Il quartier generale di Fca ad Auburn Hills, alle porte di Detroit

Fca, perché la sbandata in Borsa è stata solo momentanea

di Ennio Montagnani

Le accuse di aver usato un software in grado di aggirare i controlli sulle emissioni sollevate dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti hanno dato il via a una delle giornate peggiori della storia borsistica di Fca. Prendendo come riferimento i costi per auto indicati da Volkswagen il mercato si è affrettato a stimare perdite potenziali vicine ai 5 miliardi di dollari. La reazione del titolo nelle settimane successive è stata decisamente sorprendente, i ribassi sono stati totalmente cancellati e il mercato sembra aver decisamente deposto l’ascia di guerra. Come mai i mercati, dopo una breve iniziale correzione alla notizia della infrazione di ca negli Usa, hanno continuato a premiare il settore auto in Borsa e, in particolare, il titolo del Lingotto? “Le rassicurazioni di Sergio Marchionne rispetto a una condotta non fraudolenta, ma semmai tecnicamente imprecisa, ma soprattutto la pubblicazione di risultati incoraggianti e di guidance 2017 molto sfidanti hanno fatto tornare l’ottimismo agli investitori”, fa sapere Stefano Turlizzi, Divisione Asset Management di Cassa Lombarda, secondo il quale, considerando il peso ormai limitato delle attività europee, il futuro di Fca dipende ormai in larga parte dall’andamento del business negli Stati Uniti con i modelli Jeep e i pick-up Ram, protagonisti sia in termini di fatturato sia, soprattutto, di redditività. Per Turlizzi, qualora il mercato dovesse riconoscere a Fca i multipli applicati ai concorrenti statunitensi, il potenziale di rialzo sarebbe decisamente elevato, nonostante il titolo si trovi già ai massimi dalla quotazione di Fca. “Inoltre, le spinte protezionistiche del presidente americano, Donald Trump, se ben assecondate con piani di investimento incentrati sugli Stati Uniti, possono rappresentare addirittura un’opportunità per la società e per gli azionisti che puntano a investire sull’economia Usa, anche attraverso un titolo domestico”, conclude Turlizzi.

 

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