Tra storia e curiosità: 50 anni di cambio dell’olio
di Marco Mocchetti (www.museo-fisogni.org)
Una delle incombenze per i possessori di automobili di ieri e di oggi è, da sempre, il cambio dell’olio; ma com’è cambiata l’abitudine degli automobilisti italiani in merito negli ultimi 50 anni? Per saperlo, ci viene in soccorso il Museo Fisogni (museo da Guinness dei Primati, che raccoglie la più completa collezione al mondo di pompe di benzina antiche) che, con il suo archivio di documenti d’epoca, ci permette di avere uno spaccato delle abitudini dei guidatori negli anni ’70; per la situazione odierna, invece, possiamo disporre dei dati raccolti da Surveyeah, società italianissima di ricerche di mercato e sondaggi online, che ha intervistato un campione rappresentativo di 1.000 italiani.
Innanzitutto, partiamo dalle fonti: punto di riferimento per i dati è una ricerca effettuata dalla Mobil nel 1973/1974; all’epoca, infatti, la società americana aveva una vasta rete di distributori di benzina in tutta Italia, e decise di indagare sulle attitudini dei propri clienti riguardo a cambio e rabbocco dell’olio, pubblicando i risultati sulla sua “Mobil Gazzetta”, il “periodico bimestrale del rivenditore” di cui il Museo Fisogni raccoglie diversi numeri. La rivista ci offre uno sguardo d’insieme sulle abitudini dell’italiano medio all’inizio degli anni ’70, confrontate con le informazioni in possesso della compagnia relative al 1968, ai quali si aggiungono i dati del 2020 che abbiamo raccolto.
La differenza che salta immediatamente all’occhio, in verità, riguarda i modelli di automobile diffusi in Italia.Nel 1974 il dominio della Fiat era ancora incontrastato, “su 100 auto a cui si effettua il cambio”, il 67,4% erano prodotte alla casa torinese. Primeggiavano, in generale, le italiane, con Alfa Romeo al secondo posto con il 10,7 %, seguita da Lancia (3,5 %) e Autobianchi (3,4 %). La prima tra le straniere era la Simca, che si attestava attorno al 3,1%, cui seguivano Innocenti e NSU (rispettivamente al 2,6 e al 2,4 %). Oggi, invece, la situazione è molto diversa: sui 1.000 intervistati da Surveyeah, la Fiat è ancora al comando, ma ridotta al 20,5 %. Segue, a sorpresa, la Ford con l’8,8 % (nel 1974 la casa americana era all’ 1,8%), che precede Volkswagen (7%, fuori dalla Top 10 nel 1974, quando il modello di punta era ancora il vecchio Maggiolino/Maggiolone), Opel (al 7%, contro l’1,7% del ’74) e le tre case francesi Renault, Citroen e Peugeot. Decisamente staccate le italiane, con Alfa Romeo oggi al 3,1% e Lancia all’1,9%. La statistica del 2020, ovviamente, riguarda automobili moderne, in quanto solo il 2,7% degli intervistati ha dichiarato di possedere un’auto con più di 20 anni.
Cambiate nel tempo sono anche le cilindrate: negli anni ’70 i modelli più diffusi avevano una cilindrata tra 1000 e 1500 cc (36%) oppure inferiore a 800cc (33%). Una buona fetta di mercato, circa il 21%, era occupata dalla fascia intermedia di automobili tra 800 e 1000 cc, mentre erano decisamente più rare le cilindrate superiori (il 9,25% tra 1500 e 2000 cc, solo lo 0,75% superiore a 2000).
La fascia oggi più diffusa, con ben il 47%, è ancora quella tra 1000 e 1500 cc, cui seguono però le vetture tra 1500 e 2000 cc, che in 50 anni passano dal 9 al 31%. Se si sono quasi dimezzate le auto tra 800 e 1000 cc (oggi al 12,7%), si assiste invece all’estinzione di una categoria, quella delle vetture con cilindrata inferiore a 800 cc: dal 33% degli anni ’70, quando circolavano modelli come 2 Cavalli, 500 e 126, si passa oggi ad un misero 1,35%.
Per quanto riguarda i proprietari dei veicoli, si notano anche qui diversi cambiamenti, in tema di donne e di età media, che per la verità non ci stupiscono molto. Vi è, infatti, un maggiore coinvolgimento delle donne rispetto al passato: se nel 1974, “per quanto riguarda l’acquisto dell’olio”, solo il 9,6% dei clienti era donna, oggi, tra gli automobilisti che si occupano direttamente dei vari aspetti di manutenzione, l’utenza femminile si aggira attorno al 40,8%. Del resto, mentre negli anni ’70 “le donne che guidano rappresentano quasi il 20% degli automobilisti”, la percentuale emersa dal sondaggio di Surveyeah è assai più paritaria, con un 49% di automobilisti donna contro il 51% di uomini.
Se oggi non stupisce di essere arrivati, almeno in ambito automobilistico, a una sostanziale parità, il netto divario degli anni ‘70 lasciava alquanto perplessi gli osservatori, non fosse altro che, per la mentalità dell’epoca,“proprio loro, abituate a far funzionare le più svariate «macchine» domestiche, sono certamente più sensibili ai problemi di una corretta manutenzione”. Anche riguardo alla fascia d’età, si assiste ad un grande cambiamento rispetto al passato: nel 1974 l’automobile, si può dire, era una cosa per giovani. Se erano pochi gli automobilisti tra i 18 e i 24 anni (11%), la maggioranza di loro aveva tra i 25 e i 44 anni (oltre il 61%, la maggior parte dei quali nella fascia 25-34 anni), mentre solo il 28% era al di sopra dei 45 anni.
Oggi l’età si è decisamente innalzata confermando, anche in campo automobilistico, il generale invecchiamento del Paese. Solamente il 33% degli intervistati ha fra i 25 e i 44 anni, e il 4,6% ne ha meno di 25. Ben il 61,8% ha più di 45 anni, con un picco di 50enni e di ultra-65enni. iguardo al tema principale della ricerca, ovvero il cambio dell’olio, si riscontrano anche in questo caso parecchie differenze rispetto al passato, anche se alcune caratteristiche sembrano rimanere inalterate nel tempo.
Sembra infatti confermata la tendenza, già presente in quegli anni, a delegare ad altri le operazioni di cambio dell’olio. Nel 1968, difatti, solo il 12% degli automobilisti effettuava il cambio personalmente, arrivando addirittura al 6,7% nel 1973. Anche oggi, la percentuale (11%) è sostanzialmente la stessa: che possiedano una Giulietta comprata nel boom, una A112 nuova di pacca o una modernissima Alfa Stelvio, gli italiani non sembrano dunque essere cambiati, sotto questo aspetto (curiosità degna di nota: se nel 1974 le donne tendevano a non sporcarsi le mani, oggi non è più così; dei pochi che cambiano l’olio personalmente, infatti, il 45% sono donne).
Ciò che cambia, piuttosto, è la persona incaricata di sostituire l’olio: in passato, le scelte erano sostanzialmente due: si poteva cambiare l’olio dal garagista/meccanico, o dal benzinaio. Il primo, in effetti, registra una netta crescita tra il 1968 e il 1973, passando dal 36 al 43,7%. Se la cava comunque bene l’addetto al distributore, scelto dal 52% degli automobilisti nel 1968 e dal 49,6% nel 1973 (il semplice rabbocco, negli anni ’70, era effettuato dal benzinaio addirittura nel 59% dei casi).
Oggi, invece, quest’ultima figura è quasi totalmente sparita dalla pratica del cambio dell’olio: se gli italiani si rivolgono ad un’officina nel 63% dei casi, la seconda scelta è quella di rivolgersi direttamente alla casa madre, tramite la concessionaria (22,5%); svolgere l’operazione al distributore è una scelta di pochissimi, e si ferma al 3,4% degli intervistati. Un calo che evidenzia del resto il cambiamento occorso negli ultimi decenni nelle stazioni di servizio: sin dagli anni ’30, questi luoghi erano un punto di riferimento esclusivo per gli automobilisti, e nei decenni si costruirono una fetta di pubblico affezionato, con le compagnie impegnate a contendersi i clienti facendo a gara al servizio migliore, alla stazione più pulita, ai gadget più belli. Le riviste del Fisogni, del resto, ci ricordano che negli anni ’70 dal benzinaio ci si faceva pure la spesa, con il boom dei market, delle “Standa junior”, che erano dei veri e propri supermercati attrezzati di tutto. Poi, complice la crisi energetica, il calo degli introiti e l’abbandono dell’Italia da parte della maggior parte delle società straniere, gli spazi delle stazioni di servizio si sono gradualmente ridotti, tornando ad essere o semplici “benzinai” in senso stretto, oppure concentrandosi su altre attività, come gommista e autolavaggio (“Oggi – come spiega sempre Guido Fisogni, fondatore del Museo – molti gestori per stare in piedi devono avere anche il lavaggio o l’officina, vendendo solo benzina e lubrificanti non riuscirebbero più a stare aperti”).
Se l’automobilista di oggi porta l’auto in officina e non dal benzinaio, lo fa anche organizzando il proprio tempo in maniera differente dal passato. Nel 1974 l’italiano medio portava la sua 127 a cambiare l’olio prevalentemente la domenica, magari prima della gita di famiglia; l’italiano di oggi, invece, porta la Panda al garage durante la settimana, probabilmente di ritorno dal lavoro, e solo il 18% spreca il tempo libero per queste noiose incombenze. Altro fattore che caratterizzava gli automobilisti del passato era la “fedeltà alla marca” di olio motore. Nel 1974, infatti, “solo 10 clienti su 100 hanno cambiato marca di lubrificante in occasione dell’ultimo cambio”.
Oggi, probabilmente, questa fedeltà è ancora salda nei possessori di auto d’epoca, che utilizzano il lubrificante più adatto alla propria “vecchietta”, mentre è meno presente per l’automobilista comune. Per la verità, questo è vero fino a un certo punto: se non si ha più un’affezione al marchio del 90%, come quella prospettata dalla Mobil, è pur vero che ancora oggi il 32,7% degli automobilisti si definisce un “cliente affezionato”, mentre un altro 31% lo è “in linea di massima”, dichiarando che “talvolta mi piace cambiare”. Tuttavia, c’è una buona fetta di persone, quasi il 34%, che non fa nemmeno caso all’olio che usa, mentre il 2,9% sceglie l’alternativa più economica: chissà cosa ne avrebbe pensato la Mobil negli anni ’70, che non perdeva occasione per redarguire i propri gestori che, per pigrizia o disattenzione, non si impegnavano nel convincere il cliente ad acquistare il prodotto migliore (ovvero il proprio)!
Ultimo punto da analizzare, la frequenza del cambio dell’olio. Si nota in questo senso un netto aumento delle percorrenze che, grazie anche a 50 anni di sviluppo tecnologico, risulta più che raddoppiato. Nel 1968 “il cambio dell’olio avveniva in media ogni 4.360 km”; nel 1974, ben l’83% degli intervistati effettuava il cambio dell’olio non oltre i 6.000 km, e in generale il 44,5% non superava i 4.000. Scelta dovuta alla natura delle automobili dell’epoca, ma forse anche a un eccessivo zelo degli automobilisti del tempo. L’articolo segnala infatti che si tratta di “un risultato indubbiamente a sorpresa, considerando anche il fatto che la Fiat, la marca più diffusa, prescrive il cambio a 10.000 km”. E del resto, anche Audi, Ford e Mercedes prescrivevano alte percorrenze, sebbene molti altri costruttori, tra cui le italiane Alfa Romeo, Lancia e Innocenti e le case francesi, consigliassero un cambio dell’olio attorno ai 5/6.000 km.
Oggi, le raccomandazioni in tal senso sono molto cambiate: se per un motore benzina relativamente nuovo si consiglia di non superare i 15.000 km, per i diesel si può arrivare, secondo gli esperti, anche a 25/30.000. Tale tendenza emerge chiaramente anche dall’indagine di Surveyeah, che vede le abitudini degli italiani così ripartite: per le vetture a benzina, circa il 35% degli intervistati effettua il cambio dell’olio ogni 10.000 km, il 23% ogni 20.000, il 12% ogni anno indipendentemente dal kilometraggio. Si aggiunge un buon 17% che cambia lubrificante senza una scadenza precisa, mentre sono quasi spariti i fatidici 5.000 km del ’74 (solo l’8%).
Per il diesel (che, va ricordato, era molto meno diffuso degli anni ’70), la maggior parte degli automobilisti cambia l’olio ogni 20.000 km (35,5%), mentre i più prudenti lo fanno raggiunti i 10.000 (29%). Trascurabili le altre opzioni, con i famosi 5.000 km ridotti al 4,5%. Nonostante le grandi differenze emerse, che evidenziano come siano cambiate, in 50 anni, le abitudini degli automobilisti, resta però valida la conclusione della Mobil di 46 anni fa, e cioè che, oggi come allora, “il problema della lubrificazione del motore è senz’altro un problema sempre molto sentito da gran parte degli automobilisti”.