Industria: PwC e le priorità da cui ripartire
Lo shock derivante dalla pandemia Covid-19 ha colpito l’industria italiana in maniera profonda e in una fase congiunturale già debole, caratterizzata da un calo dei consumi e da un rallentamento del Pil nazionale già da fine 2018. Tra i settori più colpiti dell’economia italiana quello manifatturiero, che ha subito un impatto negativo sia a livello di domanda che di offerta.
A giugno, nonostante la fine del lockdown e la graduale riapertura delle attività produttive e commerciali, si registra solo una parziale risalita dei dati economici della manifattura. Tra le principali implicazioni dell’emergenza sanitaria: una riduzione degli ordini, crollati ai livelli più bassi dalla crisi del 2009; una contrazione della marginalità; una crisi di liquidità, con un incremento delle probabilità di default dal 3,9 al 5,7% (Fonte: Cerved, 2020); una riduzione degli investimenti fissi e della spesa in Ricerca e Sviluppo.
Tuttavia, le azioni necessarie per mitigare l’impatto del virus e garantire il recupero offrono l’opportunità di rendere l’Italia più competitiva e meglio posizionata per il futuro. Per questo PwC ha identificato alcune priorità di azione per un rilancio del settore nel contesto di una nuova normalità.
Una grande azione a sostegno del “Made in Italy” e dell’export. Per rafforzare il posizionamento delle aziende nazionali sui mercati globali, è importante sostenere un grande progetto di promozione all’estero del sistema Paese, anche attraverso strumenti di e-commerce e piattaforme digitali per attività di vendita e di marketing da remoto.
Un supporto mirato all’aggregazione industriale. In Italia il livello di aggregazione delle Pmi è ancora limitato. Esistono più di 150 distretti industriali, più competitivi rispetto alle aree non distrettuali e con una produttività del lavoro superiore di ca. il 10%. Tuttavia, solo il 33% del settore manifatturiero è organizzato in qualche forma di aggregazione, la maggioranza opera in modo isolato. Per favorire le aggregazioni sia verticali che orizzontali, è necessario facilitare l’accesso agli incentivi esistenti, rafforzando il bonus aggregazioni e rivedendone le modalità di erogazione.
Semplificazione dell’accesso al credito e alla liquidità. Nel 2020 si prevede un aumento della probabilità media di default nel comparto manifatturiero dal 3,9% al 5,7%. È necessario favorire l’accesso alla liquidità delle azienda, snellendo le procedure di emissioni obbligazionarie, incoraggiare l’entrata di nuovi investitori attraverso incentivi fiscali ad hoc e, infine, garantire e accelerare il pagamento del debito della Pa, anche con compensazioni fiscali.
Un piano infrastrutturale di investimenti per la ripresa economica. Per supportare i settori strategici del “Made in Italy” e la ripresa economica interna è necessario predisporre un piano infrastrutturale che preveda investimenti in progetti con alto moltiplicatore di Pil e occupazione, con un’attenzione all’innovazione e allo sviluppo tecnologico. Gli stimoli fiscali per gli investimenti delle imprese in digitalizzazione, innovazione e devono essere ripristinati o potenziati.
Programmi di upskilling digitale e incentivi al trasferimento tecnologico. L’Italia ha un livello di maturità digitale ancora troppo limitato rispetto alla media europea, posizionandosi al 25° posto su 28 Paesi Ue nella classifica DESI 2020. Il nostro Paese deve intraprendere un percorso di trasformazione e formazione digitale anche attraverso il digital upskilling, per garantire sia un ritorno dell’investimento di nuove soluzioni digitali sia un’efficiente gestione delle metodologie di lavoro da remoto.
Un piano di incentivi per la domanda e i consumi. Le attese di produzione e gli ordini sono previsti in ulteriore calo rispetto a marzo 2020 e le scorte di prodotti finiti sono giudicate in accumulo. Per questo è necessario un robusto piano di incentivi alla rottamazione, ristrutturazioni, risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, per sostenere la domanda dei consumatori e riattivare l’economia.
Un processo strutturato per aggiornare il modello operativo ed organizzativo. L’emergenza ha inevitabilmente accelerato l’utilizzo di modelli operativi nuovi per adattarsi alle necessità di distanziamento sociale e al blocco delle attività commerciali e produttive. In particolare, sono 4 le aree aziendali su cui si ottengono maggiori benefici dagli investimenti in tecnologia e digitalizzazione: Visibilità e tracciabilità della Supply Chain; Automazione delle linee di produzione; Area Commerciale e vendite con tutte le soluzioni di e-commerce; Assistenza clienti/post Vendita e supporto da remoto.
Vincenzo Grassi, Partner PwC Italia, Industrial Manufacturing & Automotive Leader, spiega: “La crisi indotta dall’emergenza Covid-19 richiede un’azione vigorosa per rilanciare il settore manifatturiero, sia per il ruolo fondamentale che ricopre per il sistema Italia, sia per la quantità di persone coinvolte. Per ridurre gli impatti dell’emergenza sociale riteniamo sia urgente intervenire in modo sinergico su: incentivi alla domanda e alle aggregazioni, upskilling e stimoli fiscali.Queste politiche richiedono un approccio di sistema con il coinvolgimento di tutti gli attori che possono contribuire ad un rilancio del settore manifatturiero: istituzioni, imprese, associazioni di categoria, centri di ricerca, università”.
Nel suo intervento, Marco Taisch, Professore del Politecnico di Milano e Presidente del Made Competence Center, ha spiegato: “Il lockdown è stato un acceleratore dei processi di trasferimento digitale. Ci ha fatto comprendere come oggi non si possa più fare a meno delle tecnologie digitali. Supportare la Transizione verso il 4.0, garantendo liquidità e benefici fiscali, è quindi fondamentale per il Paese per cogliere le opportunità di crescita”.
Luisa Todini, presidente del Comitato Leonardo (rappresenta 140 imprese del Made in Italy con un fatturato complessivo di 380 miliardi e una quota export del 56%), ha ribadito: “Le priorità per far ripartire il Paese devono essere ispirate al concetto di Italia Facile: più connessa, più green, con una burocrazia più snella, più attrattiva per i capitali esteri. È necessario colmare il gap infrastrutturale e digitale, agire per una reale semplificazione, puntare sull’economia verde. La chiave per il rilancio può essere un “green new deal” del made in Italy, che punti alla valorizzazione di filiere ad altissima qualità, investimenti in tecnologia, progetti di transizione energetica, economia circolare. È necessario, però, darsi obiettivi concreti e agire per raggiungerli in tempi rapidi. Se arriveranno i 2 miliardi di fondi europei che potrebbero essere destinati all’Italia per investimenti green, dobbiamo essere in grado di lanciare e realizzare progetti per creare nel Paese 1 milione di posti di lavoro in pochi anni”.