Grande Milano: il futuro eco-energetico passa per il biometano
Produrre biocarburante a basso impatto ambientale, impiegando tonnellate di rifiuti organici convertendoli in energia per veicoli, mezzi aziendali e trasporti pubblici. Questa è la sfida che la Città metropolitana di Milano si appresta a raccogliere nell’ambito della sua strategia di transizione energetica, per arrivare ad alimentare ben 39mila automobili, pari a due volte e mezzo quelle circolanti, riciclando la quasi totalità delle 200mila tonnellate di rifiuti prodotti sul suo territorio.
Una prospettiva illustrata dallo studio intitolato “Biometano. Potenzialità nella Città metropolitana di Milano e ruolo di Gruppo CAP”, realizzato da Kyoto Club. Il biometano è tra le fonti rinnovabili indicate dall’Unione Europea per rispettare il traguardo previsto dall’Accordo di Parigi, di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C e azzerare le emissioni climalteranti entro il 2050. Il Protocollo d’Intesa sottoscritto da Città metropolitana di Milano, ente autorizzativo degli impianti e propositivo di cicli bioeconomici integrati, e Gruppo CAP, gestore del servizio idrico integrato dei 135 comuni dell’hinterland milanese, ha proprio l’obiettivo di costruire un modello economico in grado di produrre biometano dalla sezione umida della FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), estendendola agli impianti di depurazione già presenti sul territorio, con il vantaggio di massimizzarne l’efficienza e limitare il consumo di suolo.
“Una delle principali sfide odierne è quella di rendere lo sviluppo economico compatibile con la qualità dell’ambiente – commenta Alessandro Russo, presidente e amministratore delegato di Gruppo CAP -. Il biometano per Gruppo CAP rappresenta una delle sfide industriali più importanti per dare avvio a un sistema economico circolare, che prevede un percorso di valorizzazione dei propri asset, come il riuso delle nostre infrastrutture, capillarmente distribuite sul territorio”.
“Ciò che emerge dallo studio, e fa parte dell’obiettivo che ci eravamo prefissi, è la grande potenzialità del nostro territorio, dove abbiamo aziende e impianti eccellenti che possono lavorare in sinergia con la pubblica amministrazione per fare economia e rigenerare l’ambiente. Abbiamo messo sotto la lente d’osservazione non il singolo impianto, ma tutto il sistema, e crediamo che il nostro ruolo non sia più solo quello autorizzativo ma soprattutto quello di ente facilitatore e promotore dell’innovazione”, ha dichiarato Roberto Maviglia, consigliere delegato di Città metropolitana di Milano.
La ricerca di Kyoto Club mette in evidenza una sinergia strategica che ha nell’impiego delle strutture già esistenti sul territorio il suo punto più innovativo e che ha ricevuto consensi positivi presso il ministero dell’Ambiente. In linea con la Direttiva Comunitaria 2009/28/CE sulla promozione dell’uso delle fonti rinnovabili, che indica all’Italia le linee guida per avviare un percorso di transizione energetica, lo studio fotografa l’ampia disponibilità di fonti organiche (frazione organica dei rifiuti urbani, scarti organici dal settore zootecnico, agricolo e agro-industriale) nella Regione Lombardia e nella Città metropolitana di Milano.
Matrici organiche che potranno essere convenientemente impiegate in impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano. L’utilizzo di biometano, biocarburante a basso impatto ambientale, con proprietà del tutto equivalenti al metano di origine fossile, e che pertanto può essere stoccato e distribuito attraverso infrastrutture già esistenti, può essere impiegato per alimentare autovetture, flotte aziendali o automezzi pubblici, rispondendo così alle strategie di mobilità sostenibile previste dal PUMS, Piano Urbano della Mobilità Sostenibile della Città metropolitana di Milano.
La produzione di una risorsa come il biometano porta vantaggi sia economici che ambientali. Come si sa, l’Italia è fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di metano. Secondo i dati del ministero dello Sviluppo Economico relativi al 2018, a fronte di 5.448 milioni di Sm3 (metri cubi standard) di metano prodotti, l’Italia ne ha importati 67.872 milioni, il 92,6% del totale. La produzione di biometano da matrici organiche sarebbe invece interamente nazionale e il biometano verrebbe impiegato presso il luogo di produzione, attivando una filiera davvero a Km 0.
Secondo il più recente Rapporto di ISPRA, la Città metropolitana di Milano produce circa 215mila tonnellate/anno di umido e dispone di una capacità impiantistica per il trattamento anaerobico attualmente autorizzata pari a 90.000 tonnellate. Grazie agli impianti di Gruppo CAP si potrebbero trattare tramite processi di digestione anaerobica ulteriori 107mila tonnellate/anno di umido, senza bisogno di realizzare nuove strutture o nuovi impianti di produzione.
Gruppo CAP è la prima monoutility italiana nel settore della gestione del Servizio Idrico Integrato (SII) e dispone di 40 impianti di depurazione per il trattamento delle acque reflue che, su autorizzazione dell’autorità competente, potranno essere impiegati per “digerire” la FORSU, gli scarti agricoli o gli scarti dell’industria agro-alimentare dell’hinterland milanese. In particolare, la quantità di biometano prodotta dagli impianti di Gruppo CAP idonei alla produzione (Pero, Bresso, Robecco sul Naviglio, Sesto San Giovanni, Peschiera Borromeo, Cassano d’Adda, Trucazzano), proveniente dalla frazione umida dei rifiuti e dagli scarti agricoli, sarebbe potenzialmente in grado di alimentare circa 39.000 automobili, 2,5 volte il numero delle auto a metano circolanti nella Città metropolitana di Milano, per dare avvio a un modello di mobilità sostenibile finalizzato alla riduzione dei consumi e soprattutto delle emissioni.
Attualmente Gruppo CAP dispone già di digestori per il trattamento anaerobico dei fanghi di depurazione da acque reflue, attraverso i quali produce biogas che utilizza in impianti cogenerativi per la produzione di energia termica ed elettrica, da impiegare presso gli stessi stabilimenti.
Il Consorzio Gas for Climate, analizzando lo scenario in chiave conservativa ed ecosostenibile, ha recentemente calcolato che la filiera europea potrebbe produrre oltre 120 miliardi di metri cubi di gas rinnovabile all’anno entro il 2050. L’utilizzo del biometano nelle infrastrutture del gas per riscaldare gli edifici, produrre elettricità (affiancando eolico e solare) oltre che per alimentare i trasporti pesanti sia a terra sia in mare, può effettivamente generare risparmi annui intorno ai 140 miliardi di euro entro il 2050 rispetto all’alternativa rappresentata da un sistema energetico basato al 100% sull’energia elettrica.
A livello italiano, secondo uno studio della società di consulenza ambientale Althesys, il potenziamento della produzione di biometano potrebbe evitare emissioni di CO2 per 197 milioni di tonnellate entro il 2050. Se si estrapolasse questo dato sulla sola base della popolazione residente, le tonnellate di emissioni di CO2 evitate nella sola Città metropolitana di Milano potrebbero essere 11,5 milioni.