di Lorenzo Palma
A raccontarlo sa dell’incredibile: la prima Harley-Davidson maxienduro, cose da non credere! Però, la Casa americana è riuscita a stupire i motociclisti con la Pan America 1250. Una moto che ha saputo dividere gli appassionati, forte di una personalità estetica dirompente. Però oggi – a moto fatta e finita – dobbiamo dire senza mezzi termini: o la ami o la odi, ma l’impronta Harley-Davidson è fortissima già dal primo impatto. È bella da guidare, ha tanta personalità e un motore potente (150 cv per 242 kg) ma soprattutto dolce, gentile ai bassi e con una spinta poderosa da 3.000 giri. Zero strappi, vibrazioni ridotte e riprese potenti con ogni marcia. Dai 4.000 ai 9.000 giri il V2 americano entusiasma ed è inesauribile. Noi l’abbiamo provata nei tornanti delle Langhe: splendido panorama tra le vigne di Barolo, Barbera e Barbaresco per un tragitto di quasi 500 chilometri: grandi vini, grande moto… in tutti i sensi.
In sella si sta davvero comodi. La triangolazione è corretta, la sella ospitale per il pilota e per il passeggero. Sulla Special c’è persino l’optional (670 euro) dell’altezza adattiva automatica: in pratica il posteriore si abbassa quando la moto si ferma, permettendo a tutti di toccare bene con i piedi a terra. Il motore Euro 5 a fasatura variabile scalda molto poco, giusto nella zona del collettore e a sinistra quando entra in azione la ventola. La cosa sorprendente arriva dal cilindro posteriore, che non scalda affatto il sedere del pilota; è un risultato di rilievo per questa tipologia di motore. La protezione dall’aria è ottima col parabrezza regolato alto. La strumentazione TFT da 6,8 pollici è orientabile e si legge bene. Sono funzionali anche i blocchetti elettrici a cui manca solo la retro illuminazione.
Prima sosta a S. Stefano Balbo: qui si respira aria di mosto, di tartufo, che qui chiamano trifola, con la figura onnipresente di Cesare Pavese. Un caffè nel bar centrale della piazza e…via, pronti ad affrontare i tornanti langaroli. Purtroppo nel computer di bordo si nota l’assenza del dato relativo al consumo medio. Quello dichiarato è molto basso (5,5 litri per 100 chilometri) e nel test la 1250 ci è sembrata molto parca, con medie non lontane dai 20 km/l nella guida turistica. La Pan America nello stretto non è la maxi più agile, ma è comunque facile e sul veloce è stabile, molto sicura e infonde un grande senso di controllo. Ottime le sospensioni Showa e i freni Brembo. Il prezzo della standard è competitivo (16.300 euro), ma lo è ancora di più quello della Special che ha su tutto e costa 18.700 euro. Meno, quindi, delle rivali dirette.
La Pan America non nasce per correre, ma per viaggiare. E lo fa pure in fuoristrada. Perfette le sospensioni Showa, dolcissimo il motore (ma se superate i 5.000 giri si decolla!) e stabilità a prova di errore. Nello stretto, il peso si sente, ma la moto resta compatta e si guida con facilità (la sella si abbassa in automatico quando vi fermate ed è utilissima se non superate il metro e 80). In ogni caso anche la sella standard si regola a 84 o 86 cm circa). Le gomme Michelin Adventure Scorcher sono un buon compromesso tra on e off-road e si sono difese bene anche sul bagnato. La sosta per un pranzo è d’obbligo: da Maurilio a Treiso, ristorante pluristellato, La Ciau del Tornavento: ci attendono i tajarin ricoperti di tartufo e carrello di bolliti.
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