di Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro studi Fleet & Mobility
Nell’anno del rimbalzo dell’economia, le vendite di auto nuove hanno segnato il passo. Per il 2022 le previsioni sono piuttosto modeste. Gli incentivi non sono stati rinnovati, con la promessa che lo saranno e la consapevolezza che mai come adesso «passata la festa, gabbato lo santo». Nel mentre, i prezzi salgono e rimbalzano voci di prodotti made in China. Hanno dato la colpa alle forniture di microchip ma, se ha avuto un fondo di verità lo scorso anno, ormai è una foglia di fico destinata a cadere. I costruttori continuano a promuovere strani oggetti a 4 ruote destinati al cliente di domani, fingendo di ignorare che gli stipendi si pagano adesso, non nel futuro.
Viene da chiedersi che fine farà questo mercato e se in fondo a qualcuno gliene importi ancora qualcosa. A livello strada gli operatori sono sconcertati per un’industria capovolta, in cui sono i clienti a farsi raccomandare per avere un’auto, a qualsiasi prezzo, dopo decenni di push in cui il mantra era far lavorare le fabbriche. Già, quelle fabbriche tenute in vita con l’ossigeno dall’inizio del secolo e dopo la crisi del debito, nonostante una saturazione degli impianti sempre sotto la soglia minima e nonostante altri ne venissero inaugurati nell’Est per bilanciare il costo del prodotto. Ma ai piani alti c’è più prospettiva e più cinismo.
Chissà che alla fine non abbia preso corpo un ragionamento più o meno così. Ci imponete di fare auto che pochi comprano e costano uno sproposito, senza nemmeno creare la rete di ricarica. Ci multate se vendiamo le altre che, dunque, produciamo col contagocce. I costi di produzione schizzano, ma con poca offerta pure i prezzi salgono. A questo punto, troviamo un equilibrio economico a volumi più bassi e auguri per quelle fabbriche che dovessero risultare di troppo. Fanta-economia?
Non tanto, a giudicare dalle risposte fornite da un panel di circa 200 esperti e addetti ai lavori in un sondaggio di AgitaLab, un think tank. Per il 42% l’industria manterrà la capacità produttiva e, superata la congiuntura, tornerà a spingere sulla produzione con forte uso della leva prezzo. Ma l’altro 58% crede, invece, che l’industria ridurrà la capacità produttiva, attestandosi su meno volumi e margini più alti. Insomma, pare che l’auto sia «positiva»: si negativizzerà?