Il “Centoventicinque”: il primo giro di boa…

di Federico Falsini

Dopo il mio articolo amarcord sul “Cinquantino”, vengo adesso a ricordare le piccole moto 125. Piccole nel peso, ma grandi nelle prestazioni.

Prologo

Ritengo che tutto sia iniziato (o per lo meno la mia memoria punta a quella data) dall’arrivo della Cagiva Aletta Oro, nel 1985. Esistevano già altre moto 125, c’era anche la Harley Davidson. Ma quella che ritengo abbia rivoluzionato il settore a livello di design e prestazioni è stata lei. I più attenti mi faranno sicuramente notare che già prima il marchio varesino si era imposto con l’enduro Aletta Rossa, ma il modello stradale quasi azzerava la differenza tra le piccole 125 e le sorelle di maggior cubatura.

Arrivano i concorrenti

E fu così che Gilera, Aprilia, Honda, Yamaha e altri cominciarono a seguire l’ esempio. Mi ripeto, non che ci fossero poche Case interessate alla cilindrata, ma da quel momento tutti capirono che il mercato era in fortissima crescita.
Aprilia improntò le proprie moto su grafiche bellissime, con degli accostamenti cromatici unici. Chi non ricorda la prima AF1 con forcellone monobraccio, immortalata in un video musicale di Edoardo Bennato? Per non parlare delle successive “Replica” che imitavano i colori adottati dalla Casa veneta nel Motomondiale.
Sulla stessa scia anche Honda aveva proposto una replica dei colori della 500 di Wayne Gardner, affiancandola alle già note semicarenate NS125F.
Dettò legge per un paio di anni Gilera, con gli azzeccatissimi modelli KZ (semicarenata) e KK (carenata). Quest’ ultima fu la prima ad avere il serbatoio “sdoppiato”, con il contenitore maggiore posto sotto al motore per abbassare il baricentro. Soluzione che migliorerà anni più tardi con la non compresa MX, che poteva così ospitare il casco nel vano ricavato dal consueto cassone.

La prima folgorazione

Cagiva rispose con un modello che ricordo ancor oggi tra i più belli, la Freccia C9. Forte di aver in casa forse il più grande designer di moto al mondo, ne scaturì una belva che faceva il verso alla sorellona Ducati Paso. Particolarissima: parafango anteriore che copriva mezza ruota, carena che copriva completamente la moto, scarichi integrati nel codone…Il genio della matita che la progettò, inutile dirlo, era il compianto Massimo Tamburini, artefice fra le più belle due ruote che occhio umano abbia potuto ammirare. Le Bimota (era uno dei fondatori), Ducati 996, le MV dell’ era Castiglioni… Moto strabilianti, molte delle quali ancora  oggi non sfigurano accanto ai nuovi modelli.

Ma il bello deve ancora arrivare

Sì, perché il ritmo intrapreso da tutte le case divenne forsennato. Si contavano modelli come gocce di pioggia in una giornata autunnale. Anche le riviste di moto specializzate ne beneficiarono, visto che quasi ogni mese vi era la prova di un nuovo 125. E ho citato solo le stradali, ma anche sul lato enduro non si scherzava. Aprilia e le sue Tuareg, Cagiva con Elefant prima e Cruiser poi, Gilera con Nebraska, Rc Rally… fatico a ricordarle tutte.
Per poi proseguire con le nuove stradali Freccia C10 e C12, Honda con la NSR (prima naked vera con il telaio pressofuso in due metà), Gilera con SP01, Aprilia con Sintesi e Futura. A proposito di Sintesi, la ricordate? Rammento ancora, al pari della Cagiva C9, lo stupore quando la vidi per la prima volta. Sembrava una moto di un altro pianeta, il telaio in alluminio Deltabox, il monobraccio che esaltava ancor più il disegno dei cerchi. E poi quelle semplici grafiche incantatrici.

Però non era solo estetica

Già, i limiti di legge odierni impongono una potenza massima per i 125 e la maggior parte sono tutti 4 tempi. Le moto di cui ho raccontato erano tutte rigorosamente 2 tempi, raffreddate a liquido e con innovativi quanto mai curiosi sistemi di ottimizzazione. Aspirazioni lamellari o a disco rotante sul lato ingresso, valvole allo scarico pneumatiche, meccaniche o elettroniche dal lato uscita. Fantascienza? No, solo ingegno…e le potenze risultanti erano da capogiro. Molte sfioravano i 30 cv, alcune li sorpassavano. Il tutto si traduceva in velocità: fino al KK le velocità di punta si fermavano ai 160km/h, il traguardo successivo alzò l’asticella a oltre 170. Stiamo sempre parlando di 125!
A tal proposito, confesso che io, come tutti gli amici, eravamo fedeli al culto del Motociclismo. Non inteso come “fare anche la doccia con il casco”, ma indicando la rivista Motociclismo adottata come Bibbia. Sì, perché come ho detto precedentemente, riviste ce ne erano tantissime. Ovviamente ognuna diceva la sua e presentava i propri rilevamenti cronometrici. Ma solo Motociclismo veniva citato rispettosamente.
Stiamo parlando di 15-17enni il cui giudizio motoristico era quanto meno discutibile. Ricordo ancora un mio commento verso una moto “X”, che aveva spuntato 159km/h di velocità massima, a mio avviso “troppo lenta” solo perché l’altra moto “Y” aveva segnato 161km/h…Mah, beata gioventù!
I consumi, manco a dirlo, erano altissimi. Ma quasi si sbeffeggiavano per due motivi. Primo, tanto la benzina la pagava babbo. Due, se la moto consumaVa poco voleva dire che andava piano. E agli ex 14enni, che pur di avere la sensazione di avere un mezzo veloce lo avevano ricoperto di adesivi per illudersi di somigliare alle moto da corsa, una “bassa” velocità non era minimamente accettabile.

Conclusioni

Apro e chiudo una parentesi velocemente. In molti si sono fatti male con queste piccole belve, purtroppo erano sempre dei mezzi da 160km/h dati in mano a un ragazzino che fino al giorno prima guidava a 40. Fortunatamente nella mia cerchia di amicizie quasi tutti hanno avuto ferite lievi, in pochi riportano ancor oggi le conseguenze di una caduta.
Ricordi di altri tempi (parlo come un “anziano” del 1900), fatti da “smanettate” clamorose, pieghe a tutte le curve e ovviamente motori completamente da buttare dopo soli 10.000 km. Giornate spensierate che venivano interrotte solo dalla punizione del genitore.
Già, perché vuoi un brutto voto a scuola o una marachella di troppo, i genitori sapevano bene su quale leva agire. Una settimana senza 125 era il rimprovero più devastante di qualsiasi altra azione, anche di uno schiaffo. Perché si sarebbe potuti stare anche una giornata con una guancia gonfia e dolorante, ma senza quel dolce borbottio accompagnato dal fumo denso di olio non si poteva fare a meno.

2 Comments

  1. Francesco Parronchi says:

    Mi sono tornati in mente vecchi ricordi… i vecchi desideri, lo stupore e l’emozione che un tempo si provava ad ogni uscita mensile di “Motociclismo” e la sana invidia nel cercare di vederle da vicino, magari sfiorarne una, con rispetto, senza invidia. Uno di questi gioielli anni’90 che qualche compagno di scuola o di squadra possedeva …. lui il fortunato ed io a guardare, a cercare qualche inserzione su “La Pulce” …. a sognare Honda NSR e Cagiva Freccia e Gilera e Aprilia e … mi piacevano tutte, le conoscevo nei dettagli, le amavo senza possederle e anche se poi negli anni ho avuto 11 diverse moto e anche se adesso trovo completo appagamento morale e fisico in sella alla mia Triumph… le 125 degli anni ’90 restano un bellissimo sogno mai realizzato!!!!! Complimenti sia. Falsini bell’articolo, emozionante. Un saluto

  2. andrea says:

    pura verità.
    bei tempi ….

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