Cresce in Italia il tasso di riciclo delle strade con il recupero di fresato che raggiunge il 30% del totale delle pavimentazioni stradali: eravamo al 20% nel 2014 e al 25% nel 2018. Resta ancora da colmare il gap rispetto ad altri Paesi europei che in media arrivano a recuperare circa il 65%. Burocrazia, complesso e non uniforme regime delle autorizzazioni e pregiudizio frenano ancora lo sviluppo del riciclo. Grazie alle pavimentazioni recuperate nel 2021 si è evitato l’utilizzo di 420.000 tonnellate di bitume vergine e di 10.500.000 tonnellate di inerti, per un risparmio complessivo di circa 420 milioni di euro di sole materie prime e una riduzione di emissioni inquinanti equivalenti a quelle generate da 4 raffinerie di medie dimensioni.
Sono questi i principali dati che emergono dall’analisi condotta dal Siteb – Associazione Strade Italiane e Bitumi – sul riciclo delle pavimentazioni stradali in Italia e nei principali Paesi Europei (fonte Eapa), resa nota in occasione di Asphaltica, il Salone dedicato alle tecnologie e soluzioni per pavimentazioni stradali, sicurezza e infrastrutture viarie, promosso dall’Associazione e da Veronfiere
A differenza di ciò che avviene in altri Paesi europei, come Germania (82% di riciclo di fresato), Francia (75%), Svizzera (90%) e Spagna (60%), le percentuali di riciclo delle pavimentazioni stradali nel nostro Paese si attesta su livelli contenuti (30%), ma in costante crescita: eravamo al 20% nel 2014 e al 25% nel 2018.
Il fresato, oltre a possedere elevate caratteristiche tecniche e ad essere totalmente riutilizzabile nelle costruzioni stradali, possiede un elevato valore economico. SITEB ha calcolato che il riutilizzo del 30% del fresato sul totale di 35 milioni di tonnellate di conglomerato bituminoso previsto per quest’anno, comporterà il mancato impiego di 420.000 tonnellate di bitume vergine (con relativa riduzione del fabbisogno di petrolio) e il risparmio di 10,5 milioni di tonnellate di inerti, per un valore economico complessivo di circa 420 milioni di euro per le sole materie prime.
Ipotizzando che in un futuro non lontano il recupero del fresato possa raggiungere almeno quota 50% (visti anche i dati registrati in altri Paesi), si potrebbe arrivare a impiegare 700.000 tonn. di bitume in meno e ad evitare l‘utilizzo 17,5 mln di tonn. di inerti vergini, con un risparmio pari a 700 milioni di euro.
“Il settore”, osserva Stefano Ravaioli, direttore di Siteb, ha compiuto negli ultimi anni significativi passi in avanti sul fronte della riduzione delle emissioni inquinanti e si presenta oggi proiettato verso gli obiettivi fissati a livello europeo. La decarbonizzazione del comparto passa oggi da tre percorsi: l’impiego di bruciatori di ultima generazione con consumi assai ridotti e contenimento delle temperature di produzione dei materiali e delle emissioni; la realizzazione di conglomerati bituminosi con sempre più elevate percentuali di materiali riciclati, come il fresato d’asfalto e i materiali alternativi (inerti artificiali provenienti dalle attività di fonderia o dalla termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani); l’utilizzo di mezzi d’opera azionati elettricamente (rulli compattatore e vibrofinitrici) che stanno iniziando a sostituire quelli con motori Diesel”.
“Ci stiamo avvicinando velocemente”, conclude Ravaioli, “a un futuro in cui l’utilizzo di materiali vergini per produrre asfalto sarà considerato un’eccezione, mentre la norma sarà il riciclo costante delle pavimentazioni e l’impiego di costituenti alternativi! Per imprimere un’ulteriore accelerata in tal senso è oggi necessario intervenire sulla normativa End of Waste, eliminando alcuni nodi che rischiano di azzerarne l’efficacia, primo fra tutti quello relativo alle quantità di fresato trattabili. Altro problema è la questione del “sottoprodotto” che andrebbe meglio definita normativamente per evitare confusione nell’interpretazione”.