“Ri-Lanciare” Lancia. Ma dal suo passato

di Riccardo Bellumori

Non tutti gli anniversari sono uguali. Soprattutto nel mondo dei motori. Peccato soprattutto che gli anniversari, per essere tali, nella universalità dei casi valgono fondamentalmente nelle annualità cosiddette a “cifra tonda”. Peccato, perché se avessero dignità identica gli anniversari “frazionari” la Lancia ne potrebbe vantare il primato.

Era il 1954 quando la bellissima “D50” disegnata da Jamo apparve nel neonato Campionato di Formula Uno, poi abbandonato in segno di lutto per la morte di Alberto Ascari.

Era il 1969, 49 anni fa, quando la “Fulvia Hf” regalò alla Casa di Torino il primo Titolo internazionale (Europeo) nei Rally, il primo di una lunghissima e ineguagliata serie mondiali. Ed è stata una Lancia, nel 1982, l’ultima auto italiana ad aver vinto una Gara internazionale al vecchio e pericoloso Nurburgring “Nordschleife”. Fu la “Lancia Lc1” di Riccardo Patrese che vinse la “100 Km” con Teo Fabi.
Era inoltre il 1986 quando la “Delta S4” di Toivonen/Crespo – nella sua corsa folle verso la morte, come una stella cometa – diede fine alla parentesi “Gruppo B” nelle Gare di Rally.

E sempre nel 1986 la “Thema 8.32 Ferrari” divenne la trazione anteriore più potente al mondo.
Fu infine ancora nel 1969, mezzo secolo esatto tra pochi mesi, che Lancia entrò nella cosiddetta galassia Fiat. In verità fu Carlo Pesenti (il nonno, non il nipote), che ne aveva acquisito il pacchetto di controllo nel 1956, a cedere Lancia alla Fiat per liberarsi di un asset in decisa perdita – a quanto riportano gli annali finanziari – e così contrastare la scalata di Michele Sindona alla “Italcementi”.
Certo, nella vita della Lancia gli anniversari “apocrifi” o quelli atipici sono una serie infinita, ma quelli che di sicuro rappresentano vere e proprie pietre miliari per la riconoscibilità del Marchio sono quelli sportivi.

Lancia e le corse. Pochi “addii” e tanti ritorni vincenti

Tra gli anniversari “tondi” (65, 55, 45 e 35 anni fa) troviamo in successione : la data simbolica (1953) della nascita dell’”elefantino” che la leggenda narra fu creato da Gianni Lancia soprattutto per contrapposizione al cavallino rampante di Enzo Ferrari; la vittoria pesante – sempre nel 1953 – delle Lancia “D24” alla Carrera Panamericana ai primi tre posti finali; il passaggio nel 1963 della “HF” fondata da Cesare Fiorio, dalla forma originaria di quello che oggi chiameremmo “Owner’s Club” al vero e proprio Reparto Corse che regalerà al marchio un palmares impressionante; nel 1973 la presentazione al mondo di quella astronave a quattro ruote chiamata “Stratos”; ed infine nel 1983 il ritorno del Marchio Lancia nell’Albo d’oro del Mondiale Rally, grazie alla “037 Rally”, che in più è stata l’ultima auto a due sole ruote motrici a vincere un Titolo Mondiale di Categoria. Ed è tra l’altro con la “037 Rally”, insieme alla “Fulvia Coupé Hf”, alla “Stratos” ed alla “Delta” che il Marchio Lancia detiene ancora il Record del maggior numero di Titoli Internazionali vinti, e la serie di Titoli successivi più lunga di tutta la storia del Wrc.
Quanto hanno contato le competizioni nei risultati commerciali del marchio di Torino? Molto, moltissimo. Sul mercato le Lancia, indubbiamente auto di nicchia, scontavano una maggiore “precariertà” sia rispetto al posizionamento con la concorrenza sia per la maggiore esposizione rispetto a tante ripetute crisi che l’Industria e il mercato dell’auto hanno avuto dal Dopoguerra in poi.

Certo, così tanta gloria sportiva non è stata conquistata a costo zero. In un periodo così frenetico e dispendioso come quello che va dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni ’90 Lancia ha davvero combattuto contro i giganti: Audi, Peugeot, Ford, Opel, Porsche, ed infine la compagine delle giapponesi battute ripetutamente dalla Delta “Gruppo A”; mentre se la batteva ad armi quasi pari con la Porsche nelle gare di “endurance” e “Gruppo C”. Tutto questo in un gruppo, quello Fiat, che con l’ingresso di Alfa Romeo era probabilmente tra i pochissimi a partecipare, direttamente o indirettamente a quasi tutte le discipline dell’automobilistiche mondiali su Pista e su Strada.

L’addio di Ghidella, le “redini” su Fiorio

Quando si possono scrivere pagine così belle di storia, vuol dire che dietro un marchio industriale vivono grandi personaggi. Due di sicuro : Cesare Fiorio per Lancia e Vittorio Ghidella per tutto il gruppo Fiat.

Su Ghidella, la cui opera è durata solo 10 anni tra il 1978 ed il 1988 inutile scrivere nel poco spazio di cui giustamente si muove un Blog. Fiat Auto grazie a lui divenne il primo produttore europeo e il quinto a livello mondiale. Fino alla fine degli anni ottanta la stessa Italia era seconda solo alla Germania per numero di mezzi prodotti. Quello che accadde dopo, e fino all’arrivo di Sergio Marchionne, fa parte della storia.
Cesare Fiorio in questa storia, dalla fine del 1988 al 1991, è stato protagonista “improprio”. Nel senso che dopo aver fondato la sua creatura, la “HF”, tra il 1963 ed il 1988 ha rivestito anche i panni di Direttore Sportivo sia per Fiat che appunto per Lancia, e nei venticinque anni così trascorsi ha conquistato un numero impressionante di Titoli ed ha lanciato e guidato un vero e proprio esercito di Campioni.

Il suo passaggio in Ferrari nel 1989, nel ruolo di direttore sportivo fu dettato molto probabilmente dalla esigenza di “rimpiazzare” con un interlocutore forte, di grande carisma e soprattutto multidimensionale come Fiorio la scomparsa del “Drake”. Certamente non fu facile per Fiorio rimpiazzare il suo predecessore, quel marco Piccinini detto “il Monsignore” non solo per le sembianze ma anche per le modalità furbe e da paziente tessitore di trame che ne fecero un “Richelieu” della Formula Uno del tempo.

Erano ancora gli anni della guerra Fisa-Foca, e ancora si ricordava la minaccia di pochi anni prima del Cavallino rampante di abbandonare la Formula Uno e di andare a correre negli Usa. Quella Ferrari in cui, si dice, all’inizio degli anni 90 non volle andare più neppure Senna perché secondo il campione brasiliano “si faceva troppa politica”, diventava difficile anche per il navigato Cesare. E infatti, purtroppo, il periodo svolto da Fiorio in Ferrari non ha dato i risultati a cui il papà della HF era abituato con la Lancia. Nei primi mesi del 1991 il Direttore Sportivo lascia l’incarico, la Ferrari e tutto il gruppo Fiat.
Da quel momento, finito il 1992, la “Delta” finisce la sua epopea vincente nei Rally e la Lancia, molto lentamente, comincia un declino prima industriale e poi di immagine sul mercato. Certamente, il rallentamento del Paese nel suo insieme e la perdita di immagine del “made in Italy” industriale a favore dell’immagine tedesca e giapponese della diretta concorrenza; le questioni legate al costo del lavoro e alla rappresentanza sindacale, gli scandali politici e il declino industriale che in Italia sono cominciati contemporaneamente dai primi anni ’90 sono stati il “brodo di coltura” nel quale, tra l’altro, l’Italia ha visto la fine di Autobianchi e Innocenti, ma anche di De Tomaso, Rayton Fissore e nuova Bugatti, ad esempio, e il quasi fallimento di Maserati e Lamborghini. 

C’era una volta la Lancia

Una situazione difficile, per quanto riguarda dunque l’attualità di quel periodo e di oggi, e per quanto riguarda il futuro.
Ma solo il presente e il futuro. Perché per quanto riguarda il passato, il patrimonio industriale, tecnico, e di immagine della Lancia è di tutto rispetto.
Prova ne sia, tra le tante cose, che pochi mesi fa Manifattura Automobili Torino (Realtà artigianale “2.0” nata nel 2014) ha annunciato di voler produrre in serie limitata la cosidetta “New Stratos”, cioè la concept presentata nel 2010 dalla Pininfarina.
È incredibile che da quel marchio Lancia praticamente ritirato da quasi tutti i mercati mondiali, che vive industrialmente di un solo modello come la “Y”, derivi una infinità di modelli storici, di Registri e di “Owner’s Club” in tutto il mondo. Incredibile che risultati sportivi e alcuni modelli resistano al tempo ancora oggi. Che ancora oggi le auto di rappresentanza di capi di Stato e personaggi di spicco possano essere le Lancia. E impensabile che la Lancia non abbia neppure, che io sappia, un Museo aziendale di proprietà.

E allora, perché non ripartire proprio da qui, dal suo passato? Magari grazie alla sensibilità di Media e piattaforme, come Fuorigiri, capaci di organizzare un dibattito. 

E magari promuovendo e progettando un profilo “deindustrializzato” e dedicato temporaneamente alla realizzazione di piccole serie specifiche ed alla interazione con il mondo del Collezionismo d’Epoca. E magari contrassegnato dalla presentazione di “One Off” in collaborazione con il mondo del design d’autore.

Tecnologia? Ho letto di interventi volti a promuovere un futuro elettrico per la Lanica. Il mio pensiero vale nulla. Ma fossimo stati nel 2010 avrei fatto salti di gioia. Otto anni dopo è davvero tanto il terreno lasciato da Fca alla concorrenza. Difficile rilanciare un Marchio appannato attraverso una tecnologia dove il gruppo di appartenenza è anonimo e non riconoscibile. Di fronte alle attività della concorrenza, quale è il “protocollo elettrico” di Fca? No, davvero, direi che si aprirebbe un percorso rischioso. Anzi, approfitto per segnalare l’opportunità che sull’elettrico Fca promuova l’unico brand davvero

rappresentativo del Gruppo in tema, cioè Iveco, e magari sulla valorizzazione per alcune serie speciali del marchio “Hf”. Ma per “rilanciare” Lancia occorre in primo luogo ricreare l’identità del marchio. 

E allora, perché – a esempio – non cominciare da un “Lancia Pride” da stabilire e costruire tutti insieme per il prossimo anno, proprio alla vigilia degli ottanta anni di Cesare Fiorio?

1 Comments

  1. Massimiliano says:

    Non ho che due parole per il passato Lancia: Bei tempi. Ed una sola per il futuro prospettato da”Fuorigiri”: magari!!!

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