Europa a picco nel 2020: ora si acceleri sul Recovery Fund
di Paolo Scudieri, presidente di Anfia Un’altra pesante contrazione caratterizza il mercato auto europeo nel penultimo mese di questo difficile 2020 in cui i governi di molti Paesi hanno dovuto introdurre nuove misure di contenimento della seconda ondata della pandemia. Nell’area Ue-Efta-Uk, a novembre, tutti i mercati presentano il segno meno tranne sei (Norvegia, Irlanda, Cipro, Grecia, Romania e Danimarca). Performance negativa, quindi, per tutti e 5 i major market (includendo Uk), che pesano per il 71% del totale immatricolato nel mese: il calo più marcato è quello del Regno Unito (-27,4%), seguito dalla Francia (-27%) e dalla Spagna (-18,7%), mentre l’Italia chiude a -8,3% e la Germania contiene la flessione al 3%.
Nei primi undici mesi del 2020, tutti i mercati presentano una contrazione a doppia cifra tranne la Norvegia, in ribasso del 7,8%, e le immatricolazioni perse rispetto allo stesso periodo del 2019 arrivano quasi a 3,5 milioni di unità. In questo momento, è più che mai importante concentrarsi su misure di sostegno e stimolo alla domanda, per evitare un ulteriore tracollo nei primi mesi del 2021 e per proseguire nel rinnovo del parco circolante, favorendo la sostituzione delle vetture più anziane con veicoli a basse emissioni, dotati di tecnologie di ultima generazione.
Va in questa direzione l’accordo sul pacchetto di misure destinate all’automotive raggiunto nella maggioranza di governo italiana, e sostenuto anche dalle opposizioni e di cui ci aspettiamo il recepimento nella Legge di Bilancio 2021, dando ossigeno anche al ricambio del parco circolante dei veicoli commerciali leggeri, comparto strategico per la logistica urbana delle merci.
Contestualmente, occorre accelerare i tempi nella programmazione di spesa delle risorse europee del Recovery Plan spettanti all’Italia, di cui, nell’attuale bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza, 74,3 miliardi sarebbero destinati alla transizione ecologica, 48,7 alla digitalizzazione e 27,7 alle infrastrutture, anche per non maturare un ritardo decisamente penalizzante nella ripartenza rispetto agli altri maggiori Paesi Ue.