Materie prime, carburanti, chip: difficile azzardare stime

di Paolo Starace, presidente di Unrae Veicoli Industriali

A settembre siamo tornati a confrontare i dati mensili del 2021 con quelli del 2020 poiché ci sembra un confronto credibile per gli ultimi mesi dell’anno. Mentre per il periodo gennaio-settembre ancora riteniamo significativo il confronto con il 2019. Lo scenario che abbiamo di fronte conferma il profondo rosso dei veicoli fino a 6 t, una sostanziale invarianza tra le 6 t e le 15,99 t, mentre continua la crescita nel segmento uguale o superiore alle 16 t (+29,2% a settembre), che però si commenta da sola se confrontata con i risultati di luglio (+6,8%) e agosto (-9,3%).

Finito il periodo di lockdown e riprese le attività produttive, il mercato sembrerebbe in recupero, ma i numeri che continuano a rimbalzare sembrano essere più effetto di uno “stop and go” determinato dalla discontinuità degli approvvigionamenti di componenti e quindi dalla capacità dei costruttori di consegna dei veicoli, che non di una effettiva ripresa.

Le notizie che arrivano dai mercati delle materie prime e dai dati della produzione di componenti essenziali, nonché dall’aumento generalizzato del trasporto e del costo dei carburanti non ci consentono di tirare le somme e quindi azzardare previsioni per il prossimo futuro, in una situazione condizionata da fattori a così alto tasso di aleatorietà.

Per il settore dei veicoli industriali va poi considerato un fattore ulteriore di difficoltà e incertezza, generato dalla carenza di conducenti al quale dobbiamo rispondere formando da subito una nuova generazione di giovani professionisti, da destinare alla gestione di mezzi tecnologicamente avanzati e in grado di rispondere alle istanze di sostenibilità ambientale. La disponibilità di conducenti professionali preparati rappresenta un’ulteriore condizione per poter andare concretamente verso un sistema trasportistico sostenibile, efficiente ed affidabile.

Rinnovare il parco dei veicoli, continuando a caricare sui costruttori gli oneri più pesanti per la cosiddetta transizione, non solo ecologica, senza avere poi a disposizione addetti in grado di gestirli nella pienezza delle loro potenzialità, non sembra davvero essere una scelta sensata.

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