Motorsport: quale valore economico
di Marco Della Monica, giornalista di auto e motorsport (Motorsport Republic+ www.motorsportrepublic.com; podcast.motorsportrepublic.com)
Basta farsi un giro su Internet per trovare decine e decine di studi di Università, Società di ricerca, Fondazioni, Federazioni per capire il valore dello sport motoristico, capace di innescare crescite interessanti del proprio indotto e del territorio. Tutti studi esteri perché, qui in Italia, la cosa proprio non riveste alcun carattere di urgenza. Ogni sport innesca sempre importanti ricadute economiche sia per la filiera di appartenenza che per il territorio dove si svolge. A questa regola non sfuggono certo gli sport motoristici. Il motorsport rappresenta una piattaforma pubblicitaria dove si possono (potrebbero) sviluppare nuovi modi di comunicare e raccontare il prodotto, una piattaforma di ricerca & sviluppo dove testare nuove tecnologie in grado di impiegare e formare manodopera e professionalità molto qualificate, un settore capace di alimentare l’indotto dei territori dove si corre e dove, in generale, si trovano gli impianti sportivi. E quali sono questi impianti quando parliamo di automobilismo? Gli autodromi.
Per quanto riguarda la ricaduta economica generata dalle competizioni, il più recente studio che riguarda casa nostra è relativo all’e-Prix di Roma di Formula E . I risultati che ha comunicato la società di analisi SGM Insight e riportati dal Sole 24 ore sono sorprendenti: il solo appuntamento romano ha generato un giro d’affari da 62 milioni di euro; 27.000 partecipanti (32.000 compreso lo staff), 280 nuovi posti di lavoro, 4,5 milioni di euro spesi dai turisti a Roma, 14.000 camere di albergo prenotate.
Dati evidenti nella loro positività e che fanno comprendere come una pianificazione più articolata, strategica e integrata delle competizioni di ogni ordine e grado possa veramente estendere questo genere di benefici, ancorché quantitativamente minori, a tutto il movimento del motorsport italiano. Ma da dove partire? È maledettamente difficile avere certezze in questo momento, difficile anche studiare un piano articolato o a medio lungo termine, ma uno spunto su cui lavorare potrebbe essere quello di partire dai servizi.
Autodromi come centri sportivi e per l’erogazione di servizi
Gli autodromi, per la loro estensione e caratteristiche uniche, possono rappresentare, per il territorio, un punto di partenza insostituibile per fare cultura e comunicazione, ma in Italia è letteralmente impossibile trovare notizie sugli economics che questi impianti sportivi sono in grado di generare e che generano tuttora. Sulle sterili polemiche alimentate da tristi integralisti dell’ambiente o dagli amanti di silenzi campestri, quello sì, ma mai si sono lette risposte oggettive, numeri, calcoli sull’indotto allargato che questi impianti generano.
Attenzione, però, questa mancanza di informazioni specifiche non è perché non ci siano, semplicemente perché gli operatori coinvolti non hanno la cultura della misurazione dei risultati e quindi non esiste, quello sì, nessun lavoro di analisi e aggregazione degli stessi. Quand’anche questa misurazione ci fosse, non ci sarebbe intuizione a comunicarla. Il che è ancora più grave.
Questo è il vero problema qui da noi: siamo totalmente all’oscuro dei veri valori che girano intorno al settore. I dati completi e ben costruiti che troviamo riguardano tutti l’estero compreso quelli relativi a casa nostra.
Esempi strutturati ed efficaci dall’estero
Vogliamo un esempio? La SATC è la Commissione del Turismo del Sud Australia e a luglio di quest’anno ha pubblicato una infografica circa l’impatto economico della Adelaide 500 la gara più importante della Supercars Championship. Un appuntamento che ha generato 45,9 milioni di dollari, 435 posti di lavoro e attirato 254.000 spettatori. È evidente che sono numeri che noi ci sogniamo, ma è l’approccio che conta, il modo di promuoversi non solo come sport, ma come settore economico e come territorio in grado di generare valore aggiunto per il Paese.
E’ anche attraverso la comunicazione dei numeri prodotti da un evento, che si contribuisce a determinare spessore e autorevolezza all’intero settore.
Motorsport, comparto che sa generare numeri e occupazione
Quindi non solo corse e agonismo quando parliamo di motorsport, ma interpretarlo anche come un comparto produttivo in grado di attivare una crescita economica tutt’altro che trascurabile. E se noi non abbiamo questa cultura della misurabilità, del benchmarking, per promuovere il nostro settore un pezzo di lavoro l’hanno fatto, per noi, gli inglesi oramai nel lontano 2005 con il libro Motorsport Going Global che riporta un corposo studio della MRA (Motorsport Research Associate) dove si valorizza il giro d’affari annuo del motorsport italiano in oltre 2.2 miliardi di euro. Da allora la crisi, il cambio globale delle economie, ha indubbiamente depresso certi comparti, ma vogliamo dare per buono questo dato anche per oggi? Così tanto per rimanere prudenti?
A ognuno il suo ruolo
Bene, questo è il quadro d’assieme. Quale potrebbe essere un piano d’azione? Ancora una volta è quello che accade all’estero che torna utile. Guardare la struttura dei siti della Federazione inglese (Motorsport UK) e della Federazione francese (FFSA) è indicativo perché raccontano una organizzazione più strutturata sull’erogazione di servizi piuttosto che nell’organizzazione diretta dei Campionati. L’idea di base è semplice: la crescita di uno sport si misura in termini di praticanti licenziati. È la loro quantità che determina il budget girato dal Coni a ogni Federazione. Qual è quindi il primo obiettivo? Aumentare il numero di praticanti licenziati in un contesto più difficile di tutti gli altri sport perché l’automobilismo richiede una disponibilità economica di partenza “discretamente alta”. Maggiori praticanti licenziati significa maggiore numerosità sui vari campi di gara, un conseguente maggiore interesse spontaneo e richiamo di nuovi sponsor. Un percorso che, se avviato, potrebbe essere in grado di assicurare la crescita e lo spessore delle forze in campo.
Offrire quadri strategici percorribili
Questo è il momento di cambiare. Non è retorica perché tutto il mondo si trova in una fase storica completamente inedita. La pietra angolare per molti Paesi, per molti settori industriali e di servizi, per tutti noi. Il cambiamento dipenderà dalla bravura delle classi politiche, dalla capacità delle comunità di interessi nel saper offrire quadri strategici percorribili. E’ il momento, come non mai, del trionfo delle competenze e della consapevolezza che le economie, sempre più integrate, svilupperanno settori verticali sempre più profittevoli. Integrazione e specializzazione, quindi, la parola d’ordine dei prossimi anni.
In questo scenario, il motorsport italiano può rappresentare uno di quei settori più suscettibili di straordinari salti in avanti e una possibile linea guida potrebbe essere quella di una precisa divisione delle competenze e dei ruoli. Da una parte la Federazione (che da noi è l’Automobil Club d’Italia) a rappresentare il potere normativo e sportivo, ma anche la strategia, la politica di sviluppo, la comunicazione e l’immagine del motorsport nel suo insieme e dall’altra gli organizzatori che gestiscono la programmazione e lo sviluppo dei Campionati affidati loro, prevedendo non solo le tasse di iscrizione a calendario, ma anche contributi legati all’attività centrale di promozione dello sport oltre, evidentemente, a tutte le attività legate al campionato o la serie di competenza.
Poi l’industria, composta, già adesso, da grandi eccellenze a livello mondiale e una costellazione di piccole e medie imprese dal grande know how, capacità produttiva e reattività che rappresentano un importante riferimento anche a livello nazionale.
Infine, ultimo, ma non ultimo, l’attività delle Associazioni di categoria già, in molti casi, sensibilizzate circa le esigenze del comparto, che devono e dovranno sempre più rappresentare funzione di stimolo, sintesi ed interfaccia tra il mondo organizzativo e produttivo e il Decisore pubblico.
Un quadro d’assieme in grado di raccogliere e amplificare l’attuale operatività del settore troppo granulata e quindi dispersiva (che spesso genera risultati di assoluto valore) in azioni strategiche e organiche aventi l’obiettivo di creare maggior valore per i clienti combinando beni (le corse) e servizi in soluzioni integrate. I risultati potrebbero essere impressionanti.