Piano anti-CO2: il settore auto non sta sereno

di Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor

Nel primo semestre del 2021 sono state immatricolate nell’Europa Occidentale (UE+EFTA+UK) 6.486.351 autovetture con una crescita del 27,1% rispetto al primo semestre del 2020. Questo forte incremento non deve però trarre in inganno sullo stato di salute del mercato automobilistico che è tutt’altro che florido. Sul 2020 un forte incremento era scontato perché in questo anno le immatricolazioni di autovetture crollarono su livelli infimi per effetto della pandemia da coronavirus e per le misure adottate per combatterla.

La reale situazione del mercato automobilistico nel primo semestre di quest’anno emerge invece chiaramente confrontando i dati delle immatricolazioni con quelli dell’ultimo primo semestre “normale” che è stato quello del 2019. Rispetto a questo periodo le immatricolazioni di autovetture del gennaio-giugno 2021 fanno registrare un calo del 23%. Nella maggior parte dei mercati fortemente depressa è soprattutto la domanda dei privati che in questo periodo, sempre per le conseguenze della pandemia, utilizzano meno l’auto, sono penalizzati dalla pandemia in larga misura anche sul piano economico e tendono a rinviare la sostituzione anche delle vetture più datate e ciò perché l’invito sempre più pressante ad optare per auto a zero o a basso impatto creano incertezza sul tipo di vettura da acquistare.

Secondo il Centro Studi Promotor, mentre ovunque, Italia compresa, l’economia è in recupero e vengono riviste al rialzo le previsioni di crescita del Pil, il settore dell’auto è in forte difficoltà. Tra i cinque maggiori mercati del continente, rispetto al 2019, il calo più consistente viene registrato in Spagna (-34%), dove si spera di stimolare la ripresa delle vendite con una riduzione temporanea delle imposte sulle immatricolazioni che è entrata in vigore in luglio. Al secondo posto nella graduatoria per risultato negativo vi è il Regno Unito (-28,3%) dove si sollecitano interventi del Governo con incentivi a lungo termine e per un impegno serio nella realizzazione di infrastrutture di ricarica elettrica. La situazione poi è pesante anche in Germania dove rispetto al primo semestre 2019 le immatricolazioni si sono ridotte di un quarto (per l’esattezza del 24,8%). Leggermente migliore di quella della Germania è la situazione in Francia (-21%).

Molto difficile è anche il quadro dell’Italia che tuttavia è il Paese che accusa il calo più contenuto (-18,3%). La ragione del minor impatto delle attuali difficoltà sulle immatricolazioni di auto nel nostro Paese è il fatto che nel primo semestre sono entrati in vigore incentivi anche per vetture tradizionali con emissioni non superiori a 135 gr/km di CO2. Questi incentivi hanno dato un contributo apprezzabile alle vendite. Si temeva che con il loro esaurirsi le immatricolazioni potessero crollare nel secondo semestre, ma questa eventualità dovrebbe essere scongiurata con il rinnovo (con qualche modifica) degli incentivi all’acquisto di auto anche per la seconda metà del 2021.

Resta da dire che l’annuncio appena dato dall’Unione Europea di voler vietare la vendita di auto ad alimentazione tradizionale a partire dal 2035 non pare fatto per portare serenità al settore dell’auto e agli automobilisti. L’impegno per realizzare questo obiettivo, che sarà veramente efficace soltanto se l’Unione Europea riuscirà a convincere il resto del mondo a fare altrettanto (il che è tutt’altro che certo), sarà colossale perché occorrerà comunque sostenere l’industria dell’auto chiamata a investire ancora pesantemente, perché occorrerà creare un’efficiente e capillare rete di ricarica per le auto elettriche che dovrà dopo il 2035 convivere a lungo con i distributori di carburanti tradizionali per le auto non elettriche (che non potranno più essere prodotte ma che continueranno a circolare per molti anni dopo il 2035), perché si dovrà affrontare un problema occupazionale, dato che la produzione dell’auto elettrica richiede meno lavoro di quella tradizionale, perché, per non vanificare l’intera operazione, l’energia elettrica dovrà essere prodotta da fonti rinnovabili e perché l’investimento complessivo sarà enorme e dopo la vicenda del gilet gialli non si potrà scaricare il costo sui consumatori, ma occorrerà prevedere incentivi generosi che dovranno essere finanziati dalla fiscalità generale e quindi sempre dai cittadini, ma, si spera, con prelievi ispirati a criteri di progressività.

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