Trasporti e “green”: il futuro è intermodale

La transizione green o è anche economica e sociale, oppure non è. In Italia, solo per i settori tradizionali (filiere legate a minerali e metalli, industrie del legno, dell’auto, della componentistica…), la trasformazione riguarderà direttamente oltre il 10% degli addetti delle imprese private. L’autotrasporto negli ultimi 30 anni ha ridotto del 30% le emissioni di CO2, contro il 20% dell’intera economia, e nel solo 2021 il 41,1% delle imprese dichiara di aver acquistato mezzi a minor impatto ambientale, il 18,1% ha compiuto azioni meno inquinanti, il 17% migliorato la capacità di carico di veicoli. Ma Il 97% dei camion immatricolati nel 2020 è ancora Diesel e continua a pagare tributi sproporzionati per le emissioni climalteranti, mentre l’era dell’idrogeno verde è ancora lontana.

Sul fronte marittimo, dal 2008 al 2018 le emissioni del trasporto merci internazionale sono scese di quasi il 7%, a fronte di un aumento di merci trasportate del 34%. Si va verso la transizione, ma la rotta è incerta. Un dato su tutti: soltanto il 12% delle navi attualmente in costruzione è alimentato con fuel alternativi (per la maggior parte GNL).

L’autotrasporto e il trasporto merci marittimo rappresentano insieme una quota modale del 90%, nei prossimi anni si prevede un aumento considerevole dei traffici su gomma che costringeranno l’autotrasporto a ridurre dell’80% le emissioni entro i 2030. Ma le risorse del Pnrr si concentrano quasi esclusivamente nelle reti ferroviarie per il trasporto passeggeri. Occorre invece sviluppare l’intermodalità e sostenere il rinnovo dei mezzi stradali e navali.

È quanto emerge dal Rapporto dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui trasporti e la sostenibilità e dal documento Isfort sulla ‘Transizione ecologica dei Trasporti e della logistica, e l’intermodalità’, presentati a Roma al 6° Forum Internazionale di Conftrasporto-Confcommercio. Ridurre le emissioni di gas climalteranti fino al livello zero – tra Green deal e Fit for 55 – è una sfida alla quale nessuno può sottrarsi. Arrivarci nei tempi stabiliti dal Green deal e Fit for 55, cioè entro il 2050, sarà un percorso con alcune certezze e molte incognite. Tra le certezze c’è il fatto che la sostenibilità o è, assieme, ambientale, economica e sociale, oppure non è.

Ci sono dei “costi” economici e sociali che saremo chiamati a pagare, come ad esempio quelli legati alla riconversione di intere filiere produttive che lavorano con minerali e metalli, le industrie del legno, dell’auto, della componentistica, con un impatto epocale anche nel settore del lavoro.

L’autotrasporto. Nella transizione green l’autotrasporto sta facendo la sua parte. Infatti contribuisce soltanto per una quota inferiore al 5%, alle emissioni totali. Eppure continua a pagare, in termini di tasse sulle emissioni climalteranti, molto più di quanto inquini, anche quando investe in mezzi di ultima generazione (motori Diesel Euro 6). Ad appesantire il carico c’è anche la recente proposta di ridurre i sussidi ambientalmente dannosi (SAD), con il paradosso che chi meno inquina più paga. Le imprese stanno comunque dimostrando di aver imboccato la strada giusta: il 41% delle imprese di autotrasporto ha acquistato mezzi a minor impatto ambientale; il 18% ha cercato di compiere azioni meno inquinanti, il 17% di migliorare la capacità di carico dei veicoli. Tra il 1991 e il 2017, i mezzi pesanti in Italia hanno ridotto le emissioni di gas climalteranti del 30%, contro il 20,4% dell’intera economia.

Il futuro
. Le soluzioni full electric hanno limiti di autonomia nelle lunghe distanze (oltre i 300 Km) e nei tempi di ricarica (minimo 5 ore). Non solo: per avere un’autonomia adeguata, un camion ad alimentazione elettrica avrebbe bisogno di un pacco di batterie da 15 tonnellate. In più, se si facesse viaggiare il parco-camion mondiale a batteria, per alimentarlo basterebbe a mala pena l’intera produzione globale di energia rinnovabile. Se tutti i camion del mondo andassero a idrogeno, il fabbisogno di energia elettrica rinnovabile sarebbe addirittura doppio rispetto all’attuale produzione. Nelle lunghe distanze, accanto alla certezza del Diesel, ci sono i biocarburanti e il GNL. Le emissioni climalteranti “dal pozzo alla ruota” dei veicoli ad alimentazione elettrica e a idrogeno dipendono dalle modalità di produzione dei relativi vettori energetici, potendo, anche, raggiungere livelli superiori al doppio di quelli di un tradizionale veicolo a gasolio. Solo in prospettiva molto lontana si potrà confidare sull’idrogeno verde, l’unico in grado di rispondere all’obiettivo “emissioni zero”. Nel frattempo, servirebbe un maggior sostegno alla sostituzione del parco circolante (e di quello navigante) con i mezzi più ‘puliti’ attualmente a disposizione.

L’intermodalità. Al di là dei mezzi, rimane comunque aperto il problema delle infrastrutture, le connessioni stradali e quelle tra i diversi vettori di trasporto. Per Conftrasporto la via da seguire e quella dello lo sviluppo dell’intermodalità attraverso terminal attrezzati e misure incentivanti come il marebonus/ferrobonus-magari da ottimizzare in alcuni aspetti operativi. Lo sviluppo dell’intermodalità è una via obbligata e rappresenta una soluzione organizzativa, già disponibile, che può assicurare grandi benefici sul fronte dell’efficienza e della sostenibilità del trasporto.

Il Pnrr. 
Il Piano di rilancio, insieme ai fondi nazionali, prevede oltre 60 miliardi di euro per l’accessibilità sostenibile. L’autotrasporto e il trasporto merci marittimo rappresentano insieme una quota modale del 95%. Nei prossimi anni si prevede un aumento considerevole dei traffici su gomma che costringeranno l’autotrasporto a una vera e propria rivoluzione, un obiettivo che sulla carta sembra molto ambizioso: ridurre dell’80% le emissioni entro il 2030.A dispetto del peso del trasporto terrestre e marittimo, il Pnrr concentra le risorse prevalentemente nelle reti ferroviarie per il trasporto passeggeri.  Ma certo non garantisce lo sviluppo dei servizi di trasporto e logistica integrati di cui il Paese, che non può rinunciare al servizio di trasporto capillare, ha bisogno. Occorre un deciso cambio di passo per favorire l’intermodalità, dalle autostrade del mare al combinato ferroviario. Qui entrano in gioco le infrastrutture per consentire il trasbordo dalla gomma al ferro e rendere i porti facilmente accessibili. 

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *