di Gianni Fochi, ex ricercatore della Scuola Normale di Pisa (dall’articolo del 23 gennaio 2022 su “Toscana Oggi)
Una sostanza a cui attribuiamo poco valore, il sale, per gli antichi era invece preziosa. Ecco due esempi d’un paio di millenni fa. I soldati romani prima ne ricevevano una razione giornaliera, poi sostituita da un’indennità corrispondente, trasformatasi infine nel salarium, lo stipendio, donde il nostro termine salario. Nel capitolo quinto del vangelo di San Matteo, Gesù incita i discepoli a essere il sale della terra: e non intende certo roba da poco. È vero che il sale – per la chimica, cloruro di sodio – ha i suoi difetti: accelera la corrosione dell’acciaio, come è facile vedere sulle coste esposte all’aerosol marino; e se abbonda nei cibi può far salire pericolosamente la pressione del sangue. Ma ha anche tanti pregi: per restare in ambito sanitario, un flacone da un litro di soluzione fisiologica ne contiene nove grammi. In questa stagione di nevicate anche a quote abbastanza basse, il sale rende possibile il traffico su molte strade, che altrimenti, a temperature sotto zero, verrebbero ricoperte da uno strato di ghiaccio, derivante da neve pressata o da acqua congelata.
Sul ghiaccio l’attrito è molto scarso: le ruote slittano, con conseguenze talvolta drammatiche; anche senza pensare al peggio, i veicoli non possono avanzare né fermarsi nel punto voluto. Entrano allora in azione i mezzi spargisale. Comprendere in profondità come il sale compie quel suo piccolo grande prodigio richiede conoscenze chimiche estese, che non potrebbero stare in queste poche righe e comunque non interesserebbero i lettori. Non di rado, tuttavia, vale la pena di fornire anche all’uomo della strada una spiegazioncina (semplificata, ma non erronea) dei fatti che avvengono intorno a lui, così che alla fine si ritrovi con un briciolo di cultura in più e probabilmente con la sua innata curiosità soddisfatta.
Secondo me non se ne rendono conto molti divulgatori scientifici: sono bravissimi nel suscitare meraviglia, e a quella si fermano evitando accuratamente i concetti. Che fa il sale a contatto col ghiaccio? Gli sottrae molecole H2O e in mezzo a quelle si scioglie: in parole povere, forma acqua salata. Ma perché acqua liquida? Perché una sostanza sciolta abbassa la temperatura di congelamento del solvente: per l’acqua, il solvente a noi più familiare, non zero gradi, ma meno di zero. Gli oceani, per esempio, che in un litro contengono una trentina di grammi di sale, non congelano a zero gradi, ma a -2. O come mai? La solidificazione avviene quando l’abbassamento della temperatura rallenta nel liquido i movimenti delle molecole – potremmo dire che le intorpidisce – finché, quasi ferme, si trovano ben impacchettate le une sulle altre: eccole formare un solido.
Per fare un paragone, per bloccare un bimbo con le cinture sul seggiolino dell’auto bisogna che stia fermo: se s’agita non ci riusciamo. Gli ioni sodio e cloruro, componenti del sale, disturbano come intrusi l’impacchettamento, che per avvenire richiede dunque un rallentamento maggiore. Per rallentare abbastanza le molecole di un’acqua che porta sciolto del sale, occorre una temperatura minore rispetto all’acqua pura. Ecco dunque che il cloruro di sodio toglie la crosta di ghiaccio all’asfalto. Qualcuno avrà notato che sui sacchi dello stradino talvolta c’è il nome d’un altro sale: cloruro di calcio. È solo un po’ più costoso. Infatti, è un sottoprodotto industriale: il processo Solvay che produce la soda dà luogo anche alla formazione appunto del cloruro di calcio. Non è questo lo scopo del processo, non ha grandi applicazioni e insomma è poco richiesto, quindi non particolarmente caro. Deve essere conservato ben chiuso, perché è igroscopico, cioè tende ad assorbire l’umidità dell’aria, finendo con lo sciogliersi in quell’acqua che eventualmente ha catturato: in questo modo come sghiacciante è già esaurito.
Il suo impiego richiede dunque più precauzioni. Ha però un vantaggio: a differenza del cloruro di sodio, nello sciogliersi in acqua sviluppa calore, contribuendo a fondere il ghiaccio. Al contrario, il cloruro di sodio mentre si scioglie assorbe calore, cioè, pur mantenendo liquida la mistura, la raffredda ancor più. Lo sapevano i gelatai prima che si diffondesse la refrigerazione elettrica. Pensate al divertente film “Anche gli angeli mangiano fagioli”, dove insieme con Bud Spencer recita Giuliano Gemma. A un certo punto Sonny, il suo personaggio, rievoca i tempi in cui faceva appunto il gelataio: doveva mescolare bene sale e ghiaccio tritato nella vasca dove era immerso il recipiente della crema. Se provate anche voi in una pentola, potete osservare formarsi sulla parete esterna dapprima una brina, che poi s’ispessisce in una vera crosta di ghiaccio: si può arrivare fino a 21 gradi sotto zero, mentre il vapor acqueo dell’aria si condensa sempre più su quella superficie. Tornando alla circolazione stradale, il sale va comunque usato oculatamente, perché poi finisce nel terreno attorno, e col ripetersi del suo uso tende a diminuirne la fertilità
*A chi desidera approfondire l’argomento è consigliabile il libro “La chimica fa bene” (Giunti – Le Chiocciole, 190 pagg., 12,00 euro)