Messaggiare mentre si guida può costare la vita
La guida distratta all’ordine del giorno di Bruxelles
di Gianfranco Chierchini
“Si distrae…”. È questa una frase che tanti insegnanti rivolgono a moltissimi genitori, a proposito dei ragazzi che in classe non seguono le lezioni. Esperti di diverse discipline hanno spiegato bene l’apparentemente strano fenomeno per cui un bambino, per definizione vivace e curioso, si annoia quando l’insegnante spiega e dopo un po’ pensa ad altro. Non è qui il caso di entrare nella psicopedagogia. Questa stessa frase può essere applicata alla stragrande maggioranza delle persone che si distraggono alla guida del loro veicolo, un mezzo di molti quintali che si muove più o meno velocemente. Con i conseguenti pericoli che tutti conosciamo, come guidatori e come utenti della strada. Perché una persona adulta si può distrarre, quando guida? Perché un organismo europeo importante per la sicurezza stradale, come l’European Transport Safety Council (ETSC), ha inserito pochi giorni fa nelle sue raccomandazioni per ridurre le morti dei giovani (ancora 3.800 nel 2015, tutti tra i 18 ed i 24 anni) interventi di sensibilizzazione e azioni preventive che favoriscano la consapevolezza dei rischi, in particolare la distrazione?
Più che risposte tecniche, qui vorrei offrire spunti di riflessione, spunti che in ogni caso scaturiscono da studi di importanti istituti di ricerca internazionali, dal citato ETSC alla statunitense National Highway Transport Safety Administation (NHTSA), all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Alla parola distrazione alla guida, o meglio, distrazione dalla guida, viene da pensare subito all’uso del cellulare. E’ vero, le telefonate, oltre a distogliere una mano dal volante, attutiscono l’attenzione, soprattutto quella laterale destra e sinistra. Ciò accade anche con i sistemi di “viva voce”.
Peggio della telefonata, è la lettura di un sms mentre si guida e peggio ancora la digitazione della risposta, anche se è il solo “ok”: come minimo, trascorrono quattro secondi nei quali non si guarda la strada e si percorrono, andando in città a 50 km/h, più di cinquanta metri. Ma anche altri motivi inducono alla distrazione, e tra questi il più diffuso è il “mind wandering”, la cosiddetta “mente vagabonda”.
Di solito ciò accade in percorsi ben noti, ad esempio in quelli casa-lavoro, o transitando in lunghe tratte extra-urbane diritte: in questi casi l’attenzione per la strada cala, l’occhio guarda in modo quasi fisso un punto del parabrezza e la mente vaga nei più disparati angoli della memoria. È facile intuire che la stanchezza fisica e un livello di emotività superiore alla norma (sia per un’entusiasmante notizia, sia per un fatto molto negativo) diventano effetti moltiplicatori del rischio: il solito percorso per ritornare a casa, alla fine di una giornata di intenso lavoro, con uno stato d’animo alterato, anche per motivi positivi, è il classico caso, perché si guida in modo quasi automatico. In altri termini, si guida distratti.