Acqua, terra e, negli ultimi decenni, anche i combustibili fossili sono stati sempre più spesso causa, occasione o finalità di conflitti armati o di vere guerre. Ben 434 dispute e conflitti dal 2010 a oggi sono state scatenati per l’acqua (in particolare in Medio Oriente, India, Pakistan, Corno d’Africa e Africa Centrale), molti altri recenti hanno invece avuto chiare connessioni, dirette o indirette, con i combustibili fossili (guerre in Iraq e Iran, guerra del Golfo). La stessa tragedia ucraina, non solo quella delle ultime settimane, mostra evidenti connessioni con la questione energetica oltre che sul controllo delle rotte del gas proveniente dalla Russia.
Attuare una transizione veloce verso le energie rinnovabili significa investire sulla pace come argomenta l’analisi del WWF Italia “Rinnovabili, energie per la pace” che prova a rispondere alle domande più comuni su transizione e crisi energetica, rivelando che la prospettiva del 100% rinnovabile è realmente una concreta soluzione allo scenario di crisi e di aumento vertiginoso dei prezzi dei carburanti come quello attuale.
Questa analisi viene pubblicata nel giorno della 14esima edizione di Earth Hour, l’Ora della Terra: la più grande mobilitazione globale del WWF che attraverso il gesto simbolico di spegnere le luci per un’ora – dalle 20,30 alle 21,30 di sabato 26 marzo – unisce cittadini, istituzioni e imprese in un momento di raccoglimento globale per la pace, la protezione del clima e per il nostro Pianeta.
In Italia tra il 2005 e il 2015 siamo passati dal 7,5% al 17,5% di rinnovabili per poi sostanzialmente fermarci. Sebbene il nostro sia un Paese con una forte predisposizione ambientale all’utilizzo di fonti energetiche come sole e vento, abbiamo rallentato una transizione che era iniziata velocemente. “I tempi della transizione vanno accelerati, non ritardati. La Ue ha fissato il target di riduzione delle emissioni a meno 55% entro il 2030 e prima del 2050 dovremmo arrivare alla completa neutralità climatica. Per l’Italia questo significa rivedere il Piano Integrato Energia e Clima, aumentando la quota di rinnovabili visto che gli operatori si sono detti in grado di arrivare a circa 20 GW di nuove installazioni all’anno. Siamo invece in una fase di forte stallo: lo scorso anno si è installato meno di un GW di nuova capacità rinnovabile – afferma Mariagrazia Midulla, Responsabile Clima e Energia in WWF Italia -. Servirebbe un Piano Clima che coordini le diverse azioni e anche politiche energetiche e politiche industriali: questa è una delle proposte che il WWF e le altre associazioni ambientaliste hanno avanzato con la Legge sul Clima”.
Secondo Lazard, una delle fonti più autorevoli in materia, le fonti rinnovabili mostrano i costi (LCOE – levelized cost of energy) più bassi rispetto alle fossili e al nucleare considerando anche il costo del combustibile, le spese di gestione e manutenzione dell’impianto: si stima infatti una forchetta tra i 65 e i 159 $/MWh per il carbone, tra i 129 e i 198 $/MWh per il nucleare, a fronte di soli 29-42 $/MWh per il fotovoltaico. Infatti secondo IRENA i costi dell’elettricità dal solare fotovoltaico su scala industriale sono scesi dell’85% tra il 2010 e il 2020. La sostituzione degli impianti a carbone abbatterebbe i costi annuali del sistema di 32 miliardi di dollari l’anno e ridurrebbe le emissioni annuali di CO2 di circa 3 gigatonnellate di CO2.
Elettricità futura, l’associazione degli operatori dell’energia elettrica di Confindustria, afferma di essere in grado di installare 60 GW di rinnovabili entro i prossimi 3 anni, a patto di ottenere le relative autorizzazioni. Ciò permetterebbe di ridurre drasticamente la bolletta elettrica e creare 80.000 nuovi posti di lavoro. Non solo, 60 GW di rinnovabili comporterebbero un risparmio di 15 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, ovvero del 20% del gas importato. Il settore è pronto a investire 85 miliardi di euro nei prossimi 3 anni.
I combustibili fossili sono la principale fonte di emissioni di gas serra, in particolare di CO2 e di metano: l’investitore pubblico non può mettersi dunque in una posizione neutrale tra questa e altre fonti energetiche. Se le rinnovabili richiedono un investimento iniziale, questo sarà successivamente compensato dal fatto che, soprattutto per solare ed eolico, le fonti di energia sono del tutto gratuite, mentre i prezzi dei combustibili fossili presentano un’alta volatilità che è anche fonte di crisi economiche. Immobilizzare capitali nei combustibili fossili (lock-in), impedirebbe di usarli invece per completare una transizione energetica che non può più essere rinviata.
Innanzitutto, è indispensabile minimizzare le nuove infrastrutture a gas, non legandosi a nuovi contratti molto onerosi. Va confermata a chiare lettere la data del phase out del carbone sancita nella strategia energetica nazionale e nel Piano nazionale Integrato Energia Clima, vale a dire il 2025. Va quindi accelerato il passaggio ai veicoli elettrici e alle pompe di calore per il riscaldamento (non consentendo l’installazione delle caldaie a gas nei nuovi edifici, come si è fatto in altri Paesi, per esempio il Regno Unito dove addirittura si pensa di anticipare il divieto al prossimo anno) e con le rinnovabili elettrificare sempre più i consumi energetici.
Infine, ricordarci che sprecare energia, visto quello che ci costa in termini economici e ambientali, nonché di pace, è uno stupido controsenso. “La crisi energetica ha reso ancor più evidente come soltanto uno sviluppo alimentato interamente da fonti rinnovabili e fondato sul risparmio e l’efficienza nell’uso dell’energia e delle risorse possa garantire anche costi giusti e affidabili nonché sicurezza e pace. La posta in gioco è altissima. Il momento della transizione è ora”, conclude Mariagrazia Midulla.