Museo Fisogni: viaggio nella storia della mobilità (anche elettrica)
I musei industriali del territorio della provincia di Varese si mettono in rete: un’iniziativa per rilanciare e far conoscere gli istituti culturali del territorio che conservano esempi di storia e archeologia industriale, preservando testimonianze di quella che è stata la storia del XX secolo. Una storia che riguarda non solo la provincia di Varese, che conobbe nel secolo scorso un vivace sviluppo industriale in tutti i settori, ma l’Italia intera, con istituti che preservano le testimonianze di un passato, quello industriale, che è tra i più a rischio sparizione.Come scrive Guido Fisogni nel libro del suo Museo (che conserva la più grande collezione al mondo di pompe di benzina antiche), “recuperare il passato, documentare il progredire della tecnica, conferire una dignità, anche estetica, all’oggetto industriale, troppo disprezzato perché eseguito in serie, sono stati gli obiettivi di questi anni di ricerca appassionata, e tali rimangono ora che la disposizione museale consente una facile lettura della collocazione storica ed estetica di ogni reperto”.
Marco Mocchetti
Quali erano le automobili disponibili sul mercato all’inizio del secolo scorso? Un manuale del 1905 conservato al Museo Fisogni offre un interessante spaccato della situazione di allora. Va anzitutto detto che, contrariamente a quanto si può pensare, non vi erano solo auto a benzina; allora come oggi, infatti, erano disponibili diversi tipi di alimentazione: benzina, vapore e, pensate un po’, elettrico! Sì, perché le prime auto elettriche furono inventate già ai primi del ‘900! Le carrozzerie dell’epoca richiamavano ancora le vecchie carrozze, e si dividevano in varie tipologie (Tonneau, Limousine, Coupé, Phaéton…) che spesso si adattavano ai vari telai.
Ma concentriamoci sui veicoli a benzina, i più diffusi: già all’epoca, un posto di rilievo in Italia era occupato dalla “F.I.A.T. la cui posizione è preponderante nell’industria nostra, causa la sua anzianità nella costruzione [ovvero 6 anni, dalla fondazione nel 1899!]” e “gli ottimi risultati che questa marca ha ottenuto costantemente”. I telai realizzati dalla casa torinese erano “in legno armato e recentemente di acciaio stampato”; anche le ruote erano di legno, coperte da “guarniture pneumatiche”. Tra i modelli disponibili, uno da 12 cavalli; il serbatoio della benzina era solitamente collocato “posteriormente in basso”, con una capacità di 80 litri.
Fiat 12 CV
Altre vetture erano quelle da 24 cavalli e un piccolo furgone da 7 cavalli utilizzato dalle Poste e dai parlamentari.
Fiat furgone postale
Degne di nota anche “la vettura Fiat tipo Tonneau (ovvero a carrozzeria aperta) 12 cav.” e la “Limousine” da 12 cavalli, in uso rispettivamente alla Regina Margherita e alla sovrana del Portogallo Maria Pia. Anche la Vittorio Emanuele possedeva una Fiat, e persino la Regina Madre, che usava il modello Wagonnette.
Il 12 CV Fiat della Regina Margherita
Tra i modelli speciali, “il furgone costruito dalla Fiat per ordine del ministero della Guerra del Portogallo”.
Non mancavano “le carrozzerie a forme più moderne e più eleganti”, tra cui i modelli Landaulet o Leopolde, spesso dotate di capote, mantici e baldacchini estensibili e talvolta persino smontabili.
Altro marchio italiano dell’epoca era la Isotta Fraschini, che a dire del manualetto garantiva “la certezza del perfetto funzionamento della vettura meccanica”. Il “robustissimo” telaio, in grado di “ricevere qualunque tipo di carrozzeria”, era in acciaio, mentre “i motori sono a quattro cilindri indipendenti”.
Doppio Phaeton Isotta Fraschini
Tra i modelli proposti, “un doppio Phaéton [una carrozzeria scoperta, priva di sportelli laterali] di 22HP con mantice a carrozzeria accuratissima e moderna”, ma erano presenti anche per la Isotta versioni “Tonneau” e “Limousine”.
Isotta Fraschini Limousine
Scoperti quali erano i modelli italiani più in voga nel 1905 e le caratteristiche delle Fiat e delle Isotta Fraschini di oltre 100 anni fa.
Oltre ai due maggiori costruttori italiani dell’epoca, vi erano anche altre aziende più piccole, come la Taurinia di Torino, che proponeva vetture con telaio in “legno armato” e motori da 10 HP “a un solo cilindro, con carburatore a spruzzo”. Anche in questo caso, erano disponibili modelli Tonneau e Limousine.
Sempre a Torino operava la “M. Ceirano & C.”, ossia la “Itala”, attiva fino al 1934, le cui auto erano “di un pregio indiscutibile”. In particolare, l’azienda “si è meritata una reputazione grande presso i nostri automobilisti specialmente nelle vetture di tipo leggero con motore potente”.
Florentia con carrozzeria Tonneau
Altri costruttori, la Fabbrica di Automobili “Florentia”, che costruiva eleganti veicoli su licenza francese, la torinese “Rapid” e altre aziende minori.
Una Rapid
Una menzione particolare meritano le auto dell’ingegner Roberto Züst di Intra, che avevano meritato il soprannome di “Mercedes italiane”, in quanto “molto bene studiate secondo le vedute tecniche moderne e perfezionate al massimo grado”. Piccola curiosità sui carburanti: “Il recipiente della benzina, posto sotto il telaio, è in rame, solo materiale che dia sicuro affidamento di non avere pericolose dispersioni. La benzina è tenuta sotto pressione dallo scappamento con un sistema di valvole regolabili”.
Fin qui abbiamo analizzato il panorama in Italia.
Uscendo dai confini nazionali, tra i costruttori stranieri, si segnalavano in particolare le vetture della francese “Panhard & Levassor”, “la prima che abbia costruito in grande, vetture automobili in Francia”, con i primi prototipi risalenti al 1885. Particolarmente innovativi erano i suoi chassis in legno armato e rinforzati in acciaio, molto apprezzati dagli automobilisti. Il modello più piccolo offerto dalla Casa francese era un Tonneau a 4 posti con telaio leggero.
Il Tonneau Panhard 4 posti
Degni di nota il tipo a 6 posti, 24 HP di potenza con carrozzeria “Re del Belgio”, e le varie versioni Coupé. Particolari alcuni modelli con “motore nascosto sotto il sedile”, la cui forma ricordava le tradizionali carrozze.
Panhard Coupé con motore nascosto
Tra “le più note”, oggi invece dimenticata, vi era la società Mors, che si era creata una “reputazione universale” grazie anche ai trionfi ottenuti “nella famosa corsa Parigi-Madrid”. Anche questo costruttore offriva un elegante modello Tonneau “tipo Re del Belgio”. La Casa francese sarebbe rimasta in attività fino al 1925.
Il Tonneau “Re del Belgio” della Mors
Erano invece famose per la loro affidabilità le “vetture De Dion-Bouton”: una delle sue auto “ha percorso 8.000 chilometri. nel giro d’Europa, da Parigi a Firenze-Vienna-Bucarest-Cracovia-Parigi. Il solo fatto d’aver compiuto un simile itinerario senza inconveniente è la prova più convincente della magnifica resistenza e perfezione di questa vettura”.
Continua la rassegna dei modelli d’Oltralpe del secolo scorso, con alcuni dei modelli francesi più noti dell’epoca.
Tra i costruttori europei più anziani figurava la Peugeot, che “in virtù della lunga esperienza fatta ha potuto presentemente raggiungere la perfezione in tutti i meccanismi componenti i suoi automobili”, dai modelli leggeri come la 8HP (che raggiungeva i 50 km/h) sino a quelli più complessi. Tra le caratteristiche del marchio, l’utilizzo su tutti i modelli della moderna “sospensione Truffault”.
Peugeot modello “Bebè”
Molto in voga il modello “Bebè” con motore da 7HP e una velocità di 45 km/h, anche se non mancavano lussuosi modelli Limousine e Tonneau. Tra questi ultimi, anche un 4 posti “smontabile per trasformare la vettura a due posti”, con una carrozzeria “in legno e lastre di ferro”.
Sempre dalla Francia venivano le “Brasier”, prodotte da una Casa di recentissima fondazione e “vincitrice della corsa Gordon-Bennet 1904″. Le sue vetture da competizione 45HP erano rinomate, e l’azienda era stata premiata anche in Italia, vincendo “il gran premio e medaglia del ministero dell’Agricoltura” all’esposizione internazionale di Roma. “Come carrozzeria la Casa Richard-Brasier presenta dei tipi comodissimi e di costruzione molto elegante”.
Era appena nata anche la Clement-Bayard, sorta nel 1904; essa tuttavia aveva “rapidamente acquistato fama nel mondo intero dell’automobilismo”, grazie ai suoi modelli dotati di motori da 7 a 16 HP. Tra i modelli proposti, anche un’elegante Coupé-Limousine.
Il Coupé-Limousine della Clement-Bayard
Particolarmente sportivo era invece il modello 24 HP della “Charron, Girardot & Voigt”” che raggiungeva i 70 km/h grazie a una impeccabile “precisione e finitura meccanica”. La carrozzeria Phaéton-Tonneau proposta da questa “potente ditta costruttrice” era “di una comodità eccezionale, oltre essere molto elegante per la forma” e “modernissima”, con gli schienali dei sedili “a forma tulipano”.
Charron, Girardot & Voigt in versione Phaéton-Tonneau
Una pioniera nel suo campo era invece la Cottereau & C, “la prima a costruire i motori equilibrati a tre cilindri”. Alcuni forse ricorderanno la sfortunata Darraq (che dal 1906 ebbe anche una filiale in Italia da cui sarebbe poi nata l’Alfa Romeo), il cui modello principale era senza dubbio quello con motore da 30 HP.
Modello Darraq da 30 HP
Tra “i costruttori francesi […] che maggiormente hanno contribuito al rapidissimo progresso dell’industria automobilistica””vi era poi la Henriod & C, nota soprattutto per il suo “gruppo di trasmissione”.
Modello Henriod da corsa
“Grande ammirazione” suscitavano infine le vetture della parigina Hérald, “per i pregi costruttivi e pratici e per la sicurezza e solidità dei meccanismi”.
Lasciandoci alle spalle i modelli francesi, diamo ora un’occhiata al panorama automobilistico di inizio ‘900 negli altri Paesi.
Venivano ovviamente dalla Germania le auto della Daimler (quelle col marchio Mercedes), note soprattutto per i “motori dello stesso inventore Daimler”” Adatte “a tutte le necessità di qualunque strada”, queste vetture erano molto apprezzate in tutto il continente europeo.
Daimler con carrozzeria Tonneau e motore 30 HP
Tra le tedesche, si ricorda poi la “N.A.G.” di Berlino, le cui vetture, sia di tipo leggero che pesante, “hanno avuto un gran successo”. La NAG costruiva anche motori “per vetture di servizio pubblico munite di gomme piene” e “carri automobili”.
Sempre nella capitale tedesca aveva sede la Argus, che utilizzava “motori sul tipo Panhard”, con chassis in ferro e ruote molto distanziate. “La carrozzeria di una vettura Argus Tonneau tulipano è […] di una robustezza a tutta prova ed eleganza ben studiata”.
Un modello Tonneau della Argus
Passando sul versante inglese, si poteva contare sulle vetture della Napier, i cui versatili motori erano “applicati a lancie automobili ed agli aerostati dirigibili”. La cosa non stupisce, visto che la società avrebbe costruito motori aeronautici per l’aviazione durante le due guerre mondiali.
Altro marchio noto, scomparso solo negli anni ’70, era la Humbler, che proponeva un modello da 12HP, i cui “organi sono di una lavorazione perfetta e inarrivabile”. Degna di menzione anche la Wolseley di Birmingham, che tra le altre cose proponeva “una pompa d’incendio montata su carro automobile che è una novità del genere”; uno dei primi automezzi per pompieri, insomma, talmente moderno che “dovrebbe venire adottata anche in Italia, potendosi con questo apparato accorrere immediatamente sul luogo dell’incendio”, grazie anche all’invidiabile velocità di 30 km/h.
Il modello antincendio della Wolseley
Dagli Usa, infine, arrivavano auto con marchi ancora oggi noti: in primis la Oldsmobile, la cui fabbrica di Detroit “è una delle più grandi d’America”. La Casa proponeva vetture “di tipo leggiero”, tra 360 e 500 kg e con una velocità massima da 5 a 40 km/h a seconda del modello. I consumi? Non poi così male, in fondo: circa 10 km al litro.
Una Oldsmobile
In ultimo la Ford: se il successo della Model T doveva ancora arrivare, le vetture dell’odierno colosso americano erano già “le più leggiere e robuste in proporzione alla forza dei motori”. Tra i modelli dell’epoca, decisamente lontani dalle vetture popolari di qualche anno dopo, troviamo classiche versioni Tonneau da 12 e 24 HP “e vetture a due posti di 12 HP senza Tonneau”.
Ford in versione Tonneau-Phaéton e motore 24 HP
Concluso il punto sui motori a benzina e tralasciando le vetture a vapore, che ebbero vita breve, può valere la pena di soffermarsi invece sulle auto elettriche che, dopo un secolo di oblio, sono oggi tornate in auge al punto che in molti pensano che sostituiranno quelle a benzina.
Anche agli albori dell’automobilismo, questo tipo di vetture rappresentava una valida alternativa alle concorrenti.
Doppio Phaéton elettrico della Camona
Nel 1905 vi erano infatti diversi costruttori di veicoli elettrici, le cui prestazioni erano tutt’altro che modeste. La milanese Camona proponeva vari modelli, tra cui un elegante “doppio Phaeton” che, se montava una particolare “cassa di accumulatori”, poteva “percorrere 150 chilometri senza ricarica a una velocità media di 25 chilometri all’ora. Sopprimendo invece la batteria di accumulatori […] e accontentandosi delle due batterie sotto i sedili, esso può percorrere 100 chilometri circa e superare anche salite del 13%”. Insomma, velocità a parte (in linea con gli standard dell’epoca), sembra quasi un mezzo ancora oggi appetibile!
Lo stesso vale anche per il modello Phaeton, 120 km di autonomia e una velocità massima di 30 km/h. Notevole anche “il furgone Ausonia”, che “con una batteria di 600 chg. può trasportare 5 tonnellate per 40 chm”, e nella gamma erano compresi anche alcuni Omnibus (i moderni autobus) in servizio sulla linea Pescara-Castellamare Adriatica (che percorrevano a pieno carico 50 km a una velocità di 20 km/h) o utilizzati dai Grand Hotel milanesi.
Omnibus elettrico della linea Pescara-Castellamare
Complici i “leggerissimi” telai in tubi d’acciaio, questi veicoli sembravano davvero un’ottima alternativa a quelli a benzina. Non mancavano modelli di lusso, “comodissimi” e con carrozzeria intercambiabile. “Ogni finitura ed ogni raffinatezza di comodità sono state convenientemente studiate”: il lussuoso coupé era illuminato di notte, dotato di “comodo scaldapiedi elettrico” per l’inverno e aveva persino “porta ombrelle”, “porta bastoni, un altro piccolo spazio per la toelette, per l’orologio”. Minime, invece, “le spese di manutenzione e di consumo di energia”, anche grazie ad alcuni accorgimenti per ridurre l’attrito delle parti meccaniche.
Vi erano anche vari costruttori francesi, tra cui la Krieger, “fornitrice di S. M. il Re d’Italia” la quale “per i successi ottenuti la mettono in prima linea fra i costruttori di elettromobili”, con autonomie dai 60 ai 150 km a seconda del modello e “motori elettrici” con “un rendimento elevatissimo”.
Il Krieger “Vittoria” costruito per Casa Savoia
Notevole anche l’ampia gamma offerta dalla Electromotion e le “vetture elettriche di pregio” della Gallia.
Presente all’appello anche la Svizzera, dove una compagnia ginevrina proponeva auto di lusso con l’aspetto “d’una vettura moderna a benzina” con motore anteriore. Limitata la velocità, circa 25-30 km/h.
Elettromobile svizzero che ricorda un’auto a benzina
Esistevano infine le “automobili sistema misto”, ibride le chiameremmo oggi, con una dinamo che in pianura “fungerà da generatrice ed immagazzinerà l’energia”, mentre in salita la batteria “restituirà l’energia immagazzinata e la dinamo lavorerà come motore, venendo così automaticamente ad aiutare il motore a benzina”. Inoltre, con queste auto era possibile “in caso di guasto del motore a benzina, di arrivare a casa propria non restando per strada”. Le velocità massime arrivavano fino a 60 km/h.
Una vettura ibrida in versione Tonneau