Guardrail, perché il decreto “salva-motociclisti” è difficile da applicare
Il decreto del ministero dei Trasporti che disciplina l’obbligo di installazione dei guardrail per moto è stato pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale”. Un passo avanti importante rispetto al nulla normativo esistente, ma tuttavia ancora non privo di ostacoli. A spiegare perché il documento ministeriale risulta difficile da applicare è “Dueruote” di luglio, da domani in edicola.
Il decreto, riporta il mensile “Dueruote” (Domus) diretto da Cristian Lancellotti, differenzia le tipologie di guardrail su cui le barriere salvamotociclisti, cosidetti DSM, possono essere installati: sui quelli installati dal 1992 al 2011 possono essere messe senza ulteriori verifiche a patto che si verifichino alcune condizioni tecniche ben precise. Se queste non si verificano, l’intera struttura (guardrail più DSM) deve essere sottoposta nuovamente al crash test. Stessa questione per i guardrail successivi al 2011, dotati di marcatura CE: qui i DSM possono essere applicati senza ulteriori verifiche solo se un organismo notificato esprime una valutazione positiva su tale barriera.
Proprio questo passaggio, spiega “Dueruote” (la foto è tratta dal mensile), rappresenta un ostacolo importante per il compimento della norma: ogni prova di impatto richiede infatti una spesa che va dagli 80 ai 100 mila euro, importo che quasi nessuna azienda produttrice di DSM in Italia oggi può̀ permettersi di sostenere.
La speranza, di cui il mensile si fa portavoce, è che ci sia un sostanziale investimento sulle infrastrutture, anche grazie allo sblocco cantieri, capace di generare nuove commesse permettendo così a tali nuove aziende di crescere e poter realizzare gli onerosi crash test richiesti. Oppure, che si guardi oltre confine, in Spagna, dove un sistema di deroghe consente di allargare la platea dei guardrail da rinnovare senza obbligare il produttore a fare alcun crash test.