Il cartellino rosso della Francia e i rischi di Volvo


Leggere 2040, da una parte, e vedere che mancano meno di 23 anni (appunto al 2040), dall’altra, non è la stessa cosa. Nel primo caso potremmo dire che “…ce ne vuole ancora del tempo“, invece nel secondo si capisce che “…quell’anno, tutto sommato, è quasi dietro l’angolo“. Ci riferiamo al recente annuncio, coraggioso, quanto molto azzardato, di Nicolas Hulot, il ministro dell’Ecologia francese: “Dal 2040 la Francia dirà stop alle auto a benzina e diesel”; in pratica, stando così le cose, potranno circolare solo i veicoli a gas, elettrici, ibridi o a idrogeno. La dichiarazione di Hulot è arrivata il giorno dopo quella del numero uno di Volvo, Hakan Samuelsson, sulla stessa linea d’onda, ma con tempi anticipati: dal 2019 la Casa svedese non produrrà più vetture a benzina e diesel. Concordiamo con quanto il professor Pier Luigi del Viscovo, direttore di Fleet&Mobility, scrive su LinkedIn, in risposta a Samuelsson: “Resto sorpreso – commenta -: primo, perché la rivoluzione elettrica è partita già 10 anni fa. E i risultati sono nelle statistiche. Secondo, perché questa affermazione che i clienti esigono auto elettriche mi sembra totalmente priva di fondamento. Comunque conto di esserci nel 2019”, per vedere, ci permettiamo di aggiungere, e fare da testimoni a questo inizio di storica rivoluzione in salsa svedese.

Facciamo alcune ipotesi

Cosa dire: la decisione del capo della Volvo è ultra coraggiosa. I rischi sono tanti e forti. Se non dovesse funzionare e la Casa di Göteborg andasse incontro a un calo della domanda, soprattutto in quei Paesi ancora al palo sul fronte sia normativo sia infrastrutturale a proposito della mobilità green, come l’Italia (ma anche altri), i conti e la struttura commerciale ne risentirebbero pesantemente. Quind, Samuelsson, pensiamo abbia già chiesto aiuto e comprensione a Santa Lucia.
Della Francia, se poi tutto correrà secondo i tempi stimati, si può apprezzare il decisionismo, dote che manca ai perenni cerchiobottjsti italiani. Per il resto, poniamo un grosso punto di domanda.
Volvo, inoltre, dal 2019 dovrà rendere accessibili dal punto di vista dei costi i suoi prodotti elettrici. Di sicuro, Samuelsson e i suoi un piano l’hanno ben chiaro nella testa. Il rischio, altrimenti, è che gli svedesi perdano alcuni mercati redditizi e si trasformino in un costruttore a macchia di leopardo: molto presente, cioè, dove il binomio mobilità-elettricità ė forte, per ora in Scandinavia.

Disunione europea

Quanto accaduto rappresenta l’ennesima testimonianza di come, sul problema della mobilità green, l’Europa, oltre a essere assente, se non per bacchettare su Dieselgate reali o presunti, fa in modo che regni l’anarchia. Ognuno va per conto proprio, sia si tratti di un Paese sia di un’azienda. E sui casi Volvo e Francia è ìl silenzio. Di sicuro ci attendono mesi difficili, dove altri faranno passi avanti, chi un anno chi l’altro. Generando ancora più confusione. Ma spettiamoci anche qualche possibile retromarcia. E gli immancabili fiumi di parole.

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