Gianandrea Ferrajoli, ad di Mecar S.p.a (Iveco) e coordinatore di Federauto Truck
L’intervista: Gianandrea Ferrajoli, imprenditore e concessionario di veicoli industriali
“O si cresce o si scompare. La qualità del servizio fa la differenza”
L’ad di Mecar (Iveco) e responsabile Truck di Federauto: “Nei prossimi dieci anni l’Lng svolgerà un ruolo fondamentale, e dal 2030 potremo avvicinarci anche per i truck alle emissioni zero, con il “bio-Lng”, l’elettrificazione e l’idrogeno. Oggi il camion è una vera commodity”
La transizione verso una mobilità sostenibile viaggia veloce coinvolgendo tutti i mezzi di trasporto. Oggi parliamo, qui su Fuorigiri, di veicoli industriali, di Tir e di autotrasporto con Gianandrea Ferrajoli, amministratore delegato di Mecar S.p.a (Iveco) e coordinatore di Federauto Truck. Trentotto anni, laurea alla Regent’s European Business School di Londra, specializzazione all’Harvard Business School di Cambridge, Massachusetts, Ferrajoli ha lavorato a Wall Street e Londra per la banca francese Société Générale fino ai 30 anni quando ha preso il timone dell’azienda di famiglia.
“Mecar è nata nel 1952, in provincia di Salerno, ed è stata la prima azienda a distribuire veicoli industriali e commerciali in Campania. Durante la Seconda Guerra Mondiale mio nonno, proprietario agricolo, premiava i carrettieri più meritevoli con un camion, al posto del cavallo, per trasportare i prodotti dell’azienda agricola verso il nord. La Campania era analfabeta e povera, ma con l’industria del food, quella del pomodoro San Marzano, in fortissima ascesa l’autotrasporto divenne decisivo. Si può dire che Mecar e l’industria del pomodoro nascono insieme“.
E la Mecar di oggi?
“Quasi 70 anni dopo, Mecar è una concessionaria presente nelle maggiori regioni dell’Italia Meridionale con un forte posizionamento sui porti che sono la chiave dell’intermodalità del futuro. Bisogna essere presenti sui terminal marittimi per offrire i servizi di assistenza ai clienti, perché Mecar ha una forte presenza nelle grandi flotte di veicoli industriali, flotte che non danno marginalità, ma sono collegate con le grandi multinazionali come Nestlé, Unilever o Procter&Gamble, quelle che intercettano per prime i megatrend del settore. Seguendo questi clienti, difficili e molto esigenti, quelli più attenti all’ecologia, siamo stati i primi ad essere in grado di sostenere il passo con l’innovazione, con l’ecosostenibilità“.
Che peso ha nel settore la sensibilità ambientale?
“Oggi l’ecosostenibilità, per un’azienda, è un “must to have”, qualcosa di cui non si può fare a meno. Non si può fare autotrasporto nel Ventunesimo secolo senza avere una strategia green. La prima domanda che una grande industria rivolge a un’azienda di autotrasporti è: cosa fate per l’ambiente? E quindi l’abbassamento della CO2 della flotta è un fattore chiave. È un portato della generazione dei Millennial, i nati dal 1984 in poi, che scelgono i prodotti anche per come vengono manufatti, e molti Millennial sono già in posizioni che possono influenzare le scelte di un’azienda. Questo è il primo megatrend che sta cambiando il nostro settore”.
E il secondo megatrend?
“È l’”uptime”. Fino a ieri un’azienda veniva premiata per le sue performance commerciali, oggi un’attività di tipo distributivo, come Mecar, viene valutata per la qualità, la rapidità e il numero dei servizi che riesce a offrire. Faccio un esempio: quando Ikea si rivolge a un grande autotrasportatore non gli chiede di viaggiare da Salerno a Bari, ma da Salerno a Milano e poi Francoforte e quindi Istanbul, e di farlo in modo efficiente. È una logistica complessa nella quale il concessionario non si può più limitare a un mercatino captive, locale, ma deve saper operare con la capacità di erogare servizi e manutenzione uptime che riducano sempre più i tempi di inattività. Ci vuole un respiro internazionale e chi opera a livello locale difficilmente ce la farà: il Ventunesimo secolo è impietoso e non lascia spazio ai compromessi, o si cresce o si scompare, e questo vale non solo per i veicoli industriali e per l’autotrasporto ma per tutti i settori dell’economia e a tutti i livelli. Si tratta di una selezione della specie, quasi darwiniana”.
Nella scelta di un truck contano più i servizi del prodotto?
“Oggi il veicolo industriale è una vera comodity. Al di là del prodotto che, tecnologicamente, è in generale molto avanzato, ciò che più conta è l’utilizzo che se ne fa. I mezzi hanno la guida assistita, la frenata automatica, il tachigrafo 4.0, che registra tutto, utilissimo anche per noi dealer e, di conseguenza, le differenze tra un marchio e l’altro diventano sempre meno percettibili. La differenza la fa la qualità del servizio che viene erogato. I nuovi manager delle aziende di un truck valutano il “KPI”, il key performance indicator che stabilisce l’efficienza di un mezzo, il brand passa in secondo piano”.
Torniamo all’ecosostenibilità. Come sta cambiando l’alimentazione di un truck?
“Oggi al primo posto c’è il gas naturale liquefatto, l’Lng, oggi sempre più reperibile perché da due anni a questa parte l’apertura di punti di rifornimento Lng è ininterrotta. Nel 2018 ha aperto la stazione di servizio di Fisciano, tra Salerno e Avellino, la prima autostradale, e da allora a oggi Mecar ha consegnato 100 truck a Lng. Nei prossimi dieci anni l’Lng svolgerà un ruolo fondamentale, e dal 2030 potremo avvicinarci anche per i truck alle emissioni zero, con il “bio-Lng”, l’elettrificazione e l’idrogeno. Credo che il momento di switch verso l’elettrico per l’auto sia davvero giunto, per problemi di peso, invece, sui veicoli industriali dovremo attendere più a lungo, fino all’arrivo di nuovi tipi di batterie”.