Iso Rivolta “Grifo”: un sogno nato davanti al mare

di Riccado Bellumori (Parte II)

Ogni Capitano di Industria automobilistica, per storia o leggenda che sia, ha determinato con una sua impostazione personale ed imprescindibile la linea di produzione e persino i canoni fondamentali delle sue automobili. Di Enzo Ferrari e delle sue scelte tecniche sappiamo praticamente tutto, lo stesso dicasi per Lamborghini. Piero Dusio per la Cisitalia e Renzo Rivolta per le sue “Iso Rivolta” – e permettetemi ancora questo parallelo – determinarono dei capisaldi “qualitativi” unici nella loro produzione.

Si narra che Piero Dusio, nel delineare i suoi “desiderata” a Savonuzzi, Abarth e Giacosa per la “202”, chiese loro di realizzare un’auto “comoda come una americana, sportiva come una Gran Turismo, economica come una utilitaria”. E nacque la prima auto esposta al Mo.Ma di New york come “scultura in movimento”.

Renzo Rivolta, per suo pari, pretese che le sue auto fossero sportive, eleganti e con una caratteristica: destinate a Gentlemen che – chiese espressamente – dovevano poter entrare comodamente nell’abitacolo senza togliere il cappello”. Caratteristiche così diverse tra loro che solo una Iso Rivolta poteva abbracciare integralmente. E infatti ogni Iso Rivolta si dimostrò unica e uguale a nessun’altra.

Dal 1962 le nuove “Iso Rivolta”, infatti, segnarono un percorso e un’epoca. Con un giovane e promettente Giorgetto Giugiaro, già capo del Design alla Bertone, e un esperto, Giotto Bizzarrini (da poco uscito “non in buona” dalla Ferrari per scontro di caratteri con il Drake, come anni dopo capitò con lo stesso Rivolta…), con la sua magia tecnica, nasce la capostipite delle GT Rivolta con la “300” cui seguirono gli altri capolavori del Marchio. Tutti, rigorosamente, spinti dai poderosi motori “V8” (quelli che nella letteratura motoristica si chiamavano i “Big Block”) di produzione americana.

Le “Iso”: Giugiaro, Bizzarrini, U.S.A.  Big Block e… cappello in testa!

E forse senza saperlo, il Commendator Rivolta aveva dato vita nuovamente a un incrocio di destini paralleli: da nativo desiàno, nella provincia di Monza, che nell’immaginario motoristico fa eco al nome della Ferrari, aveva chiamato per la sua avventura nelle Supercar Giotto Bizzarrini, geniale livornese il cui mare è lo stesso che – guarda caso – bagna Genova…Per presentare Giotto – che arrivò alla “Iso” dopo le esperienze in Alfa Romeo, Ferrari e Lamborghini – non resta che citare la prefazione di Lorenzo Boscarelli nell’opera “Giotto Bizzarrini: l’Ingegnere costruttore” dove scrive: “Un uomo che si è realizzato nell’azione, più che nel progetto, tanto da creare delle automobili senza quasi disegnarle, sviluppandole passo dopo passo, provando e modificando, come accadde con la Ferrari “papera”, da cui nacque la 250 GTO. Al tempo stesso, un progettista a cui dobbiamo delle realizzazioni che sono entrate nell’immaginario di chi ama le automobili”.

E, guarda caso, Bizzarrini entrò in Ferrari grazie all’azione anche di Alfa Romeo a capo del cui comparto tecnico siedeva Rudolph Hruska, collaboratore già di quel Piero Dusio che ho messo in parallelo a Renzo Rivolta nella prima parte di questo pezzo…

E forse era inesorabilmente nel destino di un astro nascente come Giorgetto Giugiaro, scoperto da quel Dante Giacosa, ex progettista della Cisitalia di Dusio, di essere chiamato a sua volta alla corte di Renzo Rivolta: il giovane designer nacque infatti a Garessio, territorio idealmente diviso dallo spartiacque padano – ligure delle Alpi, così vicino a quella Genova da cui tutta la leggenda – iniziata dalla Isothermos – era partita oltre vent’anni prima.

Dopo il buon successo commerciale della “300 GT” Renzo Rivolta lancia il suo più famoso guanto di sfida: sfidare ancora più direttamente Ferrari, la appena nata Lamborghini, ma soprattutto la Maserati e ancor di più la rinomata produzione anglo-americana che ancora in quegli anni, prima della terribile crisi sociale e poi energetica, aveva un notevole numero di estimatori. Ma la filosofia di attacco di Renzo Rivolta era la stessa: nessuna “Iso” poteva confondersi con la concorrenza. Più sportiva delle americane, aristocratica come una inglese, ma molto più “lussuriosa” delle concorrenti italiane. Questa doveva essere una Supercar Rivolta.

“Grifo”: l’auto che creò una categoria

Davvero non poteva confondersi la Iso “Grifo”, prodotta a Bresso e la cui genesi fu particolarmente laboriosa e “step by step”. Si partì infatti nel 1963 dall’accorciamento di un telaio della “300 GT”, e dalla vestizione “Bertone by Giugiaro” di due carrozzerie le cui forme erano decisamente più da auto da corsa che non da Gran Turismo secondo i dettami di Renzo Rivolta.

Il quale Rivolta tuttavia investì molte risorse su due binari simmetrici di sviluppo: da un lato la configurazione della “GT Stradale” denominata “Iso A3/L” e sul progetto sportivo, denominato “Iso A3/ C” (dove “C” sta per “Competizione”) perché lo stesso Commendatore (ennesimo parallelo con Piero Dusio di Cisitalia) era interessato a veicolare e promuovere il suo marchio anche attraverso le corse, seppur con un percorso “a termine”. E infatti Bizzarrini, da “Deus ex Machina” di tutto questo, ben presto entrò in conflitto con il Commendator Rivolta, più interessato a sviluppare la versione stradale “A3/L” e contrario all’idea di Giotto di restare nelle competizioni.

E dopo l’uscita del genio livornese dalla Iso, quella “A3/C” che nel 1965 vinse la Categoria over 5 litri della “24 Ore di Le Mans”, costituirà successivamente la piattaforma per la “5300 GT Strada”, una serie artigianale di Berlinette a marchio “Bizzarrini” prodotte tra il 1965 ed il 1969.

Nello stesso anno 1965, la leggendaria “Iso Rivolta Grifo” stradale cominciò ad essere consegnata ai Clienti nella sua livrea storica e nota a tutti per la sua bellezza.

La Gran Turismo di Bresso fu un successo di vendite – pur se costava parecchio – perché i clienti percepivano una qualità e un prestigio unico. Purtroppo, l’anno seguente la sua commercializzazione scompare prematuramente l’Ingegner Renzo.

Suo figlio Piero, appena 25 anni e laurea in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano, raccoglie idealmente ma con  grande coraggio il testimone, e quale uno tra i più  giovani manager di un’azienda di automobili si troverà fino al 1973  a gestire una fase epocale del marchio: la “Grifo”, come detto, fa risultati di vendita eccellenti, e la gamma Rivolta si arricchisce nel 1968 della “S4” (“4 Sportelli” o “Fidia”) disegnata dalla Ghia,  che insieme alla “Maserati Quattroporte” fu all’epoca  davvero l’unica erede delle ammiraglie storiche dell’Industria italiana, cioè la sfortunata “Isotta Fraschini Monterosa” e la “Lancia Flaminia”, senza dimenticare il “forse involontario” verso che la “Monteverdi 375/L” nata l’anno dopo gli fece (strizzando un po’ l’occhio alla linea della “Fidia”). Dopo di che usciranno sia la “Lele” by Marcello Gandini che la nuova serie della “Iso Grifo”.

Tante novità, alcune forse azzardate (come forse l’estensione della Gamma in un periodo storicamente già critico) ovvero obbligate (come ad esempio l’esigenza di contrastare le politiche dei fornitori con G.M. che volendo obbligare la Iso all’acquisto di lotti minimi obbligatori di piattaforme meccaniche con pagamento anticipato, portò l’azienda di Bresso a cessare la partnership e a optare per i monoblocchi Ford); e altre novità che invece, forse incolpevolmente da parte della “Iso Rivolta” (visto il destino all’epoca di tantissimi altri marchi di prodotti di Lusso), portarono la Casa del Grifone verso il tunnel: aumento dei costi e gestione industriale critica, crisi economica e finanziaria, tensioni sociali e rivoluzione sessantottina globale generarono un mix letale per molti marchi, e purtroppo anche per la “Iso Rivolta”. Che nel 1973 al passaggio di consegne tra i Rivolta e la nuova proprietà americana divenne Iso Motors & Co.

Il canto del cigno: il passaggio agli americani

La fine del ciclo di vita del glorioso marchio bloccò ogni nuovo progetto, come quello della “Varedo” del 1972, una concept anticonformista che resta oggi allo stato di esemplare unico, ma che sarebbe stata sicuramente una best seller come le altre Iso Rivolta, poiché  emozionale ma avveniristica grazie alle linee di Ercole Spada, a sua volta stilista poco ricordato ma fondamentale nello sviluppo dello stile italiano tra il 1960 e la fine degli anni ’80.
Infine, intervenne la cessazione dell’attività costruttiva nel 1974, non prima tuttavia di una importante esperienza nella Formula Uno, nel 1973, dove il Team Iso Marlboro schierò la IR che fu affidata alla gestione di un certo Frank Williams.

Anzi, data la conclusione delle attività del marchio Iso dal 1974, e dunque data l’impossibilità di usare questa denominazione, possiamo definire le IR come le prime monoposto a potersi chiamare Williams.

Nel 1990 il tentativo di Piero Rivolta di rilanciare il marchio si concretizzò nella famosa “Grifo 90” disegnata da Gandini, che tuttavia non ebbe seguito in una fzase industriale. Ultimo tributo al Marchio “Iso Rivolta” è opera della Zagato, che ha creato la “Iso Rivolta Vision”  per il videogioco Gran Turismo Sport di Sony, per la quale tuttavia la firma di Design ha anticipato di avere in programma la realizzazione di un numero limitato di esemplari per la vendita a pochi superfortunati. E chissà che un giorno – prima o poi – quel sogno nato davanti al mare non tornerà a farci sognare su strada…

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