L’estate bollente di Fca (ed Exor) continua
Da Ferragosto in avanti si è scatenato l’inferno. Protagonista, suo malgrado, la Fca di John Elkann e guidata da Sergio Marchionne. Per gli azionisti del gruppo sono stati giorni di festa visto che le azioni hanno preso il volo, crescendo di valore per oltre il 20%. Un bel guadagno per chi aveva in tasca il titolo. E altri guadagni potrebbero arrivare ancora: basta una voce sul piano che l’ad Marchionne presenterà nel 2018 (i possibili scorpori) o su un ipotetico accordo, e le azioni Fca si mettono a galoppare. Diciamo potrebbero arrivare perché alle porte c’è il Salone di Francoforte, e il futuro di Fca (anche se presente alla rassegna con un solo marchio, Maserati, visto che a Ferrari, pure con uno stand, fa capo alla holding Exor) sarà uno dei temi centrali.
Si gioca in casa dei tedeschi e sarà interessante conoscere dove potrebbe portare l’accordo che Fca ha siglato con il terzetto Bmw Group-Intel-Mobileye per lo sviluppo di una piattaforma congiunta destinata alla guida autonoma. È il primo passo di qualcosa di più ampio con Bmw dopo l’accordo del luglio 2008, in seguito naufragato, sulla fornitura di motori e componenti?
E poi ci sono le recenti voci di contatti tra il Lingotto e il Gruppo Volkswagen su possibili sinergie nel settore dei veicoli commerciali leggeri. Un’alleanza industriale che mirerebbe a insidiare quella già in corso tra Daimler-Mercedes e l’Alleanza Renault Nissan.
La Cina si fa avanti
Il Ferragosto 2017 sarà comunque ricordato che per le avances di gruppi automobilistici cinesi nei confronti di Fca, notizia peraltro anticipata più di un anno fa da “il Giornale“ che aveva parlato di un faro acceso da Gac, già partner del gruppo nella realizzazione di due modelli Jeep sotto la Muraglia, nei confronti del Lingotto. E subito, tra prese di distanza, mezze ammissioni e smentite, è deflagrato il dibattito ferragostano (periodo molto indicato per ampliare la cassa di risonanza di ogni notizia) sul tema: cinesi no, cinesi sì. La discussione ha ovviamente varcato i confini nazionali e anche l’Oceano, finendo per coinvolgere i più importanti media cinesi, americani e, indirettamente, la Casa Bianca. A tanti i cinesi padroni ipoteticamente di Fca fanno paura, ad altri meno o per niente.
È l’effetto della globalizzazione, termine del quale si abusa spesso. Il mondo globale piace, ma solo quando non viene a pestarti i piedi a casa tua. E così l’opzione Pechino spaventa, a partire dai sindacati. Si invocano rilanci, più investimenti e nuove opportunità ma poi, quando si apre uno spiraglio in questa direzione, a prevalere è la diffidenza. Eppure due precedenti virtuosi – Jaguar e Land Rover divenute indiane (Tata) e Volvo acquisita dalla cinese Geely – dovrebbero insegnare che una metamorfosi asiatica che tuteli però identità, poli produttivi e favorisca un ulteriore sviluppo attraverso investimenti, può essere una garanzia per il futuro.
Strategie e diversificazione
Fca, cioè l’ex Fiat, è un patrimonio italiano, visto che ha motorizzato il Paese nel Dopoguerra e soprattutto per i tanti denari tra contributi e sovvenzioni che è costata in passato. E continua a esserlo ancora oggi, seppure sbilanciata verso Detroit. Patrimonio italiano non significa, però, di proprietà dell’Italia. Il padrone esiste e continua a chiamarsi famiglia Agnelli, tramite l’holding Exor presieduta da John Elkann, che l’Avvocato ha prescelto per tale posizione di “timoniere”. E il padrone può fare quello che vuole, anche cedere il controllo o l’intera azienda nell’ambito di un piano strategico di diversificazione degli investimenti. Mossa, del resto, che lo stesso Elkann ha già dimostrato di saper fare, accorciando prima la catena di controllo dei vari asset e, quindi, puntando forte sui fronti dell’editoria, delle riassicurazioni e del lusso, portando Ferrari (altro titolo in piena accelerazione) all’interno del perimetro Exor. Il tutto nell’interesse degli azionisti. E Fca? E i trattori con i camion e le macchine movimento di Cnh Industrial? I prossimi mesi saranno altrettanto bollenti.