La (folle) corsa al “tutto elettrico”: sì, avevamo visto giusto

di Pierluigi Bonora

Sì, diciamolo senza problemi: siamo stati tra i primissimi in tempi non sospetti e con l’euforia dilagante, anche sulla maggior parte dei media, per l’accelerazione impressa alla svolta elettrica – a nutrire forti preoccupazioni per tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare. E, soprattutto, a esporle, commentandole e facendole commentare, senza pregiudizi, denunciando anche il lassismo con cui il mondo automotive, a partire dalla Acea, l’Associazione europea dei costruttori, ha affrontato il problema.

Strada facendo, comunque, verità, dubbi, perplessità e soprattutto timori cominciano a prendere sempre più forma. Ci sono media che hanno rettificato la loro posizione, e altri, invece, che continuano a sposare la corsa all’elettrico senza se e senza ma. E ci fermiamo qui. Per fortuna che al Governo c’è un certo Roberto Cingolani nel ruolo di ministro della Transizione ecologica, un super tecnico che ci capisce, è capace di andare, come ha già più volte dimostrato, anche controcorrente, e dice le cose come stanno.

Dal coro di incensazione forzata sulla svolta elettrica con protagonisti la maggior parte dei big dell’auto, in questo giorni, a mettere in guardia su quello che si sta facendo è Carlos Tavares, ad di Stellantis, lo stesso topo manager che sta macinando accordi su accordi(batterie, litio decarbonizzato, eccetera) per far trovare il gruppo pronto alle scadenze (se poi rimarranno tali) del piano europeo “Fit for 55” che punta a togliere di mezzo i motori a benzina e Diesel nel prossimo 2035, praticamente quasi dopodomani.

Tavares, parlando alla conferenza “Reuters Next”, si è soffermato sulle conseguenze, in termini occupazionali per il settore. Una forzatura imposta dell’Ue (a sua volta – aggiungiamo noi – oggetto di pressioni lobbistiche e ambientaliste esterne) che, avverte Tavares, mette a rischio molti posti di lavoro e la qualità dei veicoli. I produttori, secondo il top manager, faticheranno a gestire i costi più elevati legati alla costruzione di auto elettriche. Il top manager portoghese ha aggiunto come sia stato deciso «di imporre all’industria automobilistica un’elettrificazione che comporta costi aggiuntivi del 50% rispetto a un veicolo convenzionale». E che «non c’è modo di trasferire il 50% dei costi aggiuntivi al consumatore finale perché la maggior parte della classe media non sarà in grado di pagare». Da qui il tema di una vera discriminazione a livello di possibilità di accedere a queste tecnologie in un momento nel quale si parla in continuazione di inclusione.

Per il settore, a questo punto, si prospetta un bivio: aumentare i listini e vendere meno; accettare margini di profitto inferiori. Situazione che, per l’ad di Stellantis, porterà in generale a inevitabili tagli. Ma c’è un altro aspetto da considerare. E in questo caso ricorro alla recente riflessione del manager automotive, nonché Senior advisor e commentatore di “Fuorigiri”, Andrea Taschini. “Vi siete mai chiesti perché, tra chi ha firmato l’impegno al COP26 di Glasgow per eliminare gradualmente, entro il 2040, i veicoli a combustibile fossile, ci siano – per esempio e soprattutto – il gruppo Daimler (unico tra i tedeschi) e Volvo? Entrambi hanno in comune il colosso cinese Geely, primo azionista nel caso della Stella e proprietario nel caso di Volvo. Sono gli stessi big cinesi, insieme ad altri, che mirano a conquistare il mercato europeo utilizzando – come ponte strategico – marchi storici della nostra industria. Anche Saic, che ha riesumato la britannica MG, è sulla stessa strada. Ma non finisce qui, Il ragionamento di Taschini va oltre: il numero uno di Daimler, Ola Kallenius, è svedese. Svedese è anche Volvo. E dalla Svezia arriva anche Greta Thunberg con i suoi bla-bla-bla sull’ambiente. Lo stesso Paese scandinavo che sta pompando all’inverosimile la mobilità elettrica. Solo coincidenze? Forse.

Prima o poi tante risposte e verità verranno allo scoperto. La partita sul “Fit for 55”, intanto, si infiamma. E siano solo all’inizio.

2 Comments

  1. cecco61 says:

    Ahi, ahi, ahi, articoli tardivi e comunque relegati in un angolo visto che questo stesso giornale ancora quotidianamente esalta il motore elettrico ben conoscendo tutte le problematiche. Il settore automobilistico ha sposato la causa “presunta” ecologica per obbligare la gente a cambiare l’auto e oggi, tranne chi ha un interesse “cinese”, si stanno finalmente rendendo conto della stupidata fatta. Purtroppo il mantra diffuso dai mass media fa sì che chiunque osi dimostrarsi critico viene ovunque insultato più o meno pesantemente.

  2. Pietro Mele says:

    E’ meglio l’elettrico o il diesel/benzina? Dipende non solo dai motori, ma soprattutto dal contesto.
    Ad esempio, la stessa automobile elettrica puo’ essere conveniente in Francia o in Svezia, ma non in Italia o Germania. Il motivo e’ semplice: nelle prime due nazioni la maggior parte dell’energia elettrica viene prodotta con il NUCLEARE, e quindi e’ priva di emissioni ed economica. Nelle altre due nazioni la produzione e’ basata su carbone, gas e rinnovabili, che hanno costi notevolmente superiori ed inquinano alla fonte.

    Riassumendo:
    – Non vi interessa dell’ambiente e delle prossime generazioni? –> Status quo
    – Siete ambientalisti perche’ e’ di moda? –> Pannelli solari e palle eoliche
    – Siete sinceramente ambientalisti? –> Nucleare

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *