Federauto: noi dealer tra transizione, concorrenza e inflazione 

di Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto

 

Voglio spiegare perché, secondo noi, nel  prossimo futuro i prezzi delle auto subiranno una tensione al rialzo che ostacolerà la  transizione energetica nel settore automobilistico in un quadro di insieme che  presenta dei seri fattori di rischio socioeconomico per il nostro Paese e per l’Europa. È evidente che quando si parla di prezzi si parla anche degli interessi dei  consumatori. Mai, prima d’ora, il settore dell’auto è stato esposto a un insieme di fattori tanto  complessi e di portata strategica: la transizione energetica, l’ingresso diretto delle Case sul mercato e le conseguenze su prezzi e servizio al  cliente. Temi che si aggiungono alle conseguenze della crisi dei componenti e alla scarsa  disponibilità delle materie prime.

Le auto elettriche e ibride sono ormai offerte da tutti i costruttori di autoveicoli, ma  esistono problemi oggettivi che ne impediscono la diffusione, rallentando il progresso  nell’abbattimento delle emissioni nocive. In altre parole, la sola offerta di prodotto  non basta. 

Il problema principale è costituito dall’anzianità del parco circolante italiano, che è  uno dei più vecchi d’Europa. Stiamo parlando di un parco di 38,8 milioni di  auto con età media di 11,8 anni, costituito per il 52,5% da auto ante Euro 5 (20,4  milioni) e per il 70,5% ante Euro 6 (27,4 milioni). Ora, un’auto Euro 0; 1; 2; 3 emette  una quantità di CO2 tra ben 20-25 volte superiore a un’equivalente autovettura benzina o Diesel omologata secondo le specifiche odierne conosciute come Euro 6d. 

Il miglioramento nella riduzione delle emissioni nocive è evidente – basta guardare il  progresso negli ultimi 20 mesi. Ma non basta. Al tempo stesso è evidente che  – anche laddove il mercato dell’auto tornasse a livelli più o meno normali (1.700.000 unità l’anno), per sostituire l’attuale circolante inquinante occorrerebbero decenni.

Ora, immaginate per un secondo se domani, con un colpo di bacchetta magica, riuscissimo effettivamente a sostituire le auto Euro 0; 1; 2; 3; 4: ebbene avremmo già  raggiunto e superato, per quanto riguarda il comparto auto, l’obiettivo di riduzione  del CO2 fissato per il 2025. 

Questa fantasia si scontra, però, con la realtà che è rappresentata in generale dal costo delle autovetture, il cui prezzo medio in Italia negli ultimi 10 anni è già  cresciuto – al netto dell’inflazione – del 6% al di sopra del potere d’acquisto dei  consumatori. 

A tal proposito, è bene ricordare che, chi possiede un’autovettura particolarmente vecchia e quindi pericolosa per l’assenza di sistemi di sicurezza attiva e passiva, nonché particolarmente inquinante, raramente ha la capacità economica per  affrontare l’acquisto di un’auto di ultima generazione, e men che meno di un’auto  elettrica o ibrida.

Infatti, le elettriche o ibride costano dal 25 al 30% più delle versioni equivalenti con motore tradizionale. Ma questo non è l’unico fattore a limitare la diffusione della  mobilità elettrica. Un altro elemento determinante è lo sviluppo delle infrastrutture di  ricarica, indispensabile per la diffusione delle vetture “alla spina”. L’Italia è in serio  ritardo sia nella rete di bassa potenza (6a in Europa per numero di colonnine per 100  km), sia nella rete di ricarica veloce (Fast Charge) che costituisce il 9,7% della rete  esistente, contro il 17,2% della media europea. Pensate che in autostrada le  colonnine di ricarica rapida sono appena 32. 

Questi fattori ancora oggi rappresentano un forte deterrente per la diffusione della  mobilità elettrica, cui si aggiungono costi d’eserciziocomplessivi che, in funzione del  prezzo dell’energia, possono anche equivalere a quelli di un’auto tradizionale. Oggi l’auto elettrica o ibrida è destinata prevalentemente a chi ha capacità di spesa, può usufruire di un ambiente in cui ricaricare la vettura e usa l’auto su percorrenze  limitate. 

 

L’ipotesi – la sola idea – che nell’arco di breve tempo la mobilità individuale possa  essere convertita all’elettrico è, stante le premesse, pura utopia. Tuttavia, tra le diverse iniziative governative e comunitarie che – al di là della sterile  imposizione di limiti – potrebbero invece contribuire efficacemente a ridurre l’impatto ambientale della circolazione veicolare entro un orizzonte temporale più vicino, vi  sono i cosiddetti combustibili liquidi a basse o nulle emissioni di carbonio. Si tratta di bio-carburanti o carburanti sintetici in avanzata fase di sviluppo che presentano emissioni di anidride carbonica  virtualmente prossime allo zero, capaci quindi di assicurare in tempi rapidi la  completa neutralità climatica nel settore dei trasporti.

Mi piace citare a questo proposito Volkmar Denner, Ceo di Bosch. Denner  sostiene che non si tratta di abbandonare le motorizzazioni tradizionali, bensì di dire semplicemente addio ai combustibili fossili. 

 

Ma c’è anche un tema di concorrenza, che deriva dalla volontà della maggioranza delle case Automobilistiche di incrementare la propria marginalità modificando i rapporti contrattuali con i propri concessionari ed entrando direttamente nel mercato  B2C, ossia rivolgendosi al cliente finale attraverso la vendita online.

Il contratto di agenzia, che molti marchi si apprestano ad adottare, forti del  regolamento europeo sulla distribuzione di prossima adozione, trasferirà molte  funzioni oggi appannaggio dei concessionari in seno alle Case automobilistiche, di  fatto annullando quel terreno negoziale che sinora ha permesso al concessionario di  formulare la migliore offerta per rispondere alle più diverse esigenze del consumatore,  dal ritiro dell’usato al finanziamento del nuovo acquisto.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la discesa in campo delle Case con la  vendita diretta delle auto online non migliorerà questa situazione, anzi: permetterà  alle Case di mettere fuori gioco i distributori, quindi i concessionari, per poi acquisire  il controllo della domanda, con condizioni non più negoziabili. Il risultato? Una crescente concentrazione della domanda nelle mani di un oligopolio di costruttori e un chiaro decremento della competizione. L’esatto contrario di ciò cui  è vocato il regolamento europeo. 

 

Per il consumatore questo significa una chiara tendenza alla rigidità dei prezzi e al  loro aumento, assieme al peggioramento della qualità del servizio, non ultimo a causa  della rarefazione delle reti distributive e della sempre più scarsa possibilità per i  concessionari di offrire risposte efficaci alle esigenze dei clienti.

Per i concessionari, e in particolare per coloro che saranno ancora attivi, a fronte  della drastica riduzione dei margini ad opera dei costruttori si determinerà la  necessità di intervenire con misure draconiane sui costi tagliando la forza lavoro. A  oggi Federauto stima che l’impatto a livello occupazionale possa raggiungere le  60-70.000 unità. 

Tutto questo a meno di un intervento profondo da parte del legislatore, atto a  riequilibrare il potere dominante delle Case automobilistiche nei confronti del sistema  distributivo, nonché di misure da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza  finalizzate ad assicurare il miglior livello competitivo.

 

Nel caso di un prodotto complesso come è l’automobile, peraltro legato a una parte  importante e integrante di servizi, nonché alla sicurezza dei passeggeri e della  circolazione stradale, la mancanza di un rapporto diretto con chi rappresenta il  marchio dell’auto acquistata, ossia il concessionario, può avere risvolti molto  negativi: il cliente avrà come unica interfaccia la casa automobilistica e non una  figura fisica, nota, presente e disponibile.

 

A questo punto, Federauto chiede al Governo una seria pianificazione di incentivi, coerente con gli obiettivi della transizione  energetica, destinata a supportare lo svecchiamento del parco circolante, volta  sia a vetture elettriche o ibride, sia ad auto nuove o usate Euro 6; un piano infrastrutturale in linea con la necessaria copertura territoriale e con  una potenzialità richiesta dagli obiettivi di incremento del parco circolante  elettrico e ibrido; il supporto a un rapido sviluppo dei carburanti LCLF* (Low Carbon Liquid  Fuels) per garantire un efficace contenimento delle emissioni nocive, tale da  accompagnare l’industria e il sistema distributivo in maniera sostenibile lungo il percorso della transizione energetica.

 

Inoltre, Federauto sollecita un impianto normativo finalizzato a riequilibrare la posizione dominante delle Case automobilistiche nei confronti del sistema distributivo, affinché sia  favorita la massima competizione possibile a vantaggio del consumatore e un regime fiscale in linea con quello dei principali Paesi comunitari, con piena  detraibilità per le auto di uso professionale, aziendale e noleggio, IVA  compresa, così come stabilito nel 2006 dalla Corte di Giustizia Europea

 

Da parte nostra, i concessionari italiani possono mettere a disposizione competenza, servizio e risorse per assicurare il massimo supporto nell’accompagnare la transizione energetica al  fine di sostituire il più velocemente possibile il parco circolante esistente,  favorendone il ricambio con auto nuove o usate dell’ultima generazione; adeguare in tempi rapidi la propria struttura alle esigenze della mobilità elettrica, sia in termini di capacità di ricarica (già oggi sono migliaia le  colonnine di ricarica installate presso le concessionarie), sia per la  manutenzione e riparazione di auto dell’ultima generazione; sedersi a un tavolo tecnico con il Governo e con l’Autorità Garante della  Concorrenza per individuare le soluzioni normative volte a sostenere la  transizione energetica e a riequilibrare il rapporto di forze fra case  automobilistiche e distribuzione.

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