Mercato dell’auto Usa: bigger is better
A cura del Team di PGIM Fixed Income*
L’economia Usa, dopo la crisi finanziaria globale, è in crescita da ormai dieci anni e l’industria dell’automotive nazionale ha seguito un percorso in larga parte simile. Le vendite annuali di veicoli leggeri sono cresciute da 10,4 milioni di unità nel 2009, momento di crisi del settore, a 17,6 milioni di unità nel 2016, valore equivalente a un tasso di crescita annuo composto (CAGR) pari a +7,7%.
Le vendite di automobili, oltre ad aver beneficiato della solida crescita globale, hanno tratto vantaggio anche dai tassi di interesse bassi e dalle condizioni di finanziamento vantaggiose, che hanno permesso ai consumatori di acquistare o di prendere in leasing veicoli sempre più costosi senza andare incontro a un incremento proporzionale delle rate mensili.
La crescita dell’industria è stata sostenuta anche da un cambiamento strutturale dei consumi: le vendite di automobili tradizionali in Nord America hanno registrato un continuo calo negli ultimi cinque anni (le unità vendute sono diminuite del 34% dal 2014) mentre è cresciuta la domanda di Suv, pick-up e veicoli commerciali. Questo ha portato a un netto cambiamento a livello di varietà nel mercato nordamericano, e il focus produttivo si è spostato dalle automobili ai pick-up e ai Suv. Le automobili rappresentavano circa il 49% delle vendite di veicoli leggeri nel 2010, mentre pick-up, Suv, crossover e furgoni impattavano per il restante 51%. Lo scorso anno la quota imputabile alle automobili era calata fino al 31% e crediamo che scenderà al di sotto del 30% entro il 2020.
Inoltre, dato che il prezzo medio di acquisto di un’autovettura tende a crescere di pari passo con le dimensioni del veicolo, il dato relativo al 2018 è pari a circa 33.500 dollari, più alto rispetto ai 32.000 dollari di cinque anni fa.
Questo cambiamento, che riflette una preferenza dei consumatori statunitensi per i veicoli di grandi dimensioni, è stato influenzato anche dal calo dei prezzi del petrolio iniziato alla fine del 2014, con la produzione di autovetture in significativo calo a fronte di una crescita dei veicoli leggeri. È incoraggiante notare che questo trend non è stato influenzato dal successivo aumento dei prezzi del petrolio, e crediamo che la natura graduale dell’aumento del prezzo della benzina, il diffondersi dei crossover di piccole dimensioni assimilabili alle autovetture tradizionali e gli sforzi fatti per l’efficienza dei consumi possano far sì che questo cambiamento nelle preferenze dei consumatori diventi un trend di lungo periodo.
Come per ogni ciclo dell’industria, diversi fattori che sono stati di supporto alla crescita nell’ultimo decennio stanno diventando ora degli ostacoli. I tassi di interesse, per quanto bassi su base storica, sono cresciuti significativamente dai minimi del 2016. Sta inoltre diventando più difficile ottenere finanziamenti e, dato che tipicamente buona parte del valore di una vettura viene finanziato, tassi di interesse più alti e vincoli più stringenti per i prestiti potrebbero limitare le vendite di nuovi veicoli, spingendo i consumatori ad acquistare veicoli di categorie inferiori o a rivolgersi al mercato dell’usato.
Un altro fattore che sta avendo un grande impatto sui finanziamenti è il passaggio al leasing. Questa pratica è diventata sempre più diffusa negli ultimi anni e porterà un gran numero di modelli recenti sul mercato dell’usato – si parla di 3,5 milioni di unità nel 2017, che dovrebbero crescere fino a 4,3 milioni entro il 2020. Questo aumento dell’offerta metteràsotto pressione i prezzi dell’usato, con conseguenze a più livelli per i produttori. In primis, un calo dei prezzi dell’usato tende a influenzare anche i prezzi del nuovo, dato che il differenziale tra i due si allarga. Questo può spingere i consumatori a optare per una vettura usata, grazie al prezzo ancora più interessante, oppure porta a un aumento dei costi di leasing per il calo del valore residuale, ovvero il prezzo stimato del veicolo alla conclusione del contratto di leasing. Inoltre, il cambiamento nelle preferenze dei consumatori potrebbe essere una problematica ulteriore, dato che arriveranno sul mercato, oltre che nuovi modelli di pick-up, Suv e crossover, anche un gran numero di vetture usate della stessa categoria. Questo aumenterà ulteriormente la pressione sui prezzi in uno dei segmenti in cui le case generano i profitti più significativi.
Oltre alle già citate pressioni cicliche, i produttori di auto nordamericane e i loro fornitori sono esposti ai rischi connessi con l’aumento dei prezzi delle materie prime a causa delle tensioni commerciali, e in particolare con i dazi del 25% sulle importazioni di prodotti in acciaio e del 10% su quelli in alluminio. I prezzi per l’acciaio sono cresciuti del 36% dal 2017 al 2018. Secondo Jim Hackett, ceo di Ford, i dazi hanno reso più costoso l’acciaio negli Usa che in ogni altro mercato, e sono costati oltre un miliardo alla società.
Nonostante le sfide di natura ciclica e l’incertezza sul futuro dell’industria dell’automotive, le Case americane sembrano essere in una posizione ottimale per resistere a eventuali periodi difficili rispetto al passato, evidenziando una struttura dei costi più agile e un maggior focus sulle vendite con margini più ampi piuttosto che sulla quota di mercato assoluta. Ad esempio, secondo quanto dichiarato dal management, Ford e Gm potrebbero raggiungere il punto di breakeven con vendite totali tra gli 11 e i 12 milioni di unità all’anno. Questo dato è ben al di sotto del totale necessario per coprire i costi prima della crisi – 16 milioni di unità – e garantisce una buona flessibilità considerato che le vendite annue attuali sono pari a circa 17 milioni.
Relativamente agli investimenti su obbligazioni corporate del settore, preferiamo quelle società che mostrano buoni livelli di liquidità, leva ridotta, strutture dei costi flessibili ed esposizioni ad ambiti con potenziale di crescita all’interno dell’universo dell’auto, come quello dei Suv e dei veicoli commerciali o il passaggio all’elettrico.
Crediamo che anche i fornitori delle società che producono auto siano meglio posizionati rispetto al passato, nonostante le decisioni in tema di produzione delle case automobilistiche presenteranno delle sfide in termini di volumi per i fornitori. I crescenti costi delle materie prime metteranno sotto pressione i margini, che potrebbe essere difficile recuperare con prezzi più alti. Stiamo anche assistendo a un numero crescente di acquisizioni finanziate tramite debito a causa di bilanci non in perfetto equilibrio, che stanno creando maggiori rischi idiosincratici per gli investitori obbligazionari.
Vediamo due ambiti che potrebbero rivoluzionare il mondo dell’auto e che diventeranno centrali nel prossimo decennio.
Il primo è il passaggio all’elettrico, con l’industria che sta cercando di sostituire i motori a combustione interna con i propulsori elettrici. Secondo Bloomberg New Energy Finance, entro il 2030 il 28% del mercato di nuove auto a livello globale sarà composto da veicoli elettrici, con la Cina a guidare questo cambiamento. Entro il 2040 questo dato salirà al 55%, con il 33% delle auto in circolazione che saranno elettriche.
L’altro tema sono i passi avanti fatti nei campi del car sharing e dei veicoli a guida autonoma, che potrebbero rivoluzionare completamente il rapporto dei consumatori con l’automobile. Basti pensare che negli Usa i veicoli restano inutilizzati per il 95% del tempo e – quando vengono usati – sono estremamente inefficienti, dato che solo il 30% dell’energia generata dal combustibile viene utilizzata per muovere la vettura. Se queste inefficienze venissero risolte, negli Usa i veicoli a guida autonoma, elettrici e pensati per la mobilità condivisa potrebbero ridurre i costi, sia in termini economici che di tempo, dell’80% – passando dagli attuali 1,50 Dollari per miglio a una cifra pari a 0,25 Dollari. Un sistema di veicoli autonomi e condivisi potrebbe anche aumentare l’accesso ai mezzi di trasporto, in particolare nei Mercati Emergenti, incrementando allo stesso tempo sia il numero di fruitori che il totale delle miglia percorse.
Anche se riconosciamo che è troppo presto per individuare i vincitori e i perdenti nell’ambito delle nuove tecnologie, gli investitori non possono ignorare questi cambiamenti. I principali player del mercato dell’auto stanno investendo in tutti in campi dell’universo dei trasporti in cui l’innovazione gioca un ruolo. Tuttavia, l’avvento della tecnologia ha anche portato nuovi competitor a entrare nel mercato, tra cui leader del settore come Apple e Google.
Stante la volatilità che caratterizza le performance del settore e il sentiment cauto espresso dalle attuali valutazioni, ci stiamo posizionando per trarre vantaggio dalle opportunità offerte dai diversi elementi di incertezza del contesto attuale. É evidente l’importanza dell’analisi fondamentale del credito e di un solido processo di selezione bottom-up. L’industria dell’auto sta attraversando una fase di profondo cambiamento, e la generazione di alpha sarà sempre più dipendente dalla capacità di individuare i cambiamenti in anticipo e dall’abilità delle singole società di reagire.
*Gestore delegato di Pramerica SGR
Ottime considerazioni!
“Non sopravvive la specie più forte, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”(Darwin).
Anche in Italia c’è uno spostamento verso l’ auto condivisa e il noleggio a lungo termine. Questo porterà anche a casa nostra un cambiamento/adeguamento dei prezzi del nuovo e dell’ usato.
Non credo però nel futuro imminente del full elettrico…