Sempre più in alto l’export della componentistica italiana
di Stefano Belfiore*
Duemila imprese operanti in Italia per un fatturato di 40 miliardi di euro e 140.000 addetti diretti (compresi gli operatori del ramo della subfornitura). Numeri eloquenti che danno l’idea di come la componentistica sia un pilastro della filiera nazionale automotive. Un settore in continua crescita che esprime un saldo positivo da più di 20 anni. Nell’ultimo studio dell’Anfia, l’export della filiera dei componenti per autoveicoli ha raggiunto 10,9 miliardi di euro nel primi 6 mesi dell’anno, registrando così una crescita del 4,8 per cento rispetto allo stesso semestre del 2016. Giusto per avere una maggiore idea di quanto sia significativo il peso dell’internazionalizzazione del comparto, basti pensare che le esportazioni del settore componenti rappresentano il 4,9 per cento di tutto l’export nazionale. Segno positivo anche per le importazioni: nello stesso periodo d’esame generano un incremento (+8,2%) per un valore di 7,9 miliardi di euro, portando così la bilancia commerciale a un saldo positivo di circa 3 miliardi di euro. Ma con un calo del 3,3 per cento rispetto al primo semestre 2016.
Il Made in Italy che piace
Primeggia il comparto delle parti meccaniche (incluso accessori, vetri) che totalizza il 65,9 per cento del valore dell’export con 7,2 miliardi di euro (+4,8% rispetto al 1°semestre 2016) e un saldo attivo di 2,7 miliardi. Segue quello dei motori per un valore di 2,1 miliardi di euro (+4,9%) che pesa per il 19,2 per cento sul totale esportato della componentistica con un saldo attivo di 562 milioni di euro. Poi ci sono i componenti elettrici e affini che registrano un incremento del 5,5 per cento, ma con un saldo negativo di 22,5 milioni di euro. Così come pneumatici, camere d’aria e articoli in gomma. Per i singoli componenti hanno un saldo positivo significativo: parti e accessori destinati al montaggio, motori, freni, ponti con differenziale, parti ed accessori di carrozzerie, pompe.