di Franco Fenoglio, esperto in autotrasporto
Karl Wallenda è riconosciuto come il più grande equilibrista di tutti i tempi. Tra tante arti scelse di stare in equilibrio su un filo. “Perché tutta l’umanità sembra attratta verso qualcosa di vertiginoso verso il basso, mentre gli equilibristi dimostrano che ci si può mantenere in alto”. Un giorno però, per un imprevisto, Wallenda dovette esibirsi senza reti di sicurezza al Madison Square Garden di New York: quel giorno rappresentò per l’artista l’inizio della fine, scoprì a sue spese che “non è mai abbastanza” e che ogni traguardo raggiunto, diventa un punto di partenza per fare sempre di più. Era il 1928, quegli anni erano contraddistinti da grande incertezza, la Prima guerra mondiale si era conclusa da pochi anni e la Seconda era all’orizzonte. Gli equilibri nel mondo erano particolarmente precari.
Wallenda in quegli anni era sul tetto del mondo, travolto dal successo. Sempre più in alto, sempre più su, dove la pressione psicologica aumenta, dove serve sempre maggiore energia. Anche se, a un certo punto, neppure energia e determinazioni bastano. Wallenda era consapevole del fatto che, prima o poi, continuando a rischiare sempre di più, qualcosa sarebbe andato storto ma, dal tetto del mondo, era impensabile poter fare un passo indietro deludendo le infinite aspettative che tutti riponevano in lui.
Il 22 marzo 1978, all’età di 73 anni, Karl tenta un nuovo numero senza reti di protezione perché «le reti non sono altro che una serie di buchi tenuti insieme da un filo». Questa volta però, Karl fallisce e precipita sull’asfalto, durante una diretta televisiva.
La storia di Wallenda rispecchia quello che ormai accade ogni giorno. Rappresenta perfettamente la mancanza di equilibrio di chi ha il compito e la responsabilità di guidare il nostro Paese. Chi ritiene di poter agire in solitaria, senza fare squadra in un momento di grande disequilibrio, con la pressione che aumenta di giorno in giorno. Portando l’”IO” sempre più in alto e il “NOI” sempre più in basso, senza considerare che dall’alto la visione è sempre più sfuocata, sempre più distante dalla realtà. Questo porta inevitabilmente a spingersi sempre più in alto, arrivando a prendere delle decisioni d’impeto e con superficialità, credendo di essere infallibili, nonostante l’equilibrio sia sempre maggiormente precario.
L’equilibrio è una grande prova di dignità, ecco perché chi ha nelle proprie mani il potere deve prendersi il tempo di analizzare con attenzione le situazioni ed agire lavorando in squadra. Lo abbiamo ripetuto tante, troppe volte: “Da soli non si fa molto, solo insieme si vince”. Abbiamo perso negli anni l’equilibrio, la dignità, il rispetto e la solidarietà: sempre più in alto, sempre più soli. Senza capacità di trasmettere ai nostri giovani i valori che hanno fatto grande il nostro Paese: il lavoro, la famiglia, la scuola, l’educazione, la serietà, l’umanità, l’umiltà, tutti valori che hanno contraddistinto il nostro Paese. Dove sono finiti? Si sono persi nel tempo. E il risultato è sotto i nostri occhi: tutti contro tutti. Senza appigli, senza certezze, smarriti proprio come successe a Wallenda, appeso ad un filo. Sempre più in alto, sempre avanti, sempre pronti a raggiungere un nuovo successo, costi quel che costi.
Ci siamo svegliati alcuni giorni fa con il suono delle sirene, un suono sconosciuto alla gran parte delle persone, abbiamo sentito il rimbombo di una guerra. Sembrava impossibile, sembrava un film, uno dei tanti film violenti che animano i nostri schermi. E invece è realtà, una triste, cruda realtà.
Questo è il momento di agire, sperando non sia troppo tardi: è il momento di scendere dal filo, smettere di fare gli equilibristi e tornare con i piedi ben saldi per terra. È il momento di mettere da parte l’IO ricordando che “da soli non siamo nulla” ma solo lavorando insieme nell’interesse collettivo riusciremo a trovare la giusta strada perché, ahimè, non possiamo più contare sulla rete di sicurezza.