Incubo Covid-19: la decarbonizzazione non può attendere

di Camillo Piazza, presidente di Class Onlus

Leggiamo che le associazioni dei costruttori automotive nazionali e internazionali chiedono la revisione della normativa europea sulle emissioni di CO2, proponendo di “apportare qualche aggiustamento alla tempistica di queste leggi”. Una richiesta avallata dallo slogan “la decarbonizzazione può attendere” e giustificata dall’emergenza coronavirus, che costringe alla chiusura degli impianti produttivi. Le conseguenze sono “significativi problemi di liquidità nel breve e medio termine” e l’interruzione delle attività “produttiva, di sviluppo, di sperimentazione o di omologazione”. “Tutto ciò sconvolge i piani che avevamo definito per prepararci a rispettare le leggi e i regolamenti attuali e futuri dell’Unione europea entro i termini stabiliti”.

Ci rendiamo conto della grave situazione di difficoltà dell’industria dell’auto e delle conseguenze di un comparto che occupa 13,8 milioni di lavoratori in Europa, ma vorremmo ricordare anche che l’altrettanto grave situazione della qualità dell’aria di molte aree urbane, non a caso le più colpite dai decessi generati dal Covid-19. Siamo altresì consapevoli chele azioni per abbassare l’inquinamento atmosferico non possono avvenire un giorno per l’altro, ma è un percorso che richiede tempo e determinazione all’interno delle scelte a medio e lungo periodo, in modo che non si possa poi tornare indietro.

Pensiamo, però, che la drammatica situazione che stiamo vivendo non debba essere una motivazione per interrompere il cammino verso una mobilità più sostenibile. La realtà odierna non può farci dimenticare che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’inquinamento atmosferico solo in Italia provoca ogni anno il decesso prematuro di circa 80.000 persone. Sappiamo che la scarsa qualità dell’aria non è dovuta solamente alla mobilità endotermica, ma anche da settori come quelli industriale e del riscaldamento, in particolare per l’uso massiccio di combustibile come legna, pellet, altri combustibili carboniosi e residui organici, su cui occorre intervenire, in particolare non finanziandoli ogni anno con soldi pubblici. Ma crediamo che la lotta debba essere fatta su più fronti, compreso quella del settore della mobilità sostenibile.

Parliamoci chiaro: se l’obiettivo è cancellare le buone scelte che abbiamo ottenuto in questi ultimi anni sulla battaglia contro i cambiamenti climatici, non saremo mai d’accordo e abbiamo la certezza che l’Europa non vi seguirà in questa corsa alla conservazione. Se invece l’obiettivo è di non pesare, per un anno, sulle vuote casse delle Case automobilistiche e rilanciare una politica di affiancamento alla ristrutturazione dei processi produttivi e alla riconversione industriale, ci stiamo!

Questo significa non fermarsi alla sola richiesta di ridurre o sospendere le multe europee previste, ma occorre tutti insieme chiedere al Governo e al Parlamento risorse aggiuntive per le riqualificazioni aziendali, anche dei settori commerciali delle stesse, contributi importanti per la formazione professionale, per l’educazione e l’informazione. Occorre, tutti insieme, chiedere al Governo risorse per gli sharing, la condivisione dei mezzi di trasporto e aiuti per la riconversione industriale delle imprese.

Se fosse questo lo spirito, siamo disposti a farci portavoce, insieme agli altri stakeholder del comparto presso il tavolo automotive del ministero dello Sviluppo Economico delle richieste per attenuare o rimuovere per un anno il pagamento dell’infrazione comunitaria e per avere più risorse e per favorire la transizione verso la mobilità sostenibile. Il tutto con l’obiettivo comune di rendere migliore l’Italia, salvaguardare la salute dei cittadini e mantenere la piena occupazione.

 

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