Stop sì, anzi no dell’autotrasporto in Sicilia: solito teatrino
di Cinzia Franchini, portavoce di Ruote Libere
L’annunciato fermo dell’autotrasporto in Sicilia è stato congelato dopo il solito e scontato incontro con l’amministrazione regionale di turno. Al di là delle ragioni dello sciopero, non possiamo che stigmatizzare il completo svilimento di un importante e straordinario strumento di protesta che viene strumentalmente brandito da piccole e autoreferenziali realtà associative per pure esigenze di visibilità. Nel momento stesso della proclamazione del fermo, tutti sapevano che la protesta sarebbe rientrata a fronte di una promessa, magari sollecitata, di ascolto da parte delle istituzioni.
Periodicamente assistiamo a questi teatrini che rispondono a logiche personalistiche e che finiscono per danneggiare gli autotrasportatori i quali attendono invece risposte concrete da decenni iniziando del cancro del radicamento mafioso nel settore, con la criminalità organizzata che gestisce interi pezzi di filiera a partire da quella dell’ortofrutta. Faccio inoltre presente che tra le motivazioni del fermo annunciato vi era la richiesta di abrogazione della sanzione accessoria relativa alla decurtazione dei punti della patente agli autisti professionali e la deroga di due ore sui tempi di guida e riposo, misure che, come abbiamo già detto, non hanno alcun senso se non inquadrate in una complessiva riforma normativa dei tempi di guida e riposo.
Ammesso e non concesso che il fermo dell’autotrasporto sia ancora uno strumento efficace per la difesa dei diritti di una categoria sempre più debole, siamo certi che le pressioni vadano messe in campo per cambiare finalmente le regole del gioco. Penso anche ai meccanismi di rimborso dei pedaggi autostradali e alle erogazioni di risorse pubbliche per la formazione, passando per il costo del lavoro e del carburante. Occorre agire su questo piano invece che battersi per eliminare regole che vanno cambiate di certo, ma che a oggi sono utili a garantire agli autotrasportatori di non scivolare ulteriormente nel piano inclinato dello sfruttamento e dell’illegalità.
La gara sul terreno della concorrenza non si fa deregolamentando e consentendo di sfruttare i lavoratori, ma al contrario imponendo a tutti regole precise e condivise con una semplificazione del quadro normativo che tenga conto di come il nostro lavoro è cambiato nel tempo.