Milano: una viabilità che fa ridere

di Pier Luigi del Viscovo, direttore di Fleet & Mobility

Nel mezzo di una terribile pandemia, che sta letteralmente falcidiando la popolazione, la viabilità di Milano sta facendo ridere tutta l’Italia. Sui social è un fiorire di post umoristici che mostrano strisce improbabili, che davvero non hanno né capo né coda, disegnate per terra per far convivere la circolazione ordinaria con biciclette e monopattini.

Questa roba non è da Milano e i milanesi non la meritano. Se c’è una cosa che i cittadini delle altre metropoli italiane invidiano a Milano, e non ne invidiano poi tante, diciamocelo, è quella capacità di programmare e rispondere alle esigenze di funzionamento. Quell’approccio pragmatico tipico degli operosi, di chi cresce col senso di vivere di ciò che produce.

Tutto questo, consacrato dall’Expo, viene oggi rilanciato dal suo stesso campione che propone una visione nuova, la città dei 15 minuti: tutto sostenibile e a portata di piedi o di pedalata. Molto bello. Progettare una città dev’essere entusiasmante. Convertirne una di duemila anni invece è un mal di testa. Specie se gran parte di chi ci lavora abita in comuni esterni e si alza un’ora prima, piuttosto che cambiare la casa di proprietà.

Sull’inquinamento si potrebbe intervenire, sostituendo le vecchie caldaie dei riscaldamenti, che da metà ottobre sono ripartite e hanno fatto di nuovo schizzare gli indici delle polveri sottili. Ma la politica, si sa, è l’arte del possibile: ognuno resta ad abitare dove sta e a lavorare a Milano, come pure le caldaie. Si fanno però un po’ di strisce a terra, per ridurre la viabilità e far infuriare gli automobilisti. Saranno proprio loro, che col volante in mano sono per definizione nel torto, il vecchio che resiste, a fare da megafono al nuovo che avanzerà. Quando e se.

Infatti, giusto o sbagliato, uno si chiede se sia questo il momento, con la pandemia. I milanesi, avendo già pagato un dazio altissimo di vite umane e di sofferenze, stanno tentando di mandare avanti le cose lo stesso, con quella loro operosità proverbiale. Chiedono solo di stare un po’ più al sicuro. Di potersi spostare nel chiuso della propria macchina, chi può, per evitare i mezzi pubblici per sé ed alleviarli per chi invece è costretto a usarli.

È contro di loro che si scaglia questa campagna delle strisce, complicandogli quella vita che dovrebbero semplificare. Rifondare una città richiede decenni. Perché infierire crudelmente su chi soffre già per la crisi sanitaria ed economica? Già, perché? Eppure, questi non sono arrivati a Palazzo Marino col biglietto della lotteria, come a Roma o a Torino. Questi sanno far di conto. Sala ha preso per i capelli l’Expo quando sembrava spacciato e l’ha illuminato letteralmente, h24.

Questa pandemia forse e auspicabilmente spazzerà via quei politici che, per fortuna o carriera, stanno nella stanza dei bottoni e si sono rivelati palesemente inadeguati. Pure guardando a quelli seduti in sala d’attesa non sembra ci siano campioni da prima squadra. Il prossimo anno il problema occuperà l’agenda del Paese e si guarderà a quei pochi che si saranno fatti notare nei campionati minori.

Firenze ha già dato, Napoli ci sta provando ma con poche chance, Emilia-Romagna e Veneto sono entrambi papabili. Ma chi dice che Milano non possa tentare il colpo? Soprattutto con una narrazione visionaria, proiettata nel futuro come vogliono le élite, a cui non piace occuparsi di caldaie e procedure della Pubblica amministrazione.

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