Pneumatici e web: i gommisti scrivono al ministro Padoan
di Stefano Belfiore*
Basta con questo scempio che ha già distrutto migliaia di posti di lavoro. Un nuovo appello forte e chiaro si alza dal Gruppo Facebook “Gommisti per Passione“. La community nata in casa Zuckerberg scrive al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, chiedendo che venga disciplinata una volta per tutte l’e-commerce degli pneumatici dove sembrerebbero verificarsi, a detta del gruppo, strane triangolazioni di vendita. Gli operatori chiedono un mercato più sano che dia a tutti la possibilità di competere ad armi pari. “Invece – dicono – ci troviamo in una situazione che ha già distrutto migliaia di posti di lavoro”. L’obiettivo è contrastare l’evasione fiscale con una serie di controlli per chi vende sul digitale. Diverse le proposte avanzate. Tra cui l’istituzione immediata di una web tax al 25 per cento per chiunque. Non solo per le multinazionali del web che hanno ricavi consolidati superiori al miliardo di euro. Ora la palla passa al Governo. I gommisti auspicano un intervento in tempi celeri.
Il testo della lettera
“La presente per denunciare la situazione pericolosa che si è delineata per l’economia delle nostre aziende e delle aziende di tutti i settori merceologici dell’Italia. Spieghiamo brevemente: esistono aziende che operano online applicando in fattura l’art. 7 bis D P.R.633 1972 nato anni fa per altri scopi, non certo per consentire di eludere l’I.V.A. Abbiamo il sospetto che società, con sede legale in Italia, facciano strane triangolazioni facendo spedire al cliente direttamente dal fornitore estero e quindi facendo apparire come se l’acquisto venisse fatto all’estero. Facciamo un’ipotesi: siamo 1.700 gommisti riuniti in un gruppo social, allora stando alle normative le gomme (ma questo vale per tutti i settori) che vendiamo al cliente, le facciamo arrivare dall’estero spedite e fatturate al cliente tramite un nostro potenziale sito, applichiamo anche noi l’art 7 bis D.P.R. 633 1972 e poi li facciamo venire a montarle da noi… lo Stato Italia di che vivrebbe? Già ci ha rimesso parecchi milioni di euro per la mancata riscossione dell’Iva, per tasse riscosse ahimè in altri Stati e per la chiusura di tanti esercizi commerciali e artigiani. Nel nostro piccolo ci siamo accorti che perdiamo clienti in quanto molte persone comprano on-line risparmiando un buon 20 per cento e anche oltre rispetto al nostro prezzo risicato. Chiediamo venga posto fine a questo scempio che già ha distrutto migliaia di posti di lavoro. Come? Web Tax al 25 per cento da subito, rivalutabile, per chiunque e non solo per le multinazionali del web che hanno ricavi consolidati superiori al miliardo di euro e che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nello Stato italiano per un ammontare superiore a 50 milioni di euro. Controlli con “Cambio Pulito“ se le società che vendono online, siano iscritte a un Consorzio per il ritiro del Pfu; in caso contrario, oltre alle sanzioni previste, chiusura immediata del sito. Controlli alle società che vendono online se effettivamente la merce proviene dall’estero e precisamente da Paesi europei oppure se proviene da Paesi extracomunitari. Chiediamo, inoltre, un severo controllo sul fatto che delle società con sede in Italia, ma che si avvalgono dell’articolo 7 bis, mettano in fattura il Pfu (contributo ambiente) non assoggettandolo all’I.V.A. essendo il PFU una “voce” solo italiana. Fiduciosi di un Suo intervento concordato con tutte le Confederazioni interessate, rimaniamo a disposizione per eventuali chiarimenti e porgiamo distinti saluti”.