasporto pesante, e che bisogna necessariamente sostenere, parallelamente allo sviluppo di un ecosistema per la mobilità elettrica, una strategia europea per i combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio per far sì che l’importante contributo di decarbonizzazione richiesto al settore dei trasporti su strada, possa efficacemente realizzarsi.

Una realistica transizione energetica del parco circolante al 2030, sia a livello italiano che europeo, si legge nella lettera, non può che realizzarsi definendo target di mercato che valorizzino anche il contributo che i combustibili rinnovabili e a basso contenuto carbonico sono in grado di assicurare già nel breve periodo, garantendo allo stesso tempo che il tessuto industriale possa affrontare la transizione in maniera meno violenta. Le filiere industriali che le scriventi associazioni rappresentano, prosegue, oltre a costituire eccellenze a livello globale e ad essere da anni asset strategici per il nostro Paese, hanno tutte le capacità innovative, tecnologiche e professionali per contribuire in maniera vincente alle sfide che i cambiamenti, ma la complessità di queste sfide e delle rivoluzioni che derivano dalla transizione energetica, ci porta a ribadire con forza l’impossibilità di considerare tutto risolvibile con il contributo di un’unica tecnologia, tra l’altro ancora in evoluzione dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e non ancora matura a livello di ecosistema di mercato in quasi nessun Paese europeo. 

Si sottolinea, altresì, la carenza dello studio di impatto della Commissione nella proposta di modifica dei target CO2 di auto e veicoli commerciali leggeri contenuta nel pacchetto “Fit for 55”, anche se numerose pubblicazioni hanno evidenziato i danni, occupazionali ed economici, derivanti dalla possibile messa al bando dei motori a combustione interna al 2035 nei diversi Paesi manifatturieri a vocazione automotive. Il più recente studio di Clepa (associazione dei componentisti automotive europei) sottolinea che l’Italia è il Paese con la minor capacità di ripresa e rischia di perdere al 2040, circa 73.000 posti di lavoro, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030. Sono perdite che le nuove professionalità legate allo sviluppo della mobilità elettrica non basteranno a compensare.

Tra le diverse metodologie alternative rispetto a quanto scelto dalla Commissione per la valutazione degli impatti reali dovuti al trasporto su strada, nell’ottica di sviluppo dell’economia circolare, continua, è da preferire l’adozione del Life Cycle Assessment (LCA), includendo nell’analisi i processi di fabbricazione e di fine vita del veicolo e dei singoli carburanti, o quantomeno dell’approccio Well-to-Wheel, per la valutazione del risparmio delle emissioni di CO2eq dei diversi vettori energetici, fino all’implementazione di meccanismi molto validi e volontari come il “crediting system” che tengono conto dei benefici ambientali addizionali dei fuels rinnovabili e low carbon. Sono tutte soluzioni che se adottate nella regolamentazione europea favorirebbero lo sviluppo dei carburanti rinnovabili e low carbon liquidi e gassosi, assolutamente necessari per contribuire da subito alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei trasporti su strada.

La lettera conclude rimarcando che un quadro normativo e regolamentare inclusivo, neutrale, chiaro e stabile, derivante da una strategia di decarbonizzazione non basata solo sull’elettrificazione, ma aperta a una varietà di tecnologie, comporterà anche notevoli benefici sociali e positive implicazioni occupazionali. Certi che quanto su esposto possa essere di grande interesse per l’urgente ed imminente definizione di una strategia italiana che sia in grado di assicurare il raggiungimento dei target ambientali europei e globali, potenziando e valorizzando la competitività delle filiere industriali strategiche nazionali, le Associazioni scriventi si rendono sin d’ora disponibili a dare qualsivoglia tipo di contributo scientifico su tutte le tecnologie automotive (elettrico, ICE, Gpl e gas naturale, idrogeno etc), così da poter assicurare al CITE – Comitato interministeriale per la transizione ecologica tutti gli approfondimenti e gli scenari di sviluppo di cui possa aver bisogno per prendere le sue decisioni.

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