I cambiamenti del quadro competitivo e dei modelli di business, l’avanzata di infrastrutture di connessione sempre più pervasive, l’avvento dell’intelligenza artificiale, l’introduzione di dazi commerciali: sono questi i principali fattori di discontinuità che preoccupano maggiormente i manager italiani. Per i quali, a sorpresa, non è la pandemia di Covid-19 a rappresentare il più importante fattore di disruption del 2021.
Lo rivela lo studio Disruption Index 2021 realizzato da AlixPartners: la società di consulenza globale ha intervistato più di 3.000 CEO e alti dirigenti in tutto il mondo e ha esaminato il loro atteggiamento nei confronti delle dinamiche che condizionano il business in questo periodo. Per disruption AlixPartners intende quelle forze (economiche, sociali, regolamentari, tecnologiche, ambientali) che spostano le imprese, i mercati e gli ecosistemi verso nuovi modelli di business.
“I dati parlano chiaro: malgrado i gravissimi effetti, il Covid-19 risulta meno impattante rispetto alle sfide aziendali a lungo termine, come l’automazione o la sostenibilità”, ha dichiarato Simon Freakley, Ceo di AlixPartners, in visita per la prima volta in Italia dopo la pandemia. “Considerando le enormi ripercussioni cui assistiamo a livello globale post-pandemia, questo sottolinea quanto siano critici e dinamici i fattori di discontinuità nell’attuale clima imprenditoriale. La discontinuità è chiaramente il nuovo motore dell’economia”.
Per quanto riguarda in particolare l’Italia, i settori che avvertono maggiormente la disruption sono il retail, i servizi finanziari, il settore tecnologico e l’aerospaziale. L’86% degli intervistati ritiene che la frequenza dei fattori di discontinuità che impattano la propria organizzazione rimarrà la stessa di oggi o continuerà ad aumentare (vs. 85% a livello globale). Mentre il 69% pensa che la magnitudo della disruption continuerà ad aumentare nel tempo (vs. 69% a livello globale). Il 57% dei manager riferisce che la propria azienda sta affrontando almeno due forze di disruption (vs. 65% a livello globale) e solo il 31% ha forte fiducia nella capacità della propria azienda nel resistere alle discontinuità (vs. 37% a livello globale).
I principali fattori di disruption per le aziende italiane sono: concorrenza o modelli di business nuovi o in evoluzione (30% vs. 34% a livello globale); infrastruttura di connessione diffusa (28% vs. 32% a livello globale); automazione, intelligenza artificiale e robotica (27% vs. 32% a livello globale); dazi e politiche protezionistiche (27% vs. 29% a livello globale); sempre maggiore richiesta di prodotti, servizi e/o esperienze personalizzati da parte dei clienti (27% vs. 30% a livello globale).
Ma quali sono le principali preoccupazioni dei Ceo e alti dirigenti che emergono dal Disruption Index di AlixPartners? Anche se i dati sono più bassi se paragonati a quelli globali, in Italia 3 manager su 10 hanno paura di perdere il proprio lavoro a causa della trasformazione del settore in cui opera la loro impresa (30% vs. 45% a livello globale), e circa la stessa percentuale teme che la propria azienda non stia facendo i passi necessari per affrontare la discontinuità attesa (29% vs. 48% a livello globale). Il 44% dei leader ritiene inoltre che una carenza di talenti renda la propria azienda vulnerabile (vs. 50% a livello globale).
“Se i manager di successo sono coloro che affrontano la disruption come opportunità per la loro attività, coltivare questo approccio in tutta l’organizzazione aziendale diventa cruciale per la leadership”, commenta Paolo Rinaldini, Market Leader e Managing Director per la sede italiana di AlixPartners. “Attrarre i migliori talenti è da tempo al centro dell’attenzione di CEO e alti dirigenti. Un ambiente aziendale fortemente colpito dalla disruption riporta l’attenzione su questo problema: affrontare questa sfida richiede un cambiamento non solo di competenze, ma anche di mentalità. Le imprese che sapranno fronteggiare le continue discontinuità saranno fondate su strumenti e tecnologie digitali d’eccellenza, in abbinamento ad agilità nel pensiero, velocità nell’azione e costante attenzione all’esecuzione.”
Anche se la pandemia non è tra i principali fattori di discontinuità che preoccupano i manager italiani ha comunque avuto un forte impatto sulle aziende. Alla domanda “Crede che il Covid-19 abbia aumentato il livello di disruption nella sua organizzazione?” il 60% dei manager italiani ha risposto “Sì” contro una media globale del 62%. In particolare, la pandemia ha modificato in modo permanente l’enfasi sulla salute e la sicurezza dei dipendenti, le strategie di marketing e comunicazione, le strategie di investimento, i canali di vendita.