di Pierluigi Bonora
Il gruppo Stellantis deve ancora guadagnarsi il pieno giudizio positivo dei sindacati metalmeccanici. A un anno, il 16 gennaio 2022, dalla sua fondazione, le organizzazioni sindacali metalmeccaniche attendono ancora rassicurazioni e soprattutto atti concreti di sviluppo del sistema industriale automobilistico italiano. E per questo, prima che l’1 marzo prossimo l’ad Carlos Tavares, presenti il piano industriale del gruppo, anche la Fiom-Cgil chiede un incontro sia con l’azienda sia con il Governo per conoscere le linee strategiche per l’Italia
Ne parliamo con Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive, il quale allarga poi il discorso sul rapporto del Governo con il mondo automotive italiano, un rapporto che – vista la recente manovra – vede l’Esecutivo non considerare il settore automotive, tra quelli più importanti in termini di occupazione, ma anche di investimenti nella nuova mobilità, tra elettrificazione e software.
La Fiom-Cgil, da parte sua, è preoccupata per il destino di molte azienda dell’indotto che producono in Italia, tra cui Bosch e Marelli, e per questo ha avviato una mobilitazione denominata “Safety Car” che intende coinvolgere l’intero sistema industriale e sindacale del comparto per arrivare a manifestare il forte stato di disagio direttamente davanti ai palazzi della politica a Roma.
Da qui la richiesta del varo urgente di un Piano straordinario sull’automotive che metta a disposizione investimenti e strumenti per la trasformazione industriale e l’innovazione, il rilancio della ricerca e dello sviluppo, sostegni alla domanda privilegiando i redditi più bassi e il rinnovo delle flotte pubbliche, la salvaguardia, la crescita e la rigenerazione dell’occupazione. In assenza di questo Piano – avverte il sindacato – sono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro e il mantenimento di un settore industriale fondamentale per l’economia del nostro Paese.
“L’automotive sta vivendo una profonda crisi: la pandemia, la scarsità e l’aumento del costo delle materie prime amplificano i problemi in un settore già privo di una visione strategica da parte del Governo per affrontare la transizione tecnologica e ambientale. Nel 2021 la produzione nel settore ha perso il 9,4% e le immatricolazioni sono diminuite di circa il 24%, ad aumentare invece è il costante ricorso agli ammortizzatori sociali e il conseguente impatto negativo sui salari delle lavoratrici e dei lavoratori. Dall’elaborazione di dati Inps, infatti, registriamo che nel 2019 erano oltre 26 milioni di ore di cassa integrazione, ma il dato allarmante è che fino a novembre del 2021 le ore di cassa integrazione sono raddoppiate, arrivando a quasi 60 milioni”, spiega De Palma.