McLaren, record del settimo anno
di Piero Evangelisti
Fino a una decina di anni fa si pensava che il settore delle supercar fosse ormai una fortezza inespugnabile presidiata da pochi costruttori come i blasoni italiani Ferrari e Lamborghini, oppure Porsche per la grande industria tedesca, mentre quella britannica poteva contare soltanto su Aston Martin. Poi è arrivata, otto anni fa, McLaren Automotive, uno spin off, indipendente, della gloriosa scuderia di Formula Uno che puntava a trasferire in strada tutto lo straordinario know-how sviluppato nelle competizioni. Appena 14 mesi per costruire il centro produttivo di Working e il 18 luglio 2011 veniva ultimata la prima McLaren 12C destinata a un cliente finale: la sfida era lanciata. A meno di sette anni da quella storica giornata il brand britannico ha festeggiato la 15millesima McLaren (una 570S), un risultato eccellente, ancora più ricco di significato se si considera il fatto che appena un anno e mezzo fa era stato raggiunto il traguardo delle diecimila unità prodotte.
Un trend di crescita continua
Il 2017 è stato per McLaren un anno record nelle vendite, con un totale di 3.340 vetture consegnate. La crescita della domanda è avvenuta con l’introduzione di due nuovi prodotti, la 570S Spider nella famiglia della Sports Series e la 720S nella gamma della Super Series. Circa due terzi delle vendite nel 2017 provengono dalla Sports Series e un terzo dalla Super Series. Un nuovo modello nella gamma della Ultimate Series, la McLaren Senna, si è di recente aggiunta alla produzione e la prima delle sole 500 unita che saranno prodotte sarà completata a breve.
Tanta soddisfazione
Entusiasta, ovviamente, il commento di Mike Flewitt, ceo di McLaren Automotive: “Aver raggiunto le 15.000 vetture è una importante pietra miliare per McLaren Automotive e giunge dopo soli 18 mesi dalle 10.000 vetture prodotte, fatto che dimostra come siano aumentate sia la domanda sia la produzione. L’attuale capacità di produrre 20 auto al giorno è prova importante della dedizione, dello sforzo che tutta la forza lavoro ha dato: tutti i collaboratori devono quindi giustamente sentirsi fieri di far parte di questo grande gioco di squadra”.