Se i cinesi gettano la maschera
Come volevasi dimostrare, in Cina è avanti tutta. Il grande Paese asiatico, primo mercato mondiale dell’auto e pronto a diventare il punto di riferimento (visti gli enormi problemi d’inquinamento) della mobilità a zero emissioni, ha iniziato l’offensiva, mettendo nel mirino i mercati occidentali.
I colossi locali dell’auto smaniano dalla voglia di allargare il business in Europa e negli Stati Uniti. E per raggiungere questo obiettivo hanno bisogno di attingere più know how possibile dai costruttori nostrani. La fase dei brutti e ridicoli “copia e incolla” che imperavano ai Saloni dell’auto cinesi sembra ormai quasi superata. I produttori di Pechino si sono resi conto che l’immagine stava ormai toccando il fondo.
Il nuovo corso
Da qui la svolta: non più solo partner d’appoggio ai costruttori occidentali che vogliono produrre in Cina, ma anche e soprattutto parte attiva nello scenario mondiale, andando a caccia di affari. Grossi affari. Come ha fatto la Geely con Volvo, acquisita dalla Ford per 1,8 miliardi di dollari, e come ha voluto fare Dongfeng, entrando nel capitale di Psa Group (che ha contribuito a salvare), mantenendo però la collaborazione industriale con l’altra francese, Renault. Gac, dal canto suo, produce per Fca i modelli Jeep Renegade e Compass che vengono distribuiti sotto la Grande muraglia. A proposito di Grande muraglia, il Gruppo Great Wall diretto da una donna, Wang Fengyng, alla quale gli attributi sicuramente non mancano, ha messo gli occhi sull’icona americana Jeep e, secondo loro ammissione, su tutta la Fca. Il dossier Lingotto, però, verrebbe monitorato sotto traccia anche dalla Geely attraverso un pool di banche.
Fanno sul serio
Al Salone di Francoforte, in programma dal 12 al 24 settembre, un altro gruppo cinese, Chery, ha fatto sapere che illustrerà nei dettagli i suoi piani per sbarcare in Europa. È la stessa azienda che assembla i veicoli della molisana Dr di Massimo Di Risio e che qualche anno sembra avesse dato un’occhiata al dossier relativo all’ex polo industriale Fiat di Termini Imerese, in Sicilia.
Sembra proprio che le grandi manovre siano iniziate e che nei prossimi anni i cinesi dell’auto non saranno più limitati entri i propri sterminati confini. Si prenderanno anche la Fca o parte di essa? Riusciranno a vincere le resistenze politico-sindacali che già si stanno manifestando? Supereranno l’ostacolo Trump? I capitali a loro sicuramente non mancano. Ci troviamo alla vigilia di un nuovo cambiamento degli equilibri mondiali nell’automotive.