Transizione energetica, trend in ascesa
di Mark Lacey, Head of Global Resource Equities, Schroders
Riteniamo che continuino a esserci validi motivi per investire nelle aziende esposte al tema della transizione energetica. Le politiche di supporto dei governi e la visibilità degli investimenti stanno aumentando di giorno in giorno. L’interesse degli investitori in quest’areacontinua a essere molto forte. Dato il recente – e sano – calo dei prezzi delle azioni, riteniamo anche che il trade off tra rischio e rendimento in questo segmento sia migliorato notevolmente negli ultimi mesi. Tuttavia continuiamo a essere cauti. Ci sono infatti alcune potenziali minacce che potrebbero interessare quest’area.
Gli investimenti azionari sono sempre soggetti a rischi esterni, come valutazioni di mercato e volatilità, e interni, come la conduzione delle singole aziende. In questa fase l’inflazione e il suo impatto sui costi di produzione e sulla gestione delle catene di approvvigionamento rappresenta senza dubbi uno dei maggiori venti contrari esterni per tutti i settori. Non ci aspettiamo quindi che il settore della transizione energetica ne sia immune.
L’impatto dell’aumento dei prezzi delle commodity. Prendiamo come esempio una società che fornisce apparecchiature elettriche, turbine eoliche o persino pile a combustibile: tutte queste aziende sono esposte all’aumento dei prezzi dell’acciaio, dell’alluminio o del rame. I recenti aumenti dei prezzi delle materie prime sono senza precedenti – in termini sia di portata e che di velocità – e riguardano i settori dei metalli, dell’agricoltura e dell’energia. Per quanto ne sappiamo a ora, la domanda repressa è stata in parte il motore di questi rialzi dei prezzi (e ciò implica che siano transitori), ma anche le limitazioni all’offerta hanno avuto un ruolo, a causa di anni di sotto-investimenti (e ciò implica che siano strutturali).
Ci sono opinioni divergenti riguardo a quanto sostenute saranno queste pressioni inflazionistiche. Per esempio, Jerome Powell, presidente della Fed, ritiene che si tratti di un fenomeno di breve termine e transitorio. Al contrario, alcuni economisti stanno evidenziando rischi più strutturali e che l’inflazione potrebbe salire nei prossimi 6-18 mesi. Pur non dubitando della view di Powell, temiamo che alcuni di questi economisti potrebbero avere ragione, almeno per il 2021, dato che l’esposizione alle commodity e le pressioni poste dall’aumento dei costi non si esauriscono qui.
La disruption sul fronte delle spedizioni pone ulteriori rischi inflazionistici. Gran parte delle aziende nell’ambito della transizione energetica hanno catene di approvvigionamento globali con esposizione sia alle tariffe di spedizione che alla gestione della logistica del trasporto merci. In risposta alla crescita della domanda tra il 2007 e il 2012, l’industria delle spedizioni ha attraversato un lungo periodo di sotto-investimenti con l’obiettivo di ridurre le scorte in eccesso, arrivando ad avere pochissima flessibilità nel sistema. Detto in parole semplici, non vi sono segnali che indicano che la disruption dell’industria globale delle spedizioni via container possa risolversi a breve, e ciò potrebbe portare a carenze di quasi tutti i prodotti fino alla fine dell’anno.
La Cina è l’hub delle spedizioni globali e il recente focolaio di Covid-19 scoppiato nei principali porti della provincia di Guangdong ha portato un’acuta congestione nelle aree portuali. Molti dei terminali stanno operando a una frazione della loro capacità normale. Questo si aggiunge al fatto che le aziende di spedizioni hanno faticato a gestire le drastiche fluttuazioni della domanda innescate dalla pandemia e alle conseguenze dal recente blocco della nave container Ever Given nel Canale di Suez. Questo mix di disruption ha portato a un aumento significativo delle tariffe, per tutte le tipologie di navi utilizzate per il trasporto merci, negli ultimi 12 mesi.
Gli operatori del settore ritengono che la disruption continuerà almeno per un altro anno, con effetti in particolare sui consumatori europei e nordamericani che continueranno ad affrontare tempi di consegna più lunghi del normale. Gli operatori notano anche che molti acquirenti si stanno concentrando su contratti di spedizione di più lungo termine (12-36 mesi) a prezzi inferiori rispetto a quelli attuali, ma molto superiori rispetto a 12 mesi fa. I maggiori costi di trasporto dovranno essere assorbiti da qualcuno.
Le prospettive per gli investimenti nella transizione energetica restano solide. Per contestualizzare, non siamo affatto pessimisti sulle prospettive per i titoli azionari legati alla transizione energetica. Le prospettive di crescita dei flussi di cassa nei prossimi tre, cinque e dieci anni sono chiare e recentemente abbiamo visto un sano ritracciamento dei prezzi delle azioni. I venti contrari di breve periodo dovrebbero essere considerati rischi per gli utili, in particolare per le aziende che stanno scambiando su multipli molto alti nel breve. Ci aspettiamo che la volatilità dei prezzi delle azioni delle singole società e dei relativi sotto-settori aumenterà nei prossimi mesi, via via che i management delle aziende aggiorneranno i mercati sull’impatto complessivo di queste pressioni logistiche e inflazionistiche.
Tuttavia, per gli investitori che, come noi, adotta non orizzonte di lungo termine, saràpossibile sfruttare questa volatilità di breve termine per aumentare l’esposizione sulle aziende realmente buone, con livelli di valutazione realmente buoni. In conclusione, il profilo di rendimento di queste aziende potrebbe subire pressioni nel breve periodo, ma nel complesso riteniamo che il trend sia stabilmente in rialzo.