Trent’anni senza Enzo Ferrari

di Umberto Zapelloni

Enzo Ferrari è stato un uomo solo. Era un agitatore di uomini e di idee, ma quando c’era da prendere una decisione toccava a lui scegliere la direzione da seguire. Solo e inimitabile. Perché probabilmente nei suoi sogni aveva già visto quel che sarebbe diventata la Ferrari dopo di lui. Era un visionario, un precursore.

Oggi siamo impressionati dai Bill Gates, dagli Steve Jobs, qualcuno addirittura da Elon Musk. Ma se pensiamo a Enzo Ferrari dobbiamo essere orgogliosi che sia italiano come noi. Che sia un uomo arrivato in tutto il mondo praticamente senza muoversi da Maranello e senza poter sfruttare le tecnologie di oggi.

Ferrari è stato un visionario anche quando venne il momento di scegliere le mani a cui affidare la sua creatura nel 1969 quando, rimandati a quel paese i signori della Ford, strinse un patto di alleanza con la Fiat che allora era l’Avvocato Agnelli, il primo grande tifoso di Maranello. Un porto sicuro e nello stesso tempo un’eredità preziosa per suo figlio Piero.

Mai avrebbe immaginato però che nei primi 30 anni dopo di lui sarebbe stata la Ferrari a salvare un paio di volte la Fiat… Prima cedendo parte delle sue azioni agli sceicchi di Abu Dhabi, poi andando direttamente sul mercato a Piazza Affari e a Wall Street. E non aveva neppure immaginato, ma probabilmente solo sognato, che dopo di lui la Ferrari avrebbe vinto ancora altrettanto. Dei 15 titoli piloti, 9 sono venuti con lui e 6 dopo di lui; dei 16 titoli Costruttori 8 sono venuti con lui e 8 dopo di lui. Sarebbe orgogliosissimo di quello che è stato costruito dopo di lui e di come oggi la squadra sia ancora al vertice dopo aver recuperato il gap tecnologico.

Ma è soprattutto nelle vetture stradali che la Ferrari è andata oltre. A settembre quando verrà annunciato il nuovo, ambizioso, piano industriale si parlerà probabilmente del superamento delle 10mila auto all’anno. Per soddisfare i mercati senza perdere l’esclusività. Arriverà il Fuv, il Ferrari Utility Vehicle; arriveranno le motorizzazioni ibride e non dovrebbe arrivare, almeno nel breve termine, la e-Ferrari. Il Commendatore sarebbe orgoglioso di un’azienda così. Un’azienda in cui alla gente piace andare a lavorare, un’azienda che rappresenta ancora il massimo per un certo tipo di auto.

E mai il fondatore avrebbe potuto immaginare che il Brand Ferrari sarebbe stato paragonato a un brand del lusso. Oltre il suo settore. Oltre Mercedes, Audi o Bmw. Oltre Porsche e Lamborghini. Ferrari è un brand paragonabile a quelli delle grandi maison del lusso. Non credo che a Ferrari sarebbe fregato molto, anche se si sarebbe divertito un sacco a vedere tante belle signore che del lusso sono testimonial. Però non dimentichiamoci che in un certo senso Ferrari fu il primo a dare valore al suo nome, al suo simbolo quando ancora nessuno ci aveva pensato. Si inventò il marketing, quando il marketing non lo studiava ancora nessuno.

Oggi la Ferrari è all’inizio di una nuova vita. Aveva trovato la pace e la direzione giusta grazie a Sergio Marchionne, un uomo che a Ferrari sarebbe piaciuto per la sua dedizione al lavoro. Marchionne però se ne è andato troppo presto, come troppo presto se ne andò suo figlio Dino. E oggi la Ferrari ricomincia con John Elkann alla presidenza. Per la prima volta c’è un erede della famiglia Agnelli al comando. E questo significa quanto a Torino vogliano ancora bene alla Ferrari. Non solo per il valore che ha oggi in Borsa, ma per quello che rappresenta.

La Ferrari è il meglio dell’Italia. Un manifesto del nostro Paese. Meglio delle cartoline che possiamo spedire. Perché quei paesaggi li ha fatti Dio, la Ferrari l’ha creata un dio.

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