di Andrea Taschini, manager automotive e senior advisor
Austriacante era il termine spregiativo con cui per tutto il XIX secolo si voleva additare coloro che parteggiavano o peggio si macchiavano di collaborazionismo con le forze di occupazione dell’Impero di Cecco Beppe. Anche nei decenni successivi, l’Italia ha sempre avuto robuste forze politiche che tifavano per il nemico dichiarato, creando all’interno del Paese dualismi scomodi e pericolosi. Non siamo esenti neppure oggi da questo malcostume: manipoli di giullari più o meno istituzionali, si atteggiano ad amici della Cina, facendo il diavolo a quattro per sponsorizzare le varie forme di pervasività economica di Pechino.
Tra queste, la più subdola e pericolosa è la transizione energetica i cui manufatti base e le relative materie prime sono essenzialmente made in China, cercando in questo modo di spostare l’asse delle alleanze strategiche dalla democrazia Usa verso il regime liberticida di Pechino. Anche l’auto elettrica rientra in questa logica con cui gli «austriacanti» moderni cercano di farla imporre per decreto e, quindi, per rafforzare la presenza commerciale e strategica cinese nella vecchia Europa, ormai relegata ai margini delle vicende politiche mondiali.
L’auto elettrica usata come cavallo di Troia e chiavistello per aumentare le importazioni da Pechino, potrebbe segnare la fine dell’industria automobilistica europea con tutto ciò che ne consegue. C’è una sottile linea rossa nelle vicende che negli ultimi due anni hanno travolto l’Occidente e questa porta diritto a Pechino: il disastro del Covid-19 le emissioni straripanti di CO2 emesse dall’economia cinese e, paradosso dei paradossi, gli strumenti (made in China) imposti per ridurre l’inquinamento europeo, mentre la Cina aumenta incessantemente il proprio.
In un contesto del genere risulta ancora più difficile accettare chi, manifestando simpatia per il modello autoritario e illiberale cinese, usa strumentalmente argomenti fortemente lesivi per gli interessi nazionali, usando il proprio potere mediatico. Il Paese ha bisogno, invece, di riflettere bene sul proprio futuro, emarginando, per una volta i giullari e i saltimbanchi che da troppo tempo condizionano le nostre scelte economiche e politiche.